Non solo i social network: così i media locali hanno alimentato lo scetticismo sui vaccini - Facta
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Non solo i social network: così i media locali hanno alimentato lo scetticismo sui vaccini

Quando pensiamo alle modalità di diffusione della notizie false sui vaccini, la mente va subito alle piattaforme di social network e a quei lunghi post infarciti di affermazioni prive di fonti, dati e – più in generale – di qualsivoglia tipo di riscontro scientifico. Il collegamento è senz’altro pertinente, come abbiamo più volte raccontato in passato, ma questi non sono gli unici canali in grado di veicolare informazioni potenzialmente dannose per la collettività. 

Secondo una recente analisi del New York Times, nei mesi scorsi a generare confusione nell’opinione pubblica ci hanno pensato anche i mezzi d’informazione tradizionali, il cui racconto dell’attualità è stato talvolta viziato da pregiudizi e scarsa conoscenza dei temi al centro del dibattito scientifico. In alcuni casi, anche dalla precisa volontà di rilanciare voci screditate all’interno del mondo accademico. 

Andiamo dunque a vedere cos’hanno scoperto i colleghi oltreoceano e se le conclusioni valide negli Stati Uniti sono, almeno in parte, applicabili anche nel contesto italiano e a quello che abbiamo finora visto noi di Facta.

Media locali e vaccini negli Stati Uniti

Come ha raccontato il New York Times in un articolo del 1 agosto 2021, negli Stati Uniti lo scetticismo sulla campagna vaccinale è stato fortemente alimentato dalle testate locali, che nel Paese sono oltre 7 mila tra pubblicazioni cartacee quotidiane e settimanali, alle quali si aggiungono 1.700 emittenti televisive e 3.300 stazioni radiofoniche locali. 

Il problema non è di poco conto, dal momento che secondo una ricerca condotta nel 2019 da Knight-Gallup – una partnership tra una fondazione che si occupa di informazione rivolta alle comunità locali e uno dei più importanti centri di rilevazione statistica al mondo –, il 45 per cento degli americani ripone la sua fiducia nelle notizie pubblicate da media locali (per le testate nazionali la fiducia scende al 31 per cento) e che il ricorso all’informazione di prossimità è aumentato considerevolmente durante i mesi della pandemia di coronavirus per la crescente necessità di notizie relative ai contagi nelle comunità locali.

Uno dei casi più significativi di disinformazione finito sulle testate locali americane è quello che ha riguardato Joseph Mercola, medico osteopata e sostenitore della medicina alternativa, ma soprattutto uno dei più influenti diffusori di notizie false sulla Covid-19 secondo un recente report del Center for Countering Digital Hate, società anglo-americana che si occupa di contrastare discorsi d’odio e disinformazione online. Nei mesi scorsi Mercola è risultato piuttosto attivo nella propaganda anti-vaccinista e alcuni dei suoi articoli sono finiti su un network di testate locali che include Freedom’s Phoenix e Atlanta Business Journal.

Tra gli articoli di Mercola più circolati in rete secondo lo strumento di analisi del traffico social CrowdTangle – arrivati anche in Italia grazie a un sito web dedicato interamente all’osteopata americano – troviamo approfondimenti sulla presunta censura dell’idrossiclorochina (protocollo farmacologico dal dubbio effetto positivo sui pazienti Covid-19 e anzi collegato a un aumento di mortalità e degenza ospedaliera), dubbi sull’efficacia del vaccino definito «terapia genica» (qui abbiamo spiegato perché non lo è) e accuse contro Bill Gates, accusato di aver organizzato la pandemia e di controllare segretamente l’Organizzazione mondiale della sanità. Al tema avevamo dedicato un approfondimento nei mesi scorsi. Ma il coronavirus non è l’unico argomento nel repertorio di Mercola, che già prima della pandemia era salito alla ribalta della disinformazione americana con argomenti anti-scientifici riguardanti la cura omeopatica dell’autismo e i rimedi contro il cancro a base di vitamina D.

