Il Consiglio di Stato ha autorizzato l’idrossiclorochina, ma è una cura scientificamente non valida - Facta
TOP

Il Consiglio di Stato ha autorizzato l’idrossiclorochina, ma è una cura scientificamente non valida

Il 15 dicembre 2020 la redazione di Facta ha ricevuto la richiesta di verificare un articolo pubblicato l’11 dicembre 2020 dal sito QuiFinanza.it intitolato “Covid, sì a cure con idrossiclorochina: la sentenza del Consiglio di Stato” e sottotitolato “Il più alto tribunale amministrativo accoglie il ricorso fatto da un gruppo di medici di base contro la decisione dell’Aifa”. L’articolo riassume l’ordinanza 7097/2020 del Consiglio di Stato, pubblicata anch’essa l’11 dicembre 2020, che accoglie il ricorso presentato da 42 medici contro il divieto imposto dall’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) di prescrivere l’idrossiclorochina per la cura domiciliare della Covid-19 in forma lieve. 

Si tratta di una notizia vera, ma per capirne la portata bisogna considerare il contesto e la storia.

L’Aifa, in un primo momento, aveva autorizzato (determina 258/2020 del 17 marzo 2020) l’uso dell’idrossiclorochina nella terapia della Covid-19, decretandone anche la rimborsabilità a carico del servizio sanitario nazionale. Si tratta di quello che viene chiamato utilizzo off label, ovvero, come precisato dall’Aifa, «per indicazioni diverse da quelle per le quali il medicinale è stato autorizzato in Italia». La base di questa indicazione erano, come sostenuto dalla stessa Aifa, alcuni dati preliminari che mostravano una certa efficacia antivirale del medicinale su cellule o modelli animali, nonché un primo studio su 100 pazienti in Cina. 

Il 29 maggio 2020, sulla base di nuovi dati scientifici, Aifa ha pubblicato una nota dove elencava i test clinici che suggerivano l’inefficacia e l’esistenza di rischi anche importanti legati all’idrossiclorochina, ricordati lo stesso giorno dall’Agenzia europea per i medicinali (Ema). In base a ciò Aifa ha quindi sospeso l’autorizzazione all’uso off label dell’idrossiclorochina, fatta eccezione per gli studi clinici sperimentali e per le terapie già in corso. 

Come riassunto nella stessa ordinanza 7097/2020, un gruppo di medici ha quindi deciso di impugnare la revoca dell’autorizzazione, per due volte. La prima in seguito alla nota del 29 maggio, la seconda in seguito alla conferma della sospensione, con la nota Aifa del 22 luglio 2020. In entrambi i casi, come riportato nell’ordinanza, il Tar ha respinto l’istanza cautelare e confermato il provvedimento Aifa. Di fronte al secondo respingimento i medici hanno però proposto appello cautelare al Consiglio di Stato e hanno vinto: è la sentenza di cui parliamo adesso.

Non spetta a noi contestare gli aspetti giuridici della sentenza, ci limitiamo a consigliare questa analisi di Luca Simonetti, avvocato e scrittore, che ha discusso il tema del rapporto tra scienza e giustizia nel testo La scienza in tribunale. Dobbiamo però evidenziare che la sentenza non ribalta in alcun modo il giudizio sull’idrossiclorochina espresso dalla comunità scientifica e alla base dei provvedimenti Aifa. Come si legge infatti nell’ordinanza: «è pacifico e non è nemmeno qui in discussione che l’idrossiclorochina non svolga alcun effetto in una fase avanzata della malattia […] né svolga alcun ruolo in fase di profilassi, come hanno dimostrato pressoché tutti gli studi randomizzati sin qui eseguiti». La sentenza invece si basa sul fatto che «complessivamente i risultati, anche in base alle revisioni scientifiche e delle meta-analisi sin qui condotte e puntualmente indicate da Aifa, forniscono evidenze non decisive in merito ai possibili benefici clinici dell’idrossiclorochina in uno stadio iniziale della malattia», rimandando al giudizio stesso di Aifa secondo cui ci sarebbe bisogno di una ulteriore valutazione in studi clinici randomizzati in quella fase. 

Non ci sarebbe, in altre parole, una prova definitiva dell’inutilità (né, sia chiaro, dell’utilità) dell’idrossiclorochina per i pazienti ai primi stadi di Covid-19. Secondo il Consiglio di Stato questa incertezza residua «impone in una situazione epidemiologica tanto grave […] di consentire, dietro indispensabile prescrizione medica, l’utilizzo di una terapia che possa avere una pur minima efficacia terapeutica […] fino all’eventuale attendibile prova della sua inefficacia».

In conclusione, è vero che la sentenza del Consiglio di Stato permette la prescrizione dell’idrossiclorochina sotto controllo medico. Questo non significa però che sia cambiato qualcosa sullo status scientifico del farmaco. Le evidenze scientifiche, raccolte e descritte in modo dettagliato da Aifa e riconosciute dal Consiglio di Stato, non mostrano finora alcun beneficio dell’idrossiclorochina per la Covid-19, e la sentenza non modifica in alcun modo questo verdetto, coerente con quello dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’Ema. Resta al momento qualche incertezza sulla sua efficacia nella fase iniziale della malattia, che potrà essere risolta solo da studi clinici accurati. 

