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In California non c’è una legge che consente «l’infanticidio» fino a 7 giorni dopo il parto

In California non c’è una legge che consente «l’infanticidio» fino a 7 giorni dopo il parto

31 marzo 2022
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Il 30 marzo 2022 è stato pubblicato un tweet contenente il titolo di un articolo in inglese che recita: «La California introduce una nuova legge che permetterebbe alle madri di uccidere i loro bambini fino a 7 giorni dopo la nascita». Il titolo è accompagnato da un commento, scritto dall’autore del tweet, in cui si legge: «Chi è il mostro?».

Altri tweet circolati nelle stesse ore parlano esplicitamente di legalizzazione dell’«infanticidio», tra cui quello pubblicato da Pro Vita e Famiglia, organizzazione ultra cattolica che alcune inchieste hanno collegato all’estrema destra italiana. 

Si tratta di un’informazione presentata senza il contesto necessario alla sua comprensione, che veicola una notizia falsa.

I tweet fanno riferimento al disegno di legge AB 2223, presentato il 15 febbraio 2022 dalla deputata californiana Buffy Wicks, modificato nella forma attuale il 17 marzo 2022 e non ancora approvato dalla legislatura statale della California

Il testo della proposta non contiene alcun riferimento a un possibile «infanticidio», ovvero all’uccisione volontaria di un neonato, ma stabilisce che nessuna persona può essere soggetta «a responsabilità o sanzione civile o penale, né può essere privata dei propri diritti, sulla base delle proprie azioni od omissioni in relazione alla propria gravidanza o all’esito effettivo, potenziale o presunto della gravidanza, compreso l’aborto spontaneo, natimortalità, aborto o morte perinatale». La legge protegge insomma da eventuali conseguenze giudiziarie le donne coinvolte in aborti spontanei o la cui gravidanza termina con il decesso del neonato, al momento del parto o durante la sua prima settimana di vita. 

A generare la disinformazione sul tema è stato proprio il riferimento alla morte perinatale, ovvero la morte del feto o del neonato dalle 28 settimane di gravidanza fino alla prima settimana di vita. Si tratta di una condizione meno frequente che in passato, ma che negli Stati Uniti avviene ancora in 5,69 casi ogni mille gravidanze. 

Come spiegato dallo stesso disegno di legge, «a livello nazionale, fino a una gravidanza su cinque finisce con un aborto spontaneo» mentre in California «2.365 gravidanze ogni anno terminano con natimortalità, la perdita perinatale dopo 20 settimane di gestazione». Secondo i legislatori californiani, «molti di questi avvenimenti non hanno una spiegazione nota» e il disegno di legge intende far sì che le donne possano rivolgersi in sicurezza all’assistenza sanitaria «senza la paura di responsabilità civili o criminali».

Quello tratteggiato dai proponenti non è solo un rischio teorico, ma una possibilità concreta. Il 18 marzo 2022, la giustizia californiana ha annullato la condanna a 11 anni di carcere comminata ad Adora Perez, che nel 2018 aveva patteggiato una condanna per omicidio volontario, in modo da evitare l’ergastolo. La donna era stata ritenuta responsabile per la morte del figlio, partorito già privo di vita, e che secondo il tribunale sarebbe stata la conseguenza dell’assunzione di metanfetamine. Nel ribaltare la sentenza, il giudice Valerie Chrissakis ha sottolineato che «in California non esiste il crimine di uccisione di feto»; Adora Perez è stata dunque rilasciata dopo 4 anni di detenzione. 

Disegni di legge simili a quello californiano sono stati proposti anche negli organi legislativi del Maryland e di Washington e servono ad allontanare la possibilità che in questi Stati venga emulato l’esempio del Texas, che nel 2021 ha promulgato una legge che permette a qualsiasi privato cittadino di citare in giudizio gli operatori sanitari ritenuti coinvolti in un aborto eseguito a partire dalle sei settimane successive al concepimento.

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