L’emergenza infodemia su altri media

Quello dei media locali che si fanno amplificatori della cosiddetta misinformation (termine con cui in lingua inglese si indica la condivisione di una notizia falsa senza il preciso intento di colpire qualcuno o qualcosa) dal basso non è un caso isolato e, come spiegato ancora il New York Times, dall’inizio dell’emergenza sanitaria a oggi ha riguardato anche il podcast Coach Dave Live, dedicato all’attualità nello Stato dell’Ohio, la trasmissione radiofonica Lillian McDermott radio show in Florida, e il telegiornale di Nashville News4 Wsmv. In tutti questi casi, la dinamica alla base della diffusione di notizie false è stata molto simile: ha riguardato le opinioni di medici screditati dalla comunità scientifica, le cui insinuazioni sulle origini della pandemia o sulla presunta pericolosità dei vaccini sono state riportate o trasmesse acriticamente. 

È ad esempio il caso di Sherri Tenpenny, una osteopata scettica sui vaccini che in una puntata di Coach Dave Live ha evidenziato la (inesistente) correlazione tra vaccini contro la Covid-19 e l’infertilità maschile, oppure il caso della dottoressa Christiane Northrup che davanti al pubblico della Florida ha affermato che i vaccini «cambiano il dna umano» (non è così, come abbiamo visto). O ancora di Ty Bollinger, attivista per la medicina alternativa che durante un telegiornale locale di Nahville ha esortato il suo pubblico del Tennessee a non vaccinarsi.

Un’altra dinamica disinformativa locale riscontrata di frequente negli Stati Uniti è quella che indugia sui decessi di persone vaccinate, senza specificare l’inesistenza di una correlazione tra vaccinazione e causa di morte. Questo genere di disinformazione è uno tra i più diffusi, ma anche il più inevitabile secondo l’analista dei media Ken Doctor, che al New York Times ha spiegato come il calo degli introiti pubblicitari abbia colpito duramente l’industria dell’informazione locale, producendo un taglio di risorse e dipendenti che si ripercuote in modo diretto sulla qualità degli articoli. 

La disinformazione sui vaccini è un tema piuttosto delicato negli Stati Uniti, dove l’amministrazione Biden nello scorso mese di luglio ha avviato una battaglia contro le piattaforme di social network, accusate di «uccidere la gente» con notizie false, e nei confronti della copertura giornalistica «iperbolica» e «irresponsabile» riservata ai contagi da variante delta delle persone vaccinate (ne avevamo parlato qui). 

La situazione italiana

Le cose non vanno molto diversamente nel contesto informativo italiano, dove il settore dell’editoria locale è stato colpito da una crisi economica ormai decennale dovuta al crollo dei ricavi pubblicitari – in modo non dissimile da quanto avvenuto nell’editoria nazionale – che non accenna a dissiparsi. 

Secondo i dati Audipress (che rilevano i comportamenti informativi degli italiani), nei primi mesi della pandemia in Italia c’è stata una grande richiesta di informazione di prossimità – dovuta soprattutto, in linea con quanto successo anche negli Stati Uniti, alla necessità di restare aggiornati sulle misure di contenimento e sui dati dei contagi locali – ma a questo boom non è corrisposto un incremento degli investimenti pubblicitari, che si sono al contrario ulteriormente ridotti. 

La crisi dell’editoria locale ha avuto un effetto diretto sulla qualità del lavoro nelle redazioni, che ridotte all’osso si affidano spesso a comunicati e lanci d’agenzia. Il risultato è – almeno ad una prima occhiata – molto simile a quello già rilevato negli Stati Uniti, con una quantità eccessiva di informazioni messe in circolo, ma spesso poco vagliate e non accuratamente contestualizzate. 

Nel corso del lavoro di Facta abbiamo più volte ricevuto richieste di verificare articoli provenienti da testate locali che mettevano in relazione decessi con la somministrazione di una dose di vaccino, senza chiarire l’inconsistenza di una correlazione tra i due avvenimenti (ad esempio qui, qui e qui) e in molti casi quegli articoli sono diventati la base per veri e propri contenuti disinformativi. Non sono mancate nemmeno le notizie false a tema green pass, come questa risalente al 3 agosto scorso, in cui Il Giornale di Udine lasciava intendere una presunta (e infine smentita) contrarietà del presidente dell’Ordine dei medici di Roma alla certificazione verde. 

