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La storia dei mattoncini Lego “accusati di omofobia” non è proprio com’è stata raccontata

L’articolo di un blog del 2022 è diventata la nuova battaglia dei conservatori di tutto il mondo grazie a un mix di superficialità e sensazionalismo

9 febbraio 2025
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Da qualche giorno in Italia e nel resto del mondo si sta parlando con toni piuttosto sconcertati di un’accusa di omofobia mossa ai popolari mattoncini del marchio Lego nientemeno che dal Science Museum di Londra. La storia è venuta alla luce grazie a un articolo del quotidiano britannico The Telegraph inizialmente intitolato “I Lego possono essere anti-LGBT, afferma il Museo della Scienza” e in seguito modificato eliminando dal titolo il riferimento “anti-LGBT”.

Secondo un editoriale pubblicato dal giornalista Mattia Feltri su La Stampa e molto circolato online, «Al Museo della scienza di Londra un’audioguida informa i visitatori sulla natura intrinsecamente patriarcale e omofoba dei mattoncini di Lego». Feltri prosegue spiegando che «Per loro essenza, infatti, i mattoncini di Lego si incastrano seguendo tecniche simili a quelle dell’accoppiamento sessuale, con mattoncini che penetrano altri mattoncini, ovvero con mattoncini penetrati da altri mattoncini. Lo schema è tipicamente eterosessuale, dice la guida, e induce a pensare all’eterosessualità come l’unica normalità possibile». L’autore dell’articolo conclude spiegando di essere rimasto «molto turbato dalla riflessione.

In Italia la storia dei Lego “accusati di omofobia” è stata rilanciata, tra gli altri dai quotidiani Libero (“Non si salva neppure il Lego: ‘È omofobo’”) e Il Giornale (“L’ultimo delirio woke: i Lego possono essere omofobi”), dal sito di Nicola Porro (“‘I mattoncini Lego sono omofobi’. Il delirio by Museo della Scienza”) e dal deputato di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. La notizia del Telegraph è stata commentata utilizzando l’emoji del clown anche da Elon Musk.

Le cose, però, non sono andate proprio come nella ricostruzione dei quotidiani italiani.

Di cosa stiamo parlando davvero

Innanzitutto la storia non nasce da un’audioguida, si tratta di un banale errore di traduzione. L’articolo del Telegraph parla invece di un percorso guidato pubblicato sul blog del museo il 19 dicembre 2022 e che il giornale ha portato alla luce solo ora. Si tratta di un percorso intitolato “Seeing Things Queerly” (“Vedere le cose da un punto di vista queer”) tuttora consultabile creato dal Gender and Sexuality Network, un gruppo di dipendenti e volontari del museo che si descrivono come «impegnati a creare maggiore visibilità e inclusione per la comunità LGBTQ+ nei musei e nelle collezioni dello Science Museum Group». 

Stiamo insomma discutendo di un articolo pubblicato su un blog oltre due anni fa ed emerso solo oggi. Ma cosa dice esattamente l’articolo del blog? Nelle undici righe dedicate ai Lego si spiega che  come altri connettori, i mattoncini Lego hanno una parte chiamata “maschio” e una chiamata “femmina” in base alla propria conformazione. La parte con i perni sporgenti è il maschio e quella con i fori è la femmina, mentre l’assemblaggio dei due lati è definito “accoppiamento”. Secondo gli autori del blog, «questo è un esempio di applicazione del linguaggio eteronormativo ad argomenti non correlati a genere, sesso e riproduzione» e «illustra come l’eteronormatività (l’idea che l’eterosessualità e il binarismo di genere maschile/femminile siano la norma e tutto ciò che non rientra in queste categorie sia insolito) modella il modo in cui parliamo di scienza, tecnologia e del mondo in generale».

Non solo il blog del 2022 non critica la meccanica con cui si assemblano i mattoncini, contrariamente a quanto raccontato da Feltri, ma nel testo non compaiono mai accuse di omofobia né di avere una «natura intrinsecamente patriarcale». Stiamo invece parlando di una semplice riflessione sul linguaggio che utilizziamo per descrivere le cose del nostro mondo.

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