Il 27 aprile la redazione di Facta ha ricevuto via WhatsApp numerose richieste di verifica su quanto riportato dalla prima pagina del giornale Libero Quotidiano il 24 aprile 2020. È stato pubblicato un articolo dal titolo: «Chi fuma non prende il Covid». Sopra al titolo si legge, in rosso: «La nicotina riduce dell’80% il rischio» e, subito più in basso, il quotidiano diretto da Vittorio Feltri riporta i risultati di uno studio condotto presso un ospedale parigino, dove su 343 pazienti ricoverati solo il 4,4 per cento sarebbe tabagista, il che dimostrerebbe che la sostanza contenuta nelle sigarette bloccherebbe «il morbo», cioè l’infezione da nuovo coronavirus.
Si tratta di notizie fuorvianti e anche potenzialmente pericolose per la salute dei cittadini. Ma andiamo con ordine.
Lo studio francese al quale Libero Quotidiano fa riferimento esiste ed è stato diffuso il 21 aprile. Si tratta di un’indagine condotta presso l’ospedale La Pitié-Salpetrère di Parigi e ripresa da scienziati del celebre Istituto Pasteur, fondazione che si occupa di biologia, malattie infettive e vaccini. Lo studio ha registrato che tra i 343 pazienti ospedalizzati per Covid-19, solo il 4,4 per cento erano fumatori regolari. Dati che potrebbero, secondo gli autori, suggerire in effetti che i fumatori abbiano una probabilità ridotta rispetto al resto della popolazione di sviluppare l’infezione da nuovo coronavirus in forma sintomatica o grave.
Bisogna però premettere che per queste informazioni non è ancora terminata la peer review, cioè quel meccanismo di revisione e valutazione da parte di altri ricercatori esperti nel settore che la ricerca impiega per fornire risultati il più possibile attendibili. Si trovano infatti per ora su Qeios, una piattaforma per la condivisione dei dati e il dibattito tra scienziati, ma non ancora in una vera e propria pubblicazione scientifica. Un motivo in più, questo, per presentare con le pinze queste informazioni sui media e attendere le posizioni ufficiali.
Inoltre, va precisato che si tratta di uno studio cosiddetto osservazionale, che ha registrato cioè dei dati ma che non li ha messi in relazione, non ha insomma indagato in alcun modo sul rapporto causa-effetto tra di essi, e non è quindi in grado di dirci il perché di questa bassa percentuale di fumatori tra i pazienti inclusi nello studio. Proprio per questo i risultati, stando a quanto riportato dagli stessi autori, vanno interpretati in modo molto cauto: «Non possiamo confermare la causalità di questa associazione», scrivono. Inoltre, si legge, anche il campione di popolazione è una variabile da tenere presente e andrebbe appunto tenuto conto che il confronto tra i dati registrati dagli studiosi nel 2020 e quelli di riferimento (la popolazione francese, nel 2018) tende a offrire una visione molto limitata del problema.
Quella sul legame tra nicotina – sostanza molto concentrata nel tabacco – e un ridotto rischio di contrarre il Covid-19 è, per il momento, solo un’ipotesi (e quindi un qualcosa ancora da comprendere). A dichiararlo sono gli stessi autori dello studio così come chi finora lo ha analizzato. L’ipotesi poggerebbe sul fