
Le ronde “anti-maranza” a Milano e lo sdoganamento della giustizia fai-da-te
Il video virale di un pestaggio per strada ha dato vita a un movimento che vuole organizzare ronde in diverse zone della città
Il 9 marzo del 2025 sui social è circolato un video che ritrae un brutale pestaggio di gruppo ai danni di una persona di origine straniera, accompagnato dalla scritta in sovrimpressione «Maranza viene catturato».
Nel linguaggio colloquiale, il termine «maranza» indica giovani maschi tendenzialmente (ma non solo) di «seconda generazione». Negli ultimi anni ha acquisito un connotato razziale piuttosto marcato, sancito anche da una certa narrazione giornalistica che l’associa al concetto di «Islam violento».
Nella clip, girata a Milano nella zona della Darsena, si vedono alcune persone a volto coperto che circondano un ragazzo. «Hai rubato a qualcuno?», chiedono. «Te lo giuro, non c’entro niente», risponde la vittima. Dopo un altro scambio in un cui viene menzionato il furto di una collana, uno degli aggressori colpisce l’uomo con un pugno facendolo cadere a terra. Altri infieriscono con pugni e calci. Verso la fine si sente una voce gridare: «Ci avete rotto il cazzo! Cosa pensavi, che stavamo tutti zitti?».
Il video è apparso originariamente su Instagram, pubblicato dall’account “articolo52” (ora sospeso) – un evidente riferimento all’articolo 52 della Costituzione, che al primo comma recita: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino».
La didascalia di accompagnamento contiene un attacco allo Stato e alla «magistratura corrotta e nemica del popolo». Le ronde, prosegue, «continueranno, si moltiplicheranno in tutte le zone degradate. […] Se non c’è un braccio armato di solide manette, la legge rimane lettera morte e vile».
In un altro post, dal tono oltremodo incendiario, si legge che «siamo stanchi di sopprusi [sic]. Siamo stanchi di bande armate che impunite regnano nel caos. La violenza si combatte con la violenza».

Il filmato dell’aggressione è stato subito ripreso da alcune pagine «anti-degrado» italiane, che pubblicano contenuti che ritraggono atti di microcriminalità e scene di disagio urbano, spesso e volentieri decontestualizzate e con chiare implicazioni xenofobe.
Anche RadioGenoa – un account su X seguito da oltre un milione di persone che promuove disinformazione razzista – ha rilanciato il video, totalizzando oltre un milione di visualizzazioni secondo le metriche della piattaforma di Elon Musk. «A Milano sono iniziate le ronde anticrimine dei cittadini», riepiloga il post, «un gruppo di italiani chiamato ‘Articolo 52’ ha catturato un nordafricano che aveva appena rubato una collana».
Il gruppo Telegram per organizzare le ronde, la raccolta fondi e lo «sdoppiamento» di Articolo 52
Sfruttando l’onda della viralità del contenuto, i gestori dell’account Instagram “articolo52” hanno subito aperto un gruppo Telegram intitolato “Gli Orgogliosi”. Nella story di lancio hanno invitato i seguaci a iscriversi perché «lo Stato non vuole che il cittadino si difenda, ma non ha intenzione di difenderlo».
Nell’arco di pochissimo tempo il gruppo ha raccolto oltre 7mila adesioni. Come ha raccontato il giornalista Samuele Maccolini su VD News, il tenore dei messaggi è inequivocabile. «Possiamo dimostrare che in tanti, insieme, possiamo davvero fare qualcosa», ha detto un iscritto. Un altro ha affermato che la situazione a Milano è paragonabile a quella di «una guerra civile», e un altro ancora ha parlato della necessità di ripulire le zone centrali perché sono «piene di merda».
Gli amministratori di “Gli Orgogliosi” hanno provato a passare alla fase organizzativa aprendo canali territoriali e lanciando una raccolta fondi per coprire «eventuali spese legali, nel caso in cui qualcuno ne avesse bisogno» e comprare spray al peperoncino, walkie-talkie e altra «attrezzatura di difesa». Sia nel gruppo che nelle stories su Instagram è stato indicato un IBAN lituano con intestatario Alessio Russo, che Open ha scoperto essere collegato a un conto Revolut.
Con la crescente attenzione mediatica, tuttavia, il tono dei messaggi si è stemperato e “Articolo 52” sembra aver subito una specie di sdoppiamento.
Su Telegram, infatti, è stato aperto un altro canale chiamato “Articolo 52” da circa 1200 iscritti, che afferma di essere «l’UNICA pagina ufficiale» e invita a diffidare di «tutti gli altri profili su Telegram o Instagram che si spacciano per noi e stanno solo cercando di spillare soldi con scuse assurde».
Articolo 52 è un movimento senza leader pensato per essere replicato in tutta Italia, è ideato per prevenire i crimini e consegnare i delinquenti alle forze dell'ordine e quindi alla giustizia. pic.twitter.com/sADXyfj9Nn
— Indomita (@Idomitaboxe) March 11, 2025
La pagina Instagram originaria è stata invece sospesa; al suo posto è stato attivato l’account “art52_official”, che in un comunicato del 12 marzo si è dissociato «fermamente» dagli «episodi di violenza avvenuti a Milano», aggiungendo che «il nostro movimento si è sempre distinto per il rispetto delle istituzioni democratiche, del confronto civile e della legalità».
