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Bere acqua del rubinetto è sicuro

L’Italia è il primo Paese europeo per consumo di acqua imbottigliata, nonostante l’acqua del rubinetto sia potabile e sicura

6 ottobre 2023
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Una tematica sentita e dibattuta sui social network nelle ultime settimane riguarda la potabilità dell’acqua del rubinetto, e più in generale della sua qualità. Alcune persone criticano chi compra l’acqua in bottiglia perché alimenterebbe un consumo di plastica inutile e dannoso per l’ambiente. Chi non è d’accordo con questa constatazione si giustifica spiegando che si tratta di una scelta obbligata, dal momento che l’acqua dal rubinetto non avrebbe un gusto gradevole, e spesso non sarebbe potabile. Berla, quindi, nel lungo periodo porterebbe a malattie e a calcoli renali.

Lo scetticismo verso il consumo di acqua del rubinetto è abbastanza condiviso tra la popolazione italiana. I dati Istat del 2021 dimostrano che il 28,5 per cento delle famiglie dichiarano di non fidarsi a bere l’acqua del rubinetto. I valori percentuali delle singole regioni sono molto differenti: in Sicilia (59,9 per cento) e Sardegna (49,5 per cento) lo scetticismo è molto più alto rispetto alla Valle d’Aosta (8,6 per cento) e al Friuli-Venezia Giulia (11,6 per cento).

Questo dato potrebbe essere collegato al problema dell’erogazione del servizio pubblico. Le regioni del sud d’Italia, infatti, sempre secondo i dati Istat, sono anche le zone con la maggiore irregolarità dell’erogazione di acqua.

La diffidenza verso la qualità dell’acqua domestica, unita al problema dell’erogazione dell’acqua, determina la preferenza dei consumatori italiani ad acquistare acqua in bottiglia (che nell’80% dei casi è di plastica). L’Italia è così il primo Paese in Europa per il consumo di acqua in bottiglia, con una media di 231 litri l’anno a persona, stando al rapporto “Acquitalia 2022-2023” di Mineracqua, la Federazione italiana delle industrie delle acqua minerali naturali e delle acque di sorgente.

Ma davvero l’acqua del rubinetto presenta le problematiche citate in precedenza e può comportare a lungo termine rischi per la salute?

I controlli dell’acqua
L’acqua destinata a uso potabile, per la preparazione di cibi e bevande o per altri usi domestici – dunque che esce dai rubinetti delle nostre abitazioni – deve essere conforme a una serie di parametri stabiliti dal decreto legislativo numero 18 del 23 febbraio 2023. Ciò significa che l’acqua, una volta estratta da bacini superficiali o sotterranei, deve essere sottoposta dal fornitore del servizio a uno specifico trattamento composto da diverse fasi cruciali. Il primo passaggio riguarda la filtrazione dell’acqua grezza per rimuovere particelle solide e impurità come ad esempio detriti minerali ed eventuali sostanze che intorbidiscono l’acqua. Poi si passa alla disinfezione che, grazie all’uso di cloro o ozono (per questo motivo l’acqua domestica potrebbe odorare di cloro), ha l’obiettivo di rimuovere batteri, virus e altri microrganismi contenuti nell’acqua. Il terzo passaggio mira invece a controllare il pH, ovvero il livello di acidità, così da evitare che l’acqua diventi corrosiva e danneggi le tubature. Infine, vengono eliminati i contaminanti organici e inorganici, come ad esempio derivati del petrolio, metalli pesanti e composti chimici che sono potenzialmente letali se ingeriti.

Le agenzie di controllo dell’acqua, ovvero l’Agenzia prevenzione ambiente e energie regionale (Arpa) e le Aziende sanitarie locali (Ausl) di riferimento, effettuano regolarmente test sulla qualità dell’acqua, raccogliendo campioni dalle reti di distribuzione e dai pozzi di prelievo. Nel caso in cui vengano riscontrati contaminanti potenzialmente dannosi o altri problemi di sicurezza della potabilità dell’acqua, le agenzie di controllo affrontano immediatamente la questione al fine di garantire che l’acqua rimanga sicura.

Quindi l’acqua domestica, a meno che non venga esplicitato dalle autorità locali che non sia potabile, è sempre sicura da bere.

La sua qualità, però, può variare notevolmente in base a diversi fattori, tra cui la fonte di approvvigionamento dell’acqua, il processo di trattamento e la condizione delle tubature locali. In particolare questo dipende dalla quantità di sali di calcio e magnesio disciolti dell’acqua – definita “durezza” dell’acqua – che non solo influisce sulla sua qualità, ma ha anche un impatto su vari aspetti della vita quotidiana, come la formazione di calcare negli elettrodomestici, la pulizia della biancheria e il sapore dell’acqua. Se è vero che un’acqua ricca di sali minerali, definita “dura” (mentre è “dolce” quando ne ha pochi), può portare alla formazione di calcare nelle tubature degli elettrodomestici, non si può dire che sia sinonimo di bassa qualità, o che sia la causa di malattie e calcoli renali.

