Lunedì 11 novembre 2024 è ufficialmente iniziata la Cop29, cioè la 29° conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in corso a Baku, in Azerbaijan. L’acronimo Cop sta per “Conferenza delle Parti” ed è l’incontro annuale dei Paesi che hanno aderito alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc). Questa convenzione rappresenta il principale trattato ambientale internazionale per la lotta contro i cambiamenti climatici ed è in vigore dal 1994.
L’Azerbaijan è il terzo Paese con una forte dipendenza dall’estrazione di gas e petrolio a ospitare l’evento, dopo gli Emirati Arabi Uniti nel 2023 e l’Egitto nel 2022; la guida della conferenza è passata così da un petroliere a un altro. L’anno scorso, infatti, la Cop28 è stata guidata dal manager del petrolio Sultan Al Jaber, mentre nel 2024 le redini sono in mano a Mukhtar Babayev, ministro dell’Ambiente azero che, per 25 anni, ha lavorato per la Socar, grande compagnia petrolifera del Paese.
Il tema ufficiale della Cop29 gira intorno alla finanza per il clima e ai piani nazionali climatici dei vari Paesi. In altre parole i leader presenti alla conferenza dovranno stabilire quante risorse, sia pubbliche sia private, si possono destinare alla lotta contro la crisi climatica, definendo anche le condizioni, i responsabili della gestione, i destinatari dei fondi e le regole da seguire. Decisioni importanti, considerando che il 2024 sarà quasi certamente l’anno più caldo mai registrato e il primo anno intero che sforerà il limite di +1,5 gradi di aumento della temperatura rispetto all’epoca pre-industriale, come ha evidenziato il servizio di monitoraggio climatico dell’Unione europea Copernicus. L’anno in cui Donald Trump ha vinto le elezioni presidenziali negli Stati Uniti d’America, dichiarando guerra alle politiche per il clima e dopo una campagna elettorale in cui non ha mai nascosto la sua volontà di uscire (di nuovo) dagli accordi sul clima di Parigi. Ma il 2024 è anche l’anno in cui alla Conferenza sul clima di Baku mancano i leader di importanti Paesi produttori di emissioni di CO2. All’inizio dello scorso novembre il presidente uscente degli USA Joe Biden aveva annunciato che non avrebbe presenziato alla conferenza, inviando in rappresentanza del Paese John Podesta, il consigliere presidenziale senior per la politica climatica internazionale. Grandi assenti sono anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, il presidente russo Vladimir Putin e il presidente francese Emmanuel Macron.
Se tutti questi elementi contribuiscono a far partire la Cop29 di Baku in salita, c’è un altro fattore che si aggiunge alle difficoltà da gestire prima, dopo e durante l’evento: la disinformazione. L’anno scorso, infatti, le lobby del fossile hanno inquinato il dibattito sul clima, mentre quest’anno, qualche settimana prima dell’inizio della conferenza, sono circolate alcune narrazioni false e fuorvianti che avevano obiettivi diversi come difendere gli interessi degli Emirati Arabi Uniti e dell’Azerbaijan e la loro reputazione. In ogni caso, ancora una volta, i combustibili fossili sono l’elemento centrale.
L’esaltazione dell’Azerbaijan attraverso la disinformazione
Il settore degli idrocarburi contribuisce a circa un terzo del PIL dell’Azerbaijan e costituisce oltre il 90 per cento delle esportazioni totali, rendendo il Paese quasi completamente dipendente dalle fonti fossili. Inoltre, secondo un rapporto di Urgewald, un’organizzazione non profit tedesca impegnata su ambiente e diritti umani, la compagnia petrolifera e del gas di proprietà statale dell’Azerbaijan, Socar, e i suoi partner pianificano di aumentare la produzione annuale di gas del Paese di circa il 32 percento entro il 2033. Socar ha anche concordato di incrementare le esportazioni di gas verso l’Unione europea del 17 percento entro il 2026.
Questi dati sugli idrocarburi, insieme al suo ruolo nel conflitto del Nagorno-Karabakh e all’accusa di non rispettare i diritti umani, ha scatenato un acceso dibattito su quanto fosse appropriato o meno che la Cop29 si svolgesse proprio in Azerbaijan.
Insieme a questo dibattito si sono diffuse online, e soprattutto su X, alcune campagne per esaltare e mettere in una luce positiva il Paese. Marc Owen Jones, esperto di disinformazione alla Northwestern University in Qatar, ha analizzato circa 2.800 account su X che hanno generato insieme 10.800 post, repost e risposte sulla conferenza per il clima tra il 17 e il 24 ottobre 2024. La sua ricerca ha rivelato che quasi tre quarti degli account sono stati creati quest’anno e che circa due terzi mostravano attività tipiche dei bot, cioè programmi automatizzati che eseguono attività online, come pubblicare contenuti o interagire con utenti. Secondo la stessa indagine, invece di offrire un contesto originale, l’obiettivo principale dei bot era di promuovere le narrazioni ufficiali, le campagne o qualsiasi versione positiva della Cop29. Molti di questi profili hanno cercato di promuovere i messaggi ufficiali della Cop29 condividendo i post degli account ufficiali. «LAzerbaijan è sotto esame per la sua posizione di produttore di gas, quindi è logico che qualche entità cerchi di dare risalto alle sue credenziali amplificando artificialmente i messaggi positivi sulla Cop29», ha spiegato Jones al Washington Post.
I funzionari dell’Azerbaijan hanno affermato che i Paesi ricchi di petrolio e gas non dovrebbero essere criticati per sfruttare le loro risorse naturali e che sono in una posizione privilegiata per guidare la transizione verso l’energia pulita. I bot hanno amplificato questa posizione prima dell’inizio della Cop29 ripostando i contenuti del presidente Ilham Aliyev e del suo consigliere Hikmet Hajiyev. Ad esempio, diversi bot hanno condiviso un tweet di Hajiyev del 23 ottobre, in cui si sosteneva che l’Azerbaijan stesse mostrando come un produttore di petrolio e gas possa passare alle energie rinnovabili, con gli hashtag #COP29 e #COP29Azerbaijan.