Venerdì 6 dicembre, a poche ore dal ballottaggio che si sarebbe dovuto tenere la domenica, la Corte costituzionale rumena ha annullato i risultati del primo turno e ordinato che tutte le procedure di voto che si erano tenute il 24 novembre vengano ripetute. La decisione è stata motivata da «gravi violazioni della legge elettorale» e da un alto livello di interferenze esterne, principalmente attribuite alla Russia. Il primo turno era stato vinto a sorpresa dal candidato di estrema destra e filorusso Călin Georgescu, che aveva raccolto il 23 per cento dei voti, nonostante i sondaggi iniziali lo davano intorno al 5 per cento. Il risultato, dicono gli alti giudici rumeni, è stato falsato con brogli e tecniche illegali ed è quindi tutto da rifare per «garantire la correttezza e la legalità del processo elettorale».
La decisione è arrivata dopo la desecretazione di alcuni documenti di intelligence da parte del Consiglio Supremo di Difesa del Paese, secondo cui le votazioni hanno subìto gravi «azioni ibride e aggressive» orchestrate dalla Russia. Il Cremlino non è nuovo a simili ingerenze – solo di recente tentativi simili sono stati denunciati in Moldova e Georgia – ma la decisione della Corte costituzionale rumena è comunque storica, come la definiscono anche i media locali: è la prima volta che in un Paese membro dell’Unione Europea vengono invalidate le elezioni per presunte interferenze russe.
Social, disinformazione e attacchi cyber
Georgescu è un candidato populista di estrema destra e filoputiniano, che ha portato avanti una campagna elettorale contro l’Occidente. In passato ha fatto dichiarazioni che esaltano Putin o altri leader fascisti del passato rumeno, nel 2020 ha dichiarato che reputava il presidente russo «uno dei pochi veri leader» al mondo e nel 2022 ha detto che «l’Ucraina è uno stato inventato». Soprattutto, fino al primo turno delle presidenziali, era semi-sconosciuto in politica, tra i cittadini rumeni e gli osservatori internazionali.
Dietro questa insolita impennata di consenso, dicono le autorità rumene, c’è una complessa rete di tentativi di frode e manipolazioni sui social, che sono stati il principale mezzo della campagna elettorale. Secondo i documenti desecretati dal Consiglio Supremo di Difesa, infatti, sono stati portati avanti 85.000 cyber attacchi con l’obiettivo di hackerare il sistema elettronico di voto e modificare i dati elettorali. Un’operazione di interferenza massiccia, andata avanti anche il giorno stesso delle elezioni, su una scala «tipica degli attori sponsorizzati dallo Stato», la Russia in questo caso.
Per quanto riguarda i social, invece, su TikTok sono stati attivati oltre 25.000 account, molti dei quali creati appena poche settimane prima del voto, che hanno promosso contenuti pro Georgescu. Si tratta di una tattica ormai ben nota della propaganda russa, quella delle reti di account fasulli o inautentici utilizzati per promuovere contenuti e simulare consenso. Così i post del profilo TikTok del candidato filorusso, dalle poche centinaia di visualizzazioni che facevano a luglio, hanno raggiunto milioni di utenti a novembre, poco prima del voto.
Non si tratta, però, solo del social cinese. L’indagine dei servizi di sicurezza è partita proprio dal fatto che Georgescu stesso aveva dichiarato di non aver speso nemmeno un leu (la moneta ufficiale in Romania) per la sua campagna elettorale. Invece, dicono gli investigatori, tramite l’impresa di un programmatore ora indagato per diversi reati, la sua campagna ha ricevuto oltre un milione di euro in donazioni, che sono state usate per assoldare degli influencer perché rilanciassero la sua propaganda, anche nel giorno del silenzio elettorale.
Inoltre, Georgescu è stato poi supportato dalla macchina di propaganda russa, tramite numerosi canali Telegram, media compiacenti e una rete di siti fotocopia chiamati Pravda, già nota per essere uno strumento di disinformazione russa attivo in Europa. In più, un’inchiesta di CheckFirst, un’organizzazione svedese contro la disinformazione, ha rintracciato oltre tremila banner di pubblicità politica non segnalata come tale sulle piattaforme di Meta (Facebook e Instagram, le principali) e Google Ads, che non hanno preso contromisure nonostante la violazione delle loro politiche. La campagna pubblicitaria, su larga scala e diverse piattaforme, è stata ricondotta a una serie di siti e pagine Facebook che supportano l’agenda del partito di estrema destra Alliance for the Union of Romanians e di Georgescu stesso.