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Le violente manifestazioni razziste nel Regno Unito alimentate dalla disinformazione

Di Leonardo Bianchi

Nell’ultima settimana un’ondata di violenza razzista e di estrema destra ha investito diverse città del Regno Unito. Ci sono state infatti manifestazioni finite in scontri con la polizia, aggressioni per strada a persone di diverse etnie, danneggiamenti a moschee e luoghi di culto musulmani, e attacchi a centri di accoglienza.

A Rotherham e Tamworth, ad esempio, due hotel usati per ospitare persone migranti sono stati dati alle fiamme. A Middlesbrough sono state bruciate auto ed è stato danneggiato l’edificio della Teesside University. Un gruppo di manifestanti si è anche messo a fare controlli stradali improvvisati, facendo passare soltanto chi era «bianco e inglese».

A Liverpool è stata incendiata una biblioteca di periferia e i vigili del fuoco sono stati ostacolati durante le operazioni di soccorso. A Sunderland è stato dato alle fiamme un commissariato. A Southport, una cittadina nel nord-ovest dell’Inghilterra, è stata presa di mira una moschea e sono stati feriti più di 50 agenti. David Felton, il vicecapo della polizia della contea di Cleveland (di cui fa parte Middlesbrough), ha parlato di «livelli di violenza sconcertanti».

Nel pomeriggio di domenica 4 agosto, il neo-premier laburista Keir Starmer ha detto in videomessaggio rivolto alla nazione che non si tratta di «proteste» ma di «delinquenza organizzata e violenta», promettendo che chi ha preso parte ai disordini «se ne pentirà». A oggi, secondo i dati ufficiali, sono state arrestate più di 140 persone – 43 delle quali soltanto a Middlesbrough.

Le violenze sono scoppiate subito dopo l’accoltellamento mortale di tre bambine e il ferimento di altre dieci persone a Southport, lo scorso lunedì 29 luglio. La strage è avvenuta durante un evento di danza e yoga a tema Taylor Swift. L’autore è stato identificato nel 17enne Axel Rudakubana, nato a Cardiff (nel Galles) da genitori ruandesi. Le forze dell’ordine non ritengono che abbia agito con finalità terroristiche.

Le notizie false sulla strage di Southport
Tuttavia, è proprio sull’identità e le motivazioni dell’accoltellatore che si è scatenata un’intensa campagna di disinformazione, che secondo esperti e analisti è stata decisiva nel fomentare le rivolte razziste.

Una delle prime notizie false virali ha riguardato il nome del sospettato, che inizialmente non è stato diffuso dalla polizia della contea di Merseyside poiché la legge vieta di diffondere l’identità delle persone minorenni sottoposte a indagini penali.

Questo vuoto informativo, per l’appunto, è stato riempito da speculazioni di ogni tipo. Nigel Farage – il leader del partito di estrema destra Reform UK – ha accusato le autorità di «tener nascosta la verità», chiedendosi maliziosamente se il sospettato non fosse già «monitorato» dalle forze dell’ordine (cosa che non era affatto).

Come ha ricostruito un articolo di fact-checking della testata britannica The Independent, il 29 luglio l’account @artemisfornow ha pubblicato un post su X in cui ha scritto che l’autore della strage si chiamerebbe “Ali Al-Shakati”.

Secondo un’analisi di iNews, nel giro di qualche ora quel nome completamente inventato è stato menzionato in più di 62mila volte sulla piattaforma di Elon Musk. Per fermare le falsità, il primo agosto il giudice di Liverpool Andrew Menary ha deciso di rivelare le generalità di Rudakubana.

L’accoltellatore è stato anche falsamente descritto come «un musulmano». Tra i vari account di X ad aver rilanciato questa falsa voce ce n’è uno chiamato “Europe Invasion”, noto per pubblicare contenuti islamofobi e xenofobi. Il post in questione, riporta Sky News, ha raggiunto quattro milioni di visualizzazioni.