Print Friendly, PDF & Email

Ti è piaciuto l'articolo?

Comments (11)

  • Cincinnatus

    È stato pubblicato uno studio sull’International Medical Journal, qui:

    https://www.seronijihou.com/article/recovery-trial-and-hydroxychloroquine

    a firma del professor Raoult e altri nove scienziati, che smonta lo studio Recovery della OMS, che accusava l’idrossiclorochina di nefandezze varie.

    Nella sua pubblicazione Raoult documenta di aver usato 600 mg al giorno di idrossiclorochina, per un massimo di 10 giorni, in 1.061 pazienti con Covid-19 riportando 8 decessi, con un risultante tasso di mortalità dello 0,75%.

    Le differenze con lo studio Recovery constano del fatto che in quel caso fu somministrata una dose quadrupla del farmaco a pazienti in stadio di malattia già avanzato, mentre la cura (in trial clinico) di Raoult (e migliaia di altri medici “per uso compassionevole”) prevede l’uso precoce dell’idrossiclorochina, in combinazione con azitromicina ed eventualmente eparina a basso peso molecolare.

    Quindi lo studio Recovery ha riscontrato danni ai pazienti non causati dall’idrossiclorochina, ma dalla somministrazione errata, per tempi e quantità, del principio attivo.

    Esistono certamente altre cure efficaci contro il Covid, come la terapia con plasma iperimmune, l’ozonoterapia, la lattoferrina e l’uso di erbe medicinali che tanto successo ha avuto in Africa; purtroppo non se ne possono esibire gli studi perché per queste cose ci vuole tempo e le pubblicazioni ancora non ci sono.
    È però interessante notare che mentre le cure non vengono praticate poiché non esistono ancora gli studi clinici a riguardo, delle corsie preferenziali sono state aperte per l’uso di vaccini, che richiederebbero studi preventivi ancora più lunghi.

    reply
    • Facta

      Buonasera cincinnatus, sull’idrossiclorochina e gli studi clinici può consultare i riassunti dell’Aifa, che abbiamo linkato in questo articolo; la terapia con plasma iperimmune e la lattoferrina al momento non sono cure che hanno dimostrato efficacia contro covid-19 come da studi clinici (o mancanza di essi), come ammesso da lei stessa/o.

      I vaccini hanno invece superato le fasi di test clinico, sia pure rapidamente, come abbiamo discusso qui:

      reply
  • Fabio

    Le evidenze scientifiche erano su soggetti con la malattia in stato avanzato.
    L’idrossiclorochina è valida sui primi sintomi importanti.
    Ecco perché era stata bocciata.
    Diamo informazioni giuste, ne va delka salute delle persone.
    Buona serata

    reply
    • Facta

      Buongiorno Fabio,
      ci potrebbe indicare dei dati di riferimento, studi o articoli a sostegno di quanto dice, così da permetterci di leggerli?

      Grazie

      reply
  • Paul

    i dati si basano sul lavoro di molti medici che hanno utilizzato il farmaco con esiti più che positivi, e quale miglior prova della guarigione in pochi giorni dei pazienti ai quali è stata somministrata? Perchè continuare a sviare l’opinione pubblica? Come prova c’è il lavoro di un gruppo di medici coraggiosi e ispirati da principi di solidarietà, non corrotti o impauriti dai protocolli ministeriali. Perchè invece non ci chiediamo come mai il Ministro Speranza aveva impedito il suo utilizzo? e come mai lo stesso ministro aveva firmato un protocollo in cui vietava ai medici territoriali di visitare i pazienti presso il loro domicilio? La sentenza in oggetto infatti sottolinea proprio la necessità di curare le persone presso la propria abitazione. A me sembrano domande molto più interessanti e decisive, ma capisco che fare giornalismo d’inchiesta serio sia solo un vago ricordo.

    reply
    • Facta

      Buongiorno Paul,
      ci potrebbe indicare i link agli studi scientifici a cui fa riferimento e alla sentenza così da permetterci di verificarne i contenuti?
      Grazie

      reply
      • Fabio

        La sentenza di cui parla Paul è la stessa nella quale voi state facendo i vostri “distinguo”: Si, è vero, ma..
        Quindi egli non deve indicarvela perché la conoscete bene.
        Queste sono risposte da bot (leggi: troll)
        Rispondetegli nel merito, perché le eccezioni che fa hanno buon senso e logica.

        reply
        • Facta

          Buongiorno Fabio,
          mio errore sulla sentenza, comunque per poter rispondere correttamente abbiamo bisogno di leggere gli studi scientifici a cui fa riferimento.
          Nessun bot, rispondiamo a tutti, uno a uno 😉

          reply

Lascia un commento

× WhatsApp