La disinformazione diventa legge e mette al bando la carne coltivata - Facta
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La disinformazione diventa legge e mette al bando la carne coltivata

Di Valerio Uni

Il 16 novembre 2023 il Parlamento italiano ha approvato in via definitiva il disegno di legge che vieta la produzione e l’immissione sul mercato di alimenti e mangimi sintetici creati con l’ausilio di colture cellulari, ovvero di “allevamenti” di cellule che hanno lo scopo di produrre carne “sintetica”. Inoltre, nella stessa legge viene fatto divieto di dare nomi di carne ai prodotti vegetali (come ad esempio “prosciutto vegetale”). 

Precisiamo subito che usare il termine sintetico è sbagliato, dal momento che in questo tipo di alimenti vengono utilizzate cellule animali preesistenti e non create da zero in laboratorio mediante reazione chimica. 

Il dibattito attorno alla cosiddetta carne sintetica dura ormai da mesi e la questione è stata investita da un considerevole flusso di disinformazione. A inizio novembre Coldiretti, organizzazione di imprenditori agricoli italiani ed europei, ha diffuso un volantino contenente informazioni fuorvianti sui processi di produzione di cibi sintetici, associandoli a immagini di pericolo per la nostra salute. Dello stesso parere è il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste Francesco Lollobrigida, secondo cui il cibo sintetico sarebbe «lontano dalle nostre tradizioni» e non garantirebbe il principio del «mangiare bene». A suo dire la legge approvata servirà a tutelare i produttori e gli allevatori dell’industria agricola italiana. 

Ma è davvero così? Scopriamolo insieme.

Perché non è corretto parlare di “carne sintetica”
Nel 2013 Mark Post, ricercatore presso l’Università di Maastricht, nei Paesi Bassi, aveva creato il primo hamburger di carne coltivata utilizzando cellule animali prelevate tramite biopsia da un animale in salute. Nel 2020 poi è stata servita per la prima volta della carne di pollo coltivata in un piatto gourmet di un ristorante di Singapore. A giugno del 2023 il consumo della carne coltivata è stato approvato per due ristoranti negli Stati Uniti, in particolare nella capitale a Washington D.C. e uno a San Francisco, seguiranno altri due in California. In Europa non ci sono ancora delle leggi in grado di definire la sicurezza e la vendita di questo prodotto, anche se la Commissione europea lo ha riconosciuto come Novel Food, ovvero un alimento ottenuto da nuove tecnologie alimentari che soddisfa tre requisiti: è sicuro per i consumatori, è etichettato correttamente per non trarli in inganno e, nel caso in cui il nuovo alimento ne sostituisca uno già esistente, non deve essere nutrizionalmente svantaggioso per il consumatore.  

Processo di produzione industriale della carne coltivata che va dal campione di cellule muscolari del bovino fino all’hamburger vero e proprio (fonte: Eufic)

  Per ottenere questa carne è necessario lasciare riposare alcune cellule in un liquido di coltura e attendere che crescano. Il processo di crescita è esponenziale e consiste nel replicare una cellula in ulteriori copie fino ad ottenere un tessuto muscolare di carne vero e proprio. Nello specifico vengono utilizzate cellule staminali da un muscolo animale, che hanno la capacità di moltiplicarsi numerose volte senza morire. Le stesse cellule vengono poi coltivate in bioreattori, dispositivi industriali che hanno il compito di facilitare la moltiplicazione cellulare così da creare la carne come la conosciamo. Similmente a quanto avviene all’interno del corpo di un animale, le cellule vengono alimentate con un mezzo di coltura cellulare ricco di ossigeno, composto da nutrienti fondamentali come aminoacidi, glucosio, vitamine e sali inorganici, arricchito con fattori di crescita e altre proteine.

Questo processo potrebbe sembrare innaturale ma in realtà è più comune di quanto si pensi. Il bioreattore viene utilizzato ad esempio su scala industriale per produrre anche il lievito, le vitamine degli integratori alimentari, le medicine, lo yogurt, la birra.

La sicurezza della carne “sintetica”
Al momento, come già anticipato, l’Europa non ha ancora regolamentato la produzione di tale alimento e secondo l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) devono essere condotti ulteriori studi connessi alla valutazione del rischio per poter definire gli standard su cui valutare la sicurezza di queste nuove tecnologie alimentari. Dunque non ci sono ancora elementi certi da far dubitare della genuinità di tale prodotto.

Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) l’adozione di alimenti a base di cellule, come la carne coltivata, potrebbe offrire una soluzione sostenibile, riducendo l’impatto ambientale. Un gruppo tecnico di numerosi esperti internazionali ha identificato potenziali rischi durante il processo produttivo, come la presenza di microrganismi pericolosi composti da virus e batteri. Inoltre per il consumatore potrebbe esserci il rischio di sviluppare una reazione allergica dopo il consumo di carne coltivata, per questo l’OMS sottolinea l’importanza di garantire la sicurezza dei prodotti alimentari a base di cellule. Tuttavia non si hanno ancora informazioni definitive e standardizzate al fine di regolamentare questo alimento in tutto il mondo.

La Fondazione Umberto Veronesi aveva già espresso un parere favorevole al consumo di carne coltivata, dal momento che questa avrebbe numerosi benefici in termini di sostenibilità. Inoltre, a livello etico è preservato il benessere animale, a differenza di quanto avviene tuttora negli allevamenti intensivi. Infine tale scelta ridurrebbe drasticamente le emissioni di CO₂ generate dagli stessi allevamenti.
Secondo l’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica, la proibizione della carne coltivata potrebbe essere considerata illegittima dall’Unione europea, violando il principio di libera circolazione delle merci. Inoltre, secondo la stessa associazione, se l’Unione europea approvasse la commercializzazione di carne coltivata, l’Italia non potrebbe vietare di importarla, dal momento che ciò la esporrebbe a una procedura di infrazione. Infine, se uno Stato membro ritiene insufficiente il quadro normativo dell’UE, dovrebbe rivolgersi alla Commissione per modificarlo e non emanare leggi nazionali al fine di bandire tale prodotto.

 

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