Imane Khelif non è un'atleta transgender - Facta
TOP

Imane Khelif non è un’atleta transgender

Di Francesca Capoccia

Il 1° agosto 2024 la pugile italiana Angela Carini si batterà contro l’atleta algerina Imane Khelif nell’incontro degli ottavi di finale del torneo pesi welter delle Olimpiadi di Parigi. Lo scorso lunedì, infatti, il Comitato olimpico internazionale (CIO) ha annunciato il via libera alla partecipazione di Khelif, che nel 2023 era stata esclusa dalla finale dei campionati del mondo di New Delhi a causa di alti livelli di testosterone nel sangue. 

Questa scelta ha fatto molto discutere e ha sollevato diverse polemiche all’interno del mondo dello sport e nel dibattito pubblico in generale, dal momento che Khelif è stata definita – senza alcun fondamento – un’«atleta transgender». La partecipazione di atlete transgender alle gare femminili è da tempo un argomento oggetto di dibattito, anche a livello scientifico, a causa di possibili eventuali vantaggi fisici che queste atlete potrebbero avere a discapito delle avversarie.

L’ex pugile irlandese campione del mondo dei pesi piuma Barry McGuigan ha definito su X “scioccante” la decisione del Comitato olimpico, mentre il presidente della commissione Sport del Senato italiano Roberto Marti, della Lega, ha ritenuto «assurda la decisione del Comitato Olimpico Internazionale di ammettere Imane Khelif ai Giochi, il pugile trans escluso dai Mondiali dello scorso anno per non aver superato i ‘test di eleggibilità di genere’». Per il ministro dei Trasporti e leader della Lega Matteo Salvini lasciare gareggiare un «pugile trans dell’Algeria, bandito dai mondiali di boxe» è «uno schiaffo all’etica dello sport e alla credibilità delle Olimpiadi». Salvini ha volutamente utilizzato il genere maschile per riferirsi a Khelif.

Le origini della disputa
Ai campionati del mondo di pugilato del 2023 a New Delhi, in India, Khelif era stata effettivamente squalificata poche ore prima della sfida per la medaglia d’oro contro Yang Liu perché, come si legge sul sito delle Olimpiadi, «i suoi elevati livelli di testosterone non avevano soddisfatto i criteri di ammissibilità».

La decisione di escludere Imane Khelif era stata presa dalla International Boxing Association (IBA), presieduta dal russo Umar Kremlev, che aveva organizzato i campionati del mondo. Secondo le dichiarazioni rilasciate da Kremlev all’agenzia di stampa russa Tass, i risultati del test del DNA dell’atleta squalificata avevano «dimostrato che aveva cromosomi XY e che quindi era esclusa dagli eventi sportivi». La coppia di cromosomi XY è tipicamente maschile. Contattata dal Guardian, l’IBA aveva spiegato di aver preso la decisione «a seguito di un’ampia revisione e con l’intento di sostenere l’equità e l’integrità della competizione». 

La squalifica ha provocato un’ondata di disinformazione sul sesso dell’atleta, definita da molti come «transgender», senza però alcuna solida prova a sostegno. 

Controllando il profilo dell’atleta, classe 1999, si può vedere che, da quando ha iniziato a praticare pugilato, ha sempre gareggiato in competizioni femminili. Anche andando al di là dell’aspetto sportivo, Khelif non si è mai descritta come una donna transgender, né tantomeno – al contrario di quanto fatto da Matteo Salvini – come un uomo.

Oltre alle dichiarazioni dell’IBA, non ci sono prove del fatto che Khelif abbia «cromosomi XY» e questa informazione non compare in alcun documento ufficiale. Tra l’altro, l’IBA è stata disconosciuta lo scorso anno dal CIO per motivi legati alla cattiva gestione e alla presunta corruzione. Ad aver gestito invece tutta l’organizzazione in merito alle competizioni di pugilato per le Olimpiadi di Parigi 2024 è stata la Paris Boxing Unit (PBU), un’unità creata appositamente dal Comitato olimpico internazionale (CIO). 