In un totale capovolgimento retorico rispetto ai post dell’account che ha pubblicato il video del pestaggio, la nuova pagina ci tiene a far sapere che «nessuno dei nostri membri ha avuto alcun ruolo nell’accaduto» e prende le distanze «da chiunque utilizzi la violenza come strumento di espressione».
A questo account è collegato un altro gruppo Telegram intitolato “Art 52”, seguito da poco più di 640 persone al momento della pubblicazione di questo articolo. «Questo gruppo non serve a reclutare membri per creare un gruppo armato», ribadiscono i gestori, che parlano di «una community dove persone delle stesse zone possono scambiarsi segnalazioni e trovare compagni con cui organizzarsi PRIVATAMENTE (con le opportune veritiche [sic]) per pattugliare le strade».
Secondo la testata online MilanoToday, le forze dell’ordine «stanno approfondendo la questione su più fronti per inquadrarlo». Sono in corso accertamenti sulle pagine, i gruppi Telegram, gli organizzatori e soprattutto sul video – visto che l’orario e la data sono incerti.
Nei giorni scorsi, precisa il giornalista Alessandro Gemme, «in zona Navigli non risultano denunce, interventi delle forze dell’ordine né chiamate al 112 per episodi simili». Inoltre, per ora non è chiaro se gli autori dell’aggressione facciano effettivamente parte di movimenti organizzati o «abbiano già agito in passato».
Il panico morale su «maranza» e «baby gang»
Di sicuro, la vicenda si inserisce nel più ampio panico morale e mediatico contro i «maranza» e le «baby gang» – un’espressione molto abusata e dai contorni vaghi, usata strumentalmente dai media e dalla politica.
Come avevamo spiegato in questo approfondimento, nella stragrande maggioranza dei casi i gruppi di minori che compiono atti violenti o illegali non hanno le caratteristiche di una gang o di un clan strutturato. Non hanno dunque una gerarchia, un preciso intento criminale, un nome, un simbolo identificativo, un codice interno o un territorio di appartenenza su cui viene imposto uno specifico controllo.
Secondo il rapporto di Transcrime Le gang giovanili in Italia, pubblicato nel 2022, non è nemmeno vero che le cosiddette «baby gang» siano per forze di cose composte da «maranza», ossia persone afrodiscendenti o di seconda generazione. Nella maggior parte dei casi, infatti, «i membri delle gang giovanili sono italiani, mentre gruppi formati in maggioranza da stranieri o senza una nazionalità prevalente sono meno frequenti».
Continuare a utilizzare certi termini, ha puntualizzato uno studio del 2023 realizzato dall’Istituto di Scienze Forensi, serve più che altro a costruire «una narrazione evocativa e suggestiva [che induce] la popolazione a reputare il fenomeno allarmante e in costante crescita» – una circostanza smentita dai dati ufficiali raccolti dalle forze dell’ordine.
L’allarmismo sul tema è alimentato ad arte dai media in cerca di facile sensazionalismo, dalle pagine anti-degrado che sfruttano l’indignazione per incassare like e visualizzazioni, dai partiti di governo per promuovere concetti di estrema destra come quello della «remigrazione», e da vari gruppuscoli per ottenere visibilità o agibilità politica.
A Monza, ad esempio, l’associazione Rinascenza ha recentemente proposto di creare delle ronde (ribattezzate «gruppi di vigilanza») che «dovrebbero interporsi in caso di atti di vandalismo o aggressioni ma senza mai menare le mani». L’obiettivo è quello di «contrastare il fenomeno delle bande di ragazzini che imperversano nelle strade».
Il Comune – guidato da una coalizione di centrosinistra – ha però preso le distanze dall’iniziativa, sottolineando che «il report della polizia locale ci dice che i reati sono in calo e che la nostra è una città sicura».
Su Instagram, Telegram e TikTok sono poi spuntate pagine di estrema destra specificamente rivolte contro i «maranza». Una di queste è “Nuova Italia”, che nonostante i pochi follower promette che «con noi ci sarà una PERSECUZIONE AI MARANZA» e che «colpiremo tutti coloro che proveranno a diffondere il concetto MARANZA».
Un’altra è “Rivoluzione Nazionale”, un piccolissimo movimento neofascista che all’inizio di febbraio aveva indetto una «marcia per la sicurezza» a Bologna. Nelle chat del gruppo Telegram erano comparsi messaggi di questo tipo: «per cacciare i maranza che fanno casino c’è bisogno che ci uniamo tutti».
La manifestazione era stata però annullata dal questore Antonio Sbordone, che in un’intervista al Resto del Carlino aveva spiegato che «si configurava non come una libera manifestazione del pensiero attraverso la riunione, ma come una sorta di presidio itinerante del territorio per controllarlo. Siccome questo è appannaggio dello Stato, non si poteva fare».
L’aggressione di Milano rappresenta comunque un salto di qualità preoccupante, perché è stata rivendicata politicamente ed è servita a lanciare un movimento che invoca un articolo della Costituzione per sdoganare forme di giustizia privata contro specifiche categorie di persone.
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