Spesso le testate locali hanno imperversato nell’attualità internazionale – avanzando ipotesi di censura nei confronti degli scienziati critici dei vaccini e riportando ricostruzioni prive di fondamento circa l’origine artificiale della pandemia di coronavirus – e, proprio come negli Stati Uniti, hanno dedicato ampio spazio a medici screditati e personalità che orbitano attorno all’universo no-vax. 

È il caso del dottor Pasquale Bacco, un medico legale vicino alla deputata antivaccinista Sara Cunial e protagonista di contenuti disinformativi (ne avevamo parlato qui), il cui debole studio sulla diffusione della Covid-19 aveva trovato spazio su una testata di Giovinazzo, in Puglia. Ma la stessa sorte è toccata anche a Stefano Montanari e sua moglie Antonietta Gatti, sentiti in qualità di “esperti” dalle testate locali nonostante abbiano a più riprese contribuito alla diffusione di teorie anti-scientifiche sul virus Sars-Cov-2. 

Vale la pena sottolineare, infine, che una delle principali realtà della disinformazione italiana continua da anni a spacciarsi per una testata locale, nonostante sia a tutti gli effetti un sito che si occupa di diffondere notizie false su vaccini e flussi migratori di respiro nazionale e internazionale. Stiamo parlando di Imola Oggi, sito web che NewsGuard (compagnia che si occupa di monitorare la disinformazione online) definisce «dʼinformazione con posizioni politiche di destra che pubblica contenuti falsi e fuorvianti per avanzare posizioni nazionaliste e anti-immigrazione» e che è stato più volte al centro delle verifiche di Facta.

In conclusione

Le notizie false sulla Covid-19 e sui vaccini prodotti per contrastarla si diffondono soprattutto sui social network, ma molto spesso arrivano dagli stessi mezzi d’informazione tradizionale. A parlarne è stato di recente il New York Times, che ha rintracciato numerosi filoni della disinformazione alimentati direttamente da testate ed emittenti televisive locali. 

La dinamica è quasi sempre la stessa e coinvolge alcuni medici fortemente in minoranza nell’ambito accademico, ai quali viene dato spazio e visibilità per sostenere posizioni antiscientifiche. Come ha spiegato al New York Times l’analista dei media Ken Doctor, ciò accade perché l’editoria locale sta vivendo una crisi che pregiudica la qualità del lavoro giornalistico. 
Le cose non vanno molto meglio in Italia, dove nei primi mesi della pandemia c’è stata una grande richiesta di informazione di prossimità, ma una contrazione dei guadagni. Per questo motivo le redazioni sono spesso sotto organico e impossibilitate ad attuare una valutazione approfondita delle notizie. Nel lavoro di Facta abbiamo spesso ricevuto richieste di verificare articoli che mettevano in relazione decessi con la somministrazione di una dose di vaccino, senza chiarire l’inconsistenza di una correlazione tra i due avvenimenti, e approfondimenti locali che hanno dedicato ampio spazio a medici screditati e personalità che orbitano attorno all’universo no-vax.

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Comments (3)

  • Maurizio Petrini

    Ma il governo italiano che cosa fa? Potrebbe sensibilizzare ad esempio con trasmissioni in pillole sulla RAI, la coscienza degli italiani? Speriamo.

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  • Hugo

    Quando pensiamo alle modalità di diffusione della notizie false sui vaccini, la mente va subito al presidente del consiglio Mario Draghi che in diretta TV ha detto la più cazzata di tutte le cazzate mai dette…se non ti vaccini muori fai morire.

    O il papa che li vede come atto d’amore prontamente ripreso dal presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella.

    Direi che prima di cercare l’ago nel pagliaio degli altri dovreste vedere la trave nell’occhio che gente palesemente in malafede e ignorante vomita H24.

    Chiaro?

    Bene,cambiate articoli,muovetevi.

    reply

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