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No, l’aumento dei disastri naturali non è apparente

Dagli anni ‘50 è un fatto accertato che le emissioni antropiche di gas serra hanno portato ad un aumento della frequenza e/o dell’intensità di alcuni eventi meteorologici e climatici estremi dall’epoca preindustriale

26 gennaio 2024
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di Francesca Capoccia

Il 22 gennaio 2024 il quotidiano La Verità ha pubblicato un’intervista a Gianluca Alimonti, fisico presso l’Istituto nazionale di fisica nucleare, firmata da Fabio Dragoni, giornalista del quotidiano. “I disastri naturali non sono in aumento”, titola La Verità riprendendo la tesi del professore, argomento portante di tutta l’intervista. Secondo Alimonti, si legge nell’articolo, «i disastri non stanno aumentando», ma si tratta invece di «una crescita apparente» derivata dalla «migliore capacità di rendicontazione». In sostanza, per Alimonti non c’è «un incremento del numero degli eventi climatici estremi».

Lo stesso Alimonti avrebbe dimostrato questa tesi in uno studio pubblicato inizialmente a gennaio 2022 su The European Physical Journal Plus (EPJ Plus), che però è stato ritirato dall’editore «senza che fosse stata riscontrata nessuna inesattezza d’errore da un punto di vista scientifico», ha dichiarato il professore a Dragoni. 

Questo filone narrativo che mette in dubbio l’aumento dei disastri naturali, e più in generale il cambiamento climatico e i suoi effetti, non è nuovo e solitamente torna a circolare a seguito di eventi calamitosi, come è successo con le alluvioni in Emilia Romagna a maggio 2023. Queste teorie vengono però facilmente smentite dalla comunità scientifica, sorte che è capitata più volte anche allo stesso Alimonti. Ad esempio, durante un convegno del 2018 il professore ha dichiarato che «una percentuale significativa, attorno al 50%, del riscaldamento del XX secolo sembra derivare principalmente da processi naturali». Ma il comitato scientifico del sito web Climalteranti, realizzato da esperti di cambiamento climatico, ha fatto notare che le forzanti naturali possono causare un riscaldamento molto limitato, a differenza delle forzanti antropiche. Inoltre, il suo ultimo studio pubblicato su EPJ Plus era stato ritirato perché le sue tesi «non sono supportate da evidenze o dati forniti dagli autori», come ha spiegato il caporedattore della rivista. 

L’aumento degli eventi climatici estremi e la loro causa
Per capire meglio l’infondatezza della teoria di Alimonti sui disastri naturali è necessario però avere ben chiara la definizione di evento estremo. Si tratta di una condizione meteorologica o climatica inusuale, particolarmente violenta e intensa. Queste condizioni, come ondate di calore, forti acquazzoni, inondazioni, tornado e cicloni tropicali possono avere un impatto devastante sulle comunità e sugli ecosistemi agricoli e naturali, causando dunque quello che viene definito un disastro naturale. 

L’Organizzazione meteorologica mondiale (WMO) ha calcolato che questi disastri naturali negli ultimi 50 anni, dal 1970 al 2019, sono aumentati notevolmente. In questo periodo di tempo sono stati osservati 11mila disastri dovuti a eventi estremi, in cui hanno perso la vita 2 milioni di persone. Il costo economico ammonta a 3,64 trilioni di dollari. Nel 2023 ad esempio, secondo l’analisi condotta da Carbon Brief, sito di informazione specializzato, il 71 per cento dei 504 eventi meteorologici estremi sono collegabili al cambiamento climatico dovuto alle attività umane. Sempre per il WMO l’aumento dei disastri naturali è riconducibile a diversi fattori, quali cambiamento climatico, fenomeni meteorologici estremi e una migliore annotazione degli eventi. 

Come spiegato nel report da Petteri Taalas, segretario generale del WMO, «il numero degli eventi climatici e meteorologici estremi stanno aumentando e diventeranno più frequenti e in molte parti del mondo come risultato del cambiamento climatico». Ciò significa, continua Taalas, che ci saranno «più ondate di calore, siccità e incendi boschivi come quelli osservati ultimamente in Europa e nel Nord d’America». A causa di maggior vapore acqueo nell’atmosfera, infatti, si verificano precipitazioni estreme e inondazioni mortali, spiega il segretario generale, mentre il riscaldamento degli oceani ha influenzato la frequenza e il luogo in cui si verificano le tempeste tropicali più forti.

Anche l’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) è in linea con quanto dimostrato dal WMO. Nel loro rapporto del 2023 sul cambiamento climatico si legge che dagli anni ‘50 è un fatto accertato che le emissioni antropiche di gas serra hanno portato ad un aumento della frequenza e/o dell’intensità di alcuni eventi meteorologici e climatici estremi dall’epoca preindustriale. Negli ultimi 70 anni ad esempio è aumentata la frequenza e l’intensità delle ondate di calore, mentre quelle di freddo sono diminuite su scala globale. 

Se nel rapporto del 2013 per l’Ipcc era very likely, dunque molto probabile (90-100 per cento di possibilità) che i gas serra dovuti alle attività umano fossero la causa dell’aumento della frequenza o dell’intensità di eventi climatici o meteorologici estremi dall’era pre industriale, nel rapporto del 2021 si parla invece di un «fatto stabilito». Solitamente i termini usati dall’Ipcc per descrivere un fenomeno fanno riferimento al livello di probabilità o di incertezza, quindi si parla di un fatto «molto probabile», o «molto improbabile» e via dicendo. Il termine «fatto stabilito» viene invece utilizzato per descrivere tutti quei risultati per i quali le prove e la comprensione sono schiaccianti. Non ci sono dubbi quindi che gli eventi climatici estremi siano aumentati negli anni a causa del cambiamento climatico dovuto alle attività umane.  

Quindi è infondato sostenere che ci sia stato un aumento apparente degli eventi estremi e che questo sia stato dovuto esclusivamente a una migliore capacità di rendicontazione di tali eventi, come affermato nell’articolo analizzato. L’aumento dei disastri naturali è un fatto dimostrato dalle più importanti agenzie che si occupano di clima e meteo.

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