A prescindere dalle dichiarazioni dell’IBA, la sola prova dei cromosomi XY sembra di per sé insufficiente a definire Imane Khelif «un uomo». Per determinare il sesso di un individuo entrano infatti in gioco anche i caratteri sessuali primari e secondari. Come spiega l’Istituto superiore di sanità (ISS), i caratteri sessuali primari sono le gonadi (i testicoli nell’uomo e le ovaie nella donna) dove si originano le cellule destinate alla riproduzione (gameti) e vengono prodotti gli ormoni sessuali. All’inizio della maturità sessuale (pubertà), scrive ancora l’ISS, i caratteri sessuali primari raggiungono la piena maturazione e compaiono i caratteri sessuali secondari che contribuiscono ad accentuare le differenze tra maschi e femmine (per esempio timbro della voce, distribuzione e numero dei peli, distribuzione del grasso corporeo, sviluppo della massa muscolare, crescita delle mammelle, crescita del pene).

Nel caso in cui i caratteri sessuali non rientrino nelle tipiche nozioni dei corpi considerati femminili o maschili, si parla di “differenze dello sviluppo del sesso” (DSD) e di “variazioni delle caratteristiche del sesso” (VSC), fenomeno comunemente conosciuto con il termine “intersessualità”. Secondo la letteratura scientifica internazionale, nel mondo ci possono essere fino all’1,7 per cento di persone con variazioni delle caratteristiche del sesso. La più comune è la sindrome da insensibilità agli androgeni (AIS), totale o parziale, dovuta a una mutazione genetica del recettore degli androgeni (AR) che determina una ridotta azione mascolinizzante del testosterone (ovvero una ridotta virilizzazione) in varie fasi della vita della persona.

La presenza di elevati livelli di testosterone, invece, a livello sportivo rappresenterebbe un problema, dal momento che questo è legato ad attributi fisici come la massa muscolare e la forza, e darebbe alle atlete un vantaggio che viene definito ingiusto. Questa argomentazione è stata spesso causa di discriminazione contro atlete con livelli di testosterone naturalmente elevati. 

Il testosterone però non è un ormone presente solo negli uomini, ma anche nelle donne, ed eventuali alti livelli non dimostrano necessariamente che la persona sia transgender. Questa condizione può essere infatti naturale, e si chiama iperandrogenismo, che si verifica quando in una donna si determina una eccessiva produzione di ormoni maschili (specie il testosterone) da parte delle ghiandole endocrine preposte alla loro produzione, cioè ovaio e surrene. Le cause più comuni di elevati livelli di testosterone nelle donne sono l’irsutismo, la sindrome dell’ovaio policistico e l’iperplasia surrenale congenita.

La posizione del CIO
Il Comitato olimpico, riporta la stampa internazionale, ha spiegato che «tutti gli atleti che partecipano al torneo di pugilato dei Giochi Olimpici Parigi 2024 rispettano le norme di ammissibilità e di iscrizione alla competizione, nonché tutte le norme mediche applicabili in conformità con le regole 1.4 e 3.1 della Paris 2024 Boxing Unit». In particolare, la sezione 3.1 del regolamento stabilisce che il certificato medico deve essere «debitamente timbrato e firmato dall’autorità medica competente nei tre mesi precedenti per tutti i pugili». Questo vuol dire che i test a cui Khelif si è sottoposta in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024 non presentano livelli anomali di testosterone.

Anche Mark Adams, portavoce del CIO, ha rassicurato alla stampa che «tutte coloro che gareggiano nella categoria femminile rispettano i criteri di ammissibilità. Nei loro passaporti si legge che sono donne». 
Adams ha poi spiegato che le regole su chi debba gareggiare nella categoria femminile sono «complesse», e il Comitato ha rilasciato un documento di riferimento a tutte le federazioni per quanto riguarda il testosterone e la pubertà maschile. La decisione di far competere o meno un’atleta riguarda infatti le singole federazioni, e non il Comitato olimpico. A prescindere da cosa si vocifera pubblicamente sul sesso di Imane Khelif, quello che conta è la decisione della Paris Boxing Unit: l’atleta algerina è idonea alle competizioni.

Una versione in inglese di questo articolo è disponibile qui.

Print Friendly, PDF & Email

Ti è piaciuto l'articolo?

Lascia un commento

× WhatsApp