La foto strappalacrime di una bambina in salvo nelle zone degli Stati Uniti colpite dall’uragano Milton. La frase, in un dibattito televisivo, su immigrati che mangiano cani e gatti. Le rivolte in Inghilterra contro alcune minoranze dopo un atto terroristico in una scuola. Tutti esempi molto recenti in cui le notizie false hanno avuto conseguenze reali, a volte drammatiche, nelle vite delle persone.
Eppure il dibattito sulla disinformazione – che in questi anni ha prodotto un numero infinito di saggi, articoli, studi, dibattiti e convegni – rimane spesso opaco e dai contorni confusi. Gli stessi termini “disinformazione” e “fake news” finiscono per perdere ogni chiarezza distintiva e diventano un sinonimo di ciò con cui non si è d’accordo, quando vengono trascinati nel dibattito polarizzato e sopra le righe dei talk show o di alcuni ambienti online.
Facciamo un passo indietro allora e ripartiamo dai casi più chiari. Anche se il dibattito filosofico sulla verità è vecchio di secoli e di straordinario fascino, nella pratica ci sono moltissimi esempi in cui si può davvero distinguere il vero dal falso. Una foto manipolata o generata dall’intelligenza artificiale, un video girato anni fa ma presentato come se fosse ieri, la frase di uno studio scientifico male interpretata, un dato scelto tra mille per dimostrare una tesi preconcetta: casi in cui siamo convinti che ogni utente possa rendersi conto, con il giusto contesto, di essersi imbattuto in informazioni sbagliate o fuorvianti.
Il fact-checking è anche un atto di fiducia nella capacità del pubblico di approfondire e ritornare sulle proprie conclusioni. Non ci rassegniamo all’idea che, nel mondo di oggi, ciascuno abbia già le sue idee scolpite nella pietra, senza possibilità di dialogo o di ripensamenti. Il nostro sito vuole essere allora uno strumento per fornire il contesto necessario e una guida per fare chiarezza nel dibattito sulla disinformazione.
Ci sembra che ce ne sia un gran bisogno. Anche se talvolta fact-checking e debunking sono visti come strumenti inefficaci o velleitari, l’alternativa ci sembra francamente assurda: informazioni palesemente scorrette, che non reggono alle più semplici verifiche, dovrebbero quindi… circolare incontrastate? Il relativismo assoluto dei punti di vista, che mette sullo stesso piano qualsiasi contenuto – inclusi quelli inventati di sana pianta o manipolati – porta alla negazione per principio di ogni senso critico. È una posizione che, in fin dei conti, riflette un difetto di umiltà: proprio perché non siamo certi di tutto quello in cui ci imbattiamo online, andiamo a controllare e pubblichiamo i risultati delle nostre verifiche. Il fact-checking non è l’approccio dittatoriale e censorio di chi crede di sapere, ma il risultato di una ricerca che nasce dalla curiosità e dal dubbio.
Per questo le nostre verifiche sono svolte in trasparenza e con un controllo editoriale rigoroso. Forniamo le fonti, spieghiamo come siamo arrivati alle nostre conclusioni, diamo i link dei materiali che abbiamo utilizzato. Vogliamo aiutare gli utenti a navigare il mondo dei contenuti online lasciandoli comunque liberi, se vorranno, di arrivare a conclusioni diverse.
Siamo ben coscienti di come la disinformazione segua da vicino i grandi temi e i dibattiti nella società. Non possiamo ignorare allora come il mondo intorno a noi – dagli estremismi politici agli scontri sui diritti, dai grandi eventi storici ai cambiamenti tecnologici – influenzi il fenomeno della disinformazione, come influenza le nostre vite. Oltre alle verifiche puntuali dei contenuti, presenteremo allora analisi delle principali narrazioni della disinformazione e notizie sul dibattito globale intorno a questi temi. Le grandi crisi del nostro tempo sono spesso legate alla disinformazione: per questo motivo facciamo particolare attenzione a temi come il cambiamento climatico, al centro della nostra newsletter A fuoco.
La squadra di Facta è composta da dieci persone, a cui si aggiungono altre figure di supporto (ad esempio amministrative o che si occupano della scrittura dei progetti) in comune con il nostro progetto gemello, Pagella Politica. Non abbiamo grandi gruppi editoriali alle spalle, non abbiamo investitori, non riceviamo soldi da partiti o istituzioni italiani. Ci finanziamo partecipando a bandi e progetti e collaborando con alcune grandi piattaforme tecnologiche.
Il fact-checking e il debunking non sono censura – non è un caso che, nella mappa del fact-checking globale, si notino subito i grandi vuoti della Cina e della Russia. La libertà di pensiero e di espressione sono valori centrali per le nostre democrazie. Quanto vogliamo fare è dare le informazioni in più che rischiano di sfuggire all’attenzione o che vengono tralasciate più o meno in buona fede. Se un importante giornalista pubblica un libro sul cambiamento climatico zeppo di svarioni scientifici e di interpretazioni che smentiscono un consenso scientifico granitico da molti anni, ne ha tutto il diritto. Ci piacerebbe però che il pubblico avesse gli strumenti per comprendere il valore di quelle argomentazioni e il posto che dovrebbero avere nel dibattito.
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