L’Istituto superiore della sanità ha sottolineato che in nessun caso l’acqua domestica può causare calcoli renali, al contrario di quanto si crede. I calcoli, infatti, si formano in soggetti predisposti geneticamente e/o che consumano grandi quantità di sale e carni animali. Anzi, consumare acqua ricca di calcio, come quella del rubinetto, ha effetti preventivi sull’insorgenza dei calcoli renali.

Inoltre, sempre l’ISS ha spiegato che la durezza dell’acqua, dunque quando ricca di sali di calcio e magnesio, è inversamente proporzionale all’insorgenza di patologie cardiovascolari, e ha effetti protettivi sul cuore. Pertanto viene raccomandato un consumo di acqua con la concentrazione di calcio tra i 60 e i 200 milligrammi per litro.

Un consumo di plastica evitabile
Grazie ai vari trattamenti subiti, dunque, l’acqua che scorre dai rubinetti nelle case italiane è potabile, sicura e non provoca alcuna malattia. La preferenza dell’acquisto di acqua imbottigliata, che contribuisce all’inquinamento del pianeta, come fanno notare alcune persone sui social network, non sembra avere delle valide ragioni.

Greenpeace conta circa 10 miliardi di bottiglie in plastica (PET) per acque minerali immesse sul mercato italiano. Non tutte, però, sono riciclate correttamente, e vengono dunque incenerite nei termovalorizzatori, smaltite in discarica o disperse nell’ambiente. Come fatto notare da Arpa Liguria, il consumo di acqua in bottiglia comporta elevati impatti ambientali: nella produzione degli imballaggi, nel trasporto delle confezioni ai fini della distribuzione e vendita, e nello smaltimento finale.

Bisogna tuttavia considerare che non sempre è possibile bere acqua del rubinetto, ma si tratta di eccezioni. In Italia, infatti, ci sono 15 comuni, situati nella parte settentrionale della penisola, senza servizio di distribuzione di acqua potabile, come riportato dagli ultimi pubblicati da Istat nel Censimento delle acque per uso civile relativi al 2020 (in particolare, vedi tavola 28). Inoltre, può capitare che durante i periodici controlli sulla potabilità dell’acqua si riscontrino valori superiori ai limiti stabiliti. In questo caso, le autorità locali intervengono tempestivamente vietando l’utilizzo di acqua per scopi alimentari fino a quando i valori dell’acqua non rientrano nei limiti indicati dalla legge. Oppure, la stessa decisione può essere presa a causa di eventi atmosferici avversi che impatterebbero negativamente la qualità dell’acqua, come successo a febbraio 2023 nella Sicilia orientale.

Depuratori e caraffe filtranti
Chi sceglie di non comprare l’acqua in bottiglia, spesso preferisce utilizzare sistemi di filtraggio o di purificazione, come addolcitori e caraffe filtranti. Questi dispositivi sono utili per vari motivi, ma non servono a rendere potabile l’acqua, dal momento che, grazie al trattamento subito, lo è già.

Gli addolcitori dell’acqua, ad esempio, sono progettati per ridurre la durezza dell’acqua rimuovendo i sali di calcio e magnesio. Sono particolarmente utili nelle aree in cui l’acqua è molto dura, come Emilia-Romagna e Toscana, poiché prevengono la formazione di calcare negli elettrodomestici e nei tubi. L’uso di addolcitori è però sconsigliato in persone con restrizioni dietetiche al sodio, dato che questo apparecchio aumenta la quantità di sodio nell’acqua.

Le caraffe filtranti, invece, sono dispositivi più semplici, che contengono un filtro a carbone attivo per migliorare il sapore e la qualità dell’acqua. Sono un’opzione economica e accessibile per chi desidera migliorare il gusto e l’odore dell’acqua del rubinetto senza dover installare un sistema di filtraggio più complesso. Tuttavia, la capacità di filtraggio delle caraffe è limitata rispetto a filtri più robusti collegati direttamente alle tubature domestiche. Inoltre, i filtri in generale devono essere sostituiti periodicamente.

La scelta tra addolcitore e caraffa filtrante, dunque, dipende dalle esigenze specifiche di ogni persona e dalla qualità dell’acqua in una zona specifica. Bisogna ricordare però che, tranne nel caso in cui non venga esplicitato il contrario, l’acqua del rubinetto è sempre potabile.

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