
Sulla missione Freedom Flotilla bloccata da Israele circola un sacco di disinformazione
C’entra soprattutto la presenza di Greta Thunberg, che faceva parte dell’equipaggio e che continua a essere una delle personalità più odiate sui social media
«Sono un giornalista e il mio arresto da parte dell’esercito israeliano è imminente. Invito tutti i giornalisti a mobilitarsi»: questo è il messaggio inviato al media Blast dal giornalista francese Yanis Mhamdi all’1:10 di lunedì 9 giugno. Nella notte tra domenica 8 e lunedì 9 giugno, l’equipaggio della Gaza Freedom Flotilla – spedizione di 12 attivisti, militanti, politici e giornalisti che volevano arrivare sulle coste palestinesi – è stato posto in stato di arresto dalle autorità israeliane. I membri dell’equipaggio, tra cui anche l’attivista svedese Greta Thunberg, l’eurodeputata francese Rima Hassan e appunto il giornalista di Blast Yanis Mhamdi, sono arrivati al porto israeliano di Ashdot nella serata del 9 giugno. «L’operazione di intercettazione e blocco della Madleen nel cuore della notte e in acque internazionali viola il diritto internazionale e mette a rischio la sicurezza di chi si trova a bordo dell’imbarcazione», ha affermato in una nota Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International. In una dichiarazione alla CNN, Israele ha comunicato che «sta impedendo l’ingresso di tutte le imbarcazioni nella Striscia di Gaza, in conformità con il diritto internazionale».
Dopo l’attracco della nave, le autorità israeliane hanno sottoposto un unico documento alla firma dei dodici membri dell’equipaggio. Se ratificato, il documento prevede l’accordo a essere espulsi dal Paese, il riconoscimento della natura illegale dell’operazione umanitaria della nave Madleen e l’impegno a non rimettere piede sul suolo israeliano per un periodo di 100 anni. Secondo le prime notizie che i media hanno fornito, alcuni membri hanno firmato il documento, tra loro anche Greta Thunberg (notizia successivamente smentita) mentre gli altri hanno rifiutato.
In molti Paesi europei sono state diffuse diverse notizie false sull’arresto dell’equipaggio. Telefoni gettati in acqua per nascondere collaborazioni con Hamas, contatti mai avvenuti tra le autorità israeliane e i famigliari, fino ad arrivare al rifiuto stesso dell’equipaggio di lasciare il territorio israeliano. L’obiettivo principale di questa campagna disinformativa sempre essere proprio l’attivista climatica svedese, che sui social è stata a più riprese accusata di aver inscenato l’arresto e di aver “tradito” la causa ambientalista producendo CO₂ per mezzo della Freedom Flotilla.
L’arresto dell’equipaggio della Madleen
Ma ricapitoliamo gli avvenimenti. Sulla Madleen, l’allarme è scattato intorno intorno alla mezzanotte tra domenica e lunedì, quando l’equipaggio ha avvistato cinque barche non identificate, raggiunte da diversi droni. I dodici membri dell’equipaggio si sono così preparati per farsi arrestare, facendosi trovare con le mani in alto. Secondo il Jerusalem Post, l’intervento dell’esercito israeliano era programmato per le 2 del mattino ed è stato effettuato dall’unità navale Shayetet 13. La Freedom Flotilla Coalition e i membri dell’equipaggio sostengono che l’arresto sia avvenuto in acque internazionali, ad oltre 100 miglia dalla costa, diversamente da quanto è stato dichiarato dalle autorità israeliane, che indicano di aver prelevato l’equipaggio in acque nazionali.
Baptiste André, uno dei membri della Madleen, ritornato in Francia nella giornata di martedì 10 giugno dopo aver firmato i documenti sottoposti da Israele, ha definito come “illegale” l’arresto compiuto dalle autorità israeliane, parlando di un «atto di pirateria» avvenuto «a più di 100 miglia dalla costa palestinese, in violazione della legge del mare e del diritto internazionale». Anche Le Monde conferma l’arresto in acque internazionali, anche se riporta che questo sarebbe avvenuto a meno di 31 miglia nautiche (57 chilometri) dalla costa della Striscia di Gaza e non a 100. Parlando dell’arresto, in un lungo thread su X, l’avvocato ed esperto di diritto internazionale Johann Soufi ha precisato che, anche se la nave fosse stata fermata da Israele nelle acque territoriali di Gaza, questo atto avrebbe comunque costituito un arresto illegale, dato che la Striscia di Gaza è occupata illegalmente.
Secondo quanto ricostruito dal media Blast, i dodici membri dell’equipaggio, dopo una sommaria distribuzione di acqua e panini, sono stati privati del cibo per quasi sedici ore, il tempo necessario per raggiungere il porto israeliano. Anche su questo punto si è scatenata la disinformazione dei social media, e molti utenti hanno strumentalizzato una foto di Greta Thunberg che riceve un panino per infantilizzare l’attivista e ridimensionare i fatti avvenuti sull’imbarcazione.Qualcuno ha persino creato con l’intelligenza artificiale una foto di Thunberg «che sorseggia un cocktail mentre va sulla Striscia di Gaza», descrivendola come «l’immagine del degrado morale e del male di questo secolo».