Un’altra notizia falsa ha riguardato il fantomatico status di «immigrato» dell’autore: secondo vari post – amplificati dall’influencer misogino Andrew Tate – l’autore sarebbe stato una persona migrante arrivata illegalmente nel Regno Unito con un’imbarcazione. In realtà, come specificato prima, Rudakubana è nato nel Regno Unito.

Il ruolo dell’estrema destra britannica nelle proteste
In parallelo alla diffusione sui social di notizie false sull’accoltellatore di Southport, influencer e attivisti dell’estrema destra hanno incitato le persone a scendere in piazza.

In base a una ricostruzione del magazine antifascista Searchlight, uno dei primi a lanciare l’appello alla mobilitazione è stato Danny Tommo, pseudonimo di Daniel Thomas, considerato il braccio destro di Tommy Robinson (il cui vero nome è Stephen Christopher Yaxley-Lennon).

Quest’ultimo è uno dei più noti estremisti di destra britannici: è stato il fondatore del gruppo islamofobo English Defence League ed è conosciuto per essere un propagatore di notizie false e razziste (incluse quelle su Southport). Nonostante ciò è stato recentemente riammesso su X, una piattaforma da cui era stato bandito nel 2018, dove ora ha un seguito di 800mila follower.

Yaxley-Lennon ha una fedina penale piuttosto lunga: dal 2005 a oggi è stato arrestato e condannato plurime volte per rissa, truffa, diffamazione e altri reati. Attualmente si trova a Cipro, e su di lui pende un mandato d’arresto per essersi rifiutato di comparire di fronte a un tribunale in un altro processo per diffamazione.

A ogni modo, la sera stessa della strage Tommy ha pubblicato un video su YouTube in cui invitava i suoi seguaci a «prepararsi ed essere pronti, perché dobbiamo farlo» e che «ogni città deve ribellarsi». La clip è stata poi ripresa da un account su X, @LordSimon20, che ha contribuito a renderla virale.

In un primo momento, proprio in base al ruolo di istigatori di Tommo e Yaxley-Lennon, la polizia della contea di Merseyside ha pubblicamente addossato la responsabilità dei disordini a Southport alla English Defence League. Tuttavia, l’organizzazione formalmente non esiste più da anni, ma come si legge in un articolo della BBC, «le sue idee di base sono ancora vive e vegete, e diffuse ampiamente tra i simpatizzanti online».

Nel corso delle proteste sono stati identificati altri attivisti di estrema destra. A Southport è comparso Matthew Hankinson, un ex membro del gruppo neonazista National Action, sciolto nel 2016 dopo essere stata dichiarata dal governo un’organizzazione terroristica. Anche David Miles, membro di spicco del gruppo fascista Patriotic Alternative, ha fatto sapere sui social di aver preso parte alle manifestazioni in città. A Sunderland è invece sceso in piazza Craig Miller, un neonazista di Stoke on Trent con il corpo ricoperto di tatuaggi nazisti.

Tuttavia, come sottolinea un’analisi del centro di ricerca antirazzista e antifascista Hope Not Hate, dietro ai disordini non c’è una vera e propria organizzazione centralizzata e gerarchica.

Ciò riflette la natura «post-organizzativa» dell’estrema destra britannica contemporanea, in cui «la tecnologia moderna permette ai singoli individui di collaborare verso un fine politico unitario senza però dover far parte di strutture tradizionali». In sostanza, queste proteste «non hanno un vero e proprio leader, ma più che altro dei portavoce che fanno parte della sfera degli ‘influencer’ di estrema destra».

L’esplosione della violenza razzista in tutto il Regno Unito, sempre secondo Hope Not Hate, è anche il risultato di «anni di mobilitazione di estrema destra» e più in generale del deterioramento del dibattito pubblico, causato dalla normalizzazione dell’odio islamofobo e xenofobo e dallo sdoganamento di pericolose teorie del complotto – su tutte quella della «grande sostituzione».  Per Nick Lowles, il direttore di Hope Not Hate, queste narrazioni razziste non sono più confinate nell’estrema destra: sono ormai del tutto mainstream. «E ogni volta che vengono ripetute da qualche politico», ha detto al New York Times, «finiscono con l’essere ancora più legittimate».

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