Il 24 marzo 2024 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare un’immagine pubblicata il 20 marzo 2024 dalla pagina Facebook “Attività solare” che mostra la presunta estensione del ghiaccio marino artico nell’area compresa tra la Groenlandia e il Nord Europa, così come si presentava il 18 marzo 2024. Si nota che tra la Groenlandia e l’Islanda l’estensione del ghiaccio sembra tale da unire le due isole. La situazione del ghiaccio marino in questa area viene inoltre confrontata con quella registrata lo stesso giorno del 2016. L’immagine reca in basso questa scritta: «National Snow and Ice Data Center, University of Colorado Boulder».
L’immagine è accompagnata da un testo, scritto dall’autore del post, che recita: «La Groenlandia si unisce in matrimonio con l’Islanda! Questo non accadeva da quando avvenne il raffreddamento da metà secolo scorso». Il commento suggerisce che l’immagine sia una prova che il riscaldamento globale non è in atto.
Si tratta di un contenuto fuorviante, che veicola una notizia errata.
“Attività Solare” è un sito che, come spiegato nella loro presentazione, sostiene la tesi, priva di fondamento scientifico, secondo cui l’attuale cambiamento climatico sarebbe causato dal Sole e non, come stabilito da decenni di studi e da un consenso scientifico di fatto unanime, dalle emissioni di gas serra prodotte dalle attività umane in massima parte legate all’uso dei combustibili fossili. Il sito ha pubblicato articoli che negano l’origine antropica del cambiamento climatico in atto, definiscono una «truffa» il rapporto tra CO2 e riscaldamento globale e annunciano un «imminente» raffreddamento globale.
Passiamo al contenuto del post oggetto di analisi. L’immagine che riporta è reale ed è stata generata attraverso il Sea Ice Spatial Comparison Tool, uno strumento che permette di confrontare l’estensione del ghiaccio marino artico giornaliero e mensile tra due diversi anni dal 1979 a oggi. Si trova sul sito del National Snow and Ice Data Center (NSIDC), un centro americano che raccoglie e gestisce dati sulla criosfera terrestre e che si occupa di ricerca polare e glaciologica. La sua sede è presso l’Università del Colorado, nella città di Boulder.
Inserendo la data dal 18 marzo 2024 lo strumento genera effettivamente la stessa immagine che accompagna il post pubblicato su Facebook, in cui il ghiaccio marino sembra unire Groenlandia e Islanda. Tuttavia, inserendo altre date recenti a cavallo di quella riportata, si nota che l’estensione del ghiaccio tra le due isole appariva tale da colmare la distanza che le separa anche il 21 marzo, ma non in altri giorni prima o dopo il 18. Lo si può constatare anche utilizzando un altro strumento, che restituisce lo stesso dato, cioè il Sea Ice Analysis Tool. Rispetto al precedente, questo strumento mostra anche la concentrazione del ghiaccio marino. Si può vedere come sia cambiata l’estensione del ghiaccio marino nei giorni a cavallo del 18 marzo.
Questa, per esempio, era la situazione il 17 marzo:
Questa era la situazione il 19 marzo:
Nell’osservare queste immagini bisogna tenere presente che marzo è il periodo dell’anno in cui il ghiaccio marino artico raggiunge la sua massima estensione. Questo parametro viene definito come l’area in cui il ghiaccio ha una concentrazione pari almeno al 15 per cento. Per calcolare l’estensione si suddivide l’area interessata in celle e la concentrazione indica la frazione dell’area della cella ricoperta da ghiaccio marino. Nelle immagini riportate, il colore blu indica la superficie del mare completamente libera da ghiaccio. Si nota come ai suoi margini l’estensione del ghiaccio marino comprenda zone che non sono completamente ricoperte da ghiaccio.
Riguardo all’estensione del ghiaccio marino nell’area il 18 marzo 2024, se si consultano i dati sul sito dell’Organizzazione europea per l’esercizio dei satelliti meteorologici (EUMETSAT) si osserva una situazione apparentemente diversa. Questa è l’immagine, relativa al 18 marzo, secondo EUMETSAT (a destra è indicata anche la concentrazione del ghiaccio):
Per capire quale fosse la reale situazione del ghiaccio marino tra Groenlandia e Islanda il 18 marzo scorso, Facta ha chiesto chiarimenti al NSIDC. Attraverso l’ufficio stampa ci ha risposto Walter Meier, senior research scientist del centro. Meier ha riferito che «si tratta di un effetto meteorologico. Il MODIS mostra una copertura nuvolosa molto pesante e c’è un forte minimo [area di bassa pressione] sopra l’Islanda, quindi probabilmente forti venti superficiali e precipitazioni, che possono portare a falsi ghiacci nei dati a microonde passivi».
MODIS (Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer) è uno strumento presente su Terra e Aqua, due satelliti per l’osservazione della Terra lanciati dalla NASA. Come ci ha spiegato Meier, vengono impiegati «filtri automatici che utilizziamo per individuare e rimuovere la maggior parte di questi artefatti. Tuttavia, quando le condizioni meteorologiche sono particolarmente forti, i filtri automatici non sono del tutto efficaci». L’immagine, dunque, è «un artefatto nei dati dovuto alle condizioni meteorologiche». Un forte maltempo, infatti può talvolta far sì che un’area mostri la presenza di ghiaccio anche se ne è priva. Dal momento che si tratta di dati quasi in tempo reale, osserva lo scienziato, «non sorprende che di tanto in tanto questi artefatti si verifichino». Vengono rimossi successivamente attraverso un controllo di qualità che restituisce i dati finali.
In conclusione, è bene precisare un aspetto che riguarda il modo in cui dobbiamo interpretare i dati ambientali, come quelli sui ghiacci, e altri dati che riguardano il clima. Un singolo dato, in una zona circoscritta e in un singolo giorno, non è sufficiente per trarre conclusioni riguardo alla tendenza climatica del pianeta a livello globale. I dati mostrano da anni, con chiarezza, gli effetti del riscaldamento globale sull’Artico. L’estensione minima del ghiaccio marino, che si raggiunge a settembre, è in progressiva diminuzione dalla fine degli anni ‘70, con un tasso di diminuzione, secondo la NASA, del 12.2 per cento per decennio. «La tendenza alla contrazione e all’assottigliamento del ghiaccio nell’oceano artico non mostra segni di inversione», si legge sul sito dell’Agenzia, e «dal 1979 la copertura massima di ghiaccio invernale nell’Artico si è ridotta di un’area equivalente alla superficie dell’Alaska». Lo stesso fenomeno sta riguardando anche la calotta di ghiaccio che ricopre la Groenlandia. Secondo uno studio pubblicato a marzo sulla rivista scientifica Nature, nel prossimo decennio l’oceano artico potrebbe diventare privo di ghiaccio nel suo minimo di settembre.