La realtà dei fatti, comunque, appare decisamente più complessa e Blast ha riportato anche che, al momento dell’arresto della nave, il giornalista Mhamdi è stato tenuto sotto tiro dai soldati israeliani, mentre André ha testimoniato diverse azioni di maltrattamento nei confronti dell’equipaggio.
Il giorno successivo l’equipaggio è arrivato in Israele, dove alcuni membri hanno firmato il documento sottoposto dalle autorità per essere rimpatriati. I restanti si sono astenuti dal farlo, chiedendo di poter parlare con i loro avvocati. Arrivata all’aeroporto di Charles de Gaulle a Parigi nella giornata di martedì, Greta Thunberg ha poi confermato di non aver firmato alcun documento (diversamente da André e da Omar Faiad). «Ho detto molto chiaramente» alle autorità israeliane che i membri della Madleen sono stati «rapiti in acque internazionali», ha affermato l’attivista.
Bisogna sottolineare qui un altro punto su cui è stata fatta molta confusione: i restanti membri, che si trovano detenuti nella prigione di Givon, non si sono rifiutati di lasciare il territorio israeliano, come si legge su alcuni media italiani e internazionali, ma hanno solo rifiutato di firmare il documento. In seguito a questo rifiuto, sono stati giudicati nella giornata di martedì 10 giugno.
Un ulteriore momento dell’arresto su cui è stata fatta molta confusione è quello del lancio dei telefoni in mare da parte dell’equipaggio. Sui social media si leggono diverse perplessità sul perché di questo gesto: «i membri avevano qualcosa da nascondere?». Alcuni utenti si sono spinti oltre, criticando il gesto di Greta Thunberg, che definiscono una “attivista per il clima” (le virgolette sono volute) ma non avrebbe avuto problemi a gettare un dispositivo digitale in mare. I video mostrano in effetti alcune persone della Flotilla gettare i loro telefoni in mare prima dell’arrivo dell’IDF, le forze di difesa israeliane. Secondo alcune fonti, questo gesto non sarebbe stato volontario ma imposto, ordinato dall’esercito israeliano. Il fatto è stato confermato dal giornalista Omar Faiad, rientrato in Francia nella giornata di martedì.
La missione della Madleen
Partita il primo giugno dal porto di Catania, la Madleen aveva un solo obiettivo: rompere il blocco israeliano che impedisce l’esistenza di un corridoio umanitario. La Freedom Flotilla è una nave umanitaria, che, oltre agli attivisti, stava trasportando forniture urgenti per la popolazione di Gaza, tra cui latte artificiale, farina, riso, pannolini, prodotti sanitari per le donne, kit per la desalinizzazione dell’acqua, forniture mediche, stampelle e protesi per bambini. Nel comunicato della Freedom Flotilla Coalition si legge che: «la Madleen simboleggia il fermo spirito di resilienza palestinese e la crescente resistenza globale all’uso di punizioni collettive e alle politiche di affamamento deliberate di Israele».
La Madleen non è la prima nave a cercare di rompere il blocco imposto da Israele: le prime due Freedom Flotilla a partire (riuscendo ad arrivare a Gaza e a rompere il blocco) risalgono infatti al 2008. Tra il 2008 e il 2016, il movimento ha lanciato in tutto 31 imbarcazioni, cinque delle quali hanno raggiunto la Striscia. Nel 2010 le forze speciali israeliane Shayetet 13 – la stessa unità navale che ha effettuato l’operazione di qualche giorno fa – ha fatto irruzione su una delle imbarcazioni Freedom Flotilla (Mavi Marmara) in acque internazionali, uccidendo 10 attivisti e suscitando indignazione a livello mondiale. Da allora ogni nave della Flotilla è stata bloccata da Israele.
Lo scorso maggio, la Conscience, un’altra imbarcazione della Freedom Flotilla Coalition, ha preso fuoco al largo di Malta e ha lanciato un SOS dopo quello che il gruppo ha definito un attacco da parte di droni israeliani. L’esercito israeliano aveva in quel caso rifiutato di commentare.
Interrogata all’aeroporto sull’apparente fallimento della missione, Greta Thunberg ha risposto dicendo che non si sente delusa, avendo provato a rompere il blocco. «Israele continua a violare la legge internazionale», ha dichiarato. «Sta commettendo sistematicamente dei crimini di guerra, affamando la popolazione palestinese».
- Questa foto di Greta Thunberg con un cocktail in mano a bordo di una nave è falsaQuesta foto di Greta Thunberg con un cocktail in mano a bordo di una nave è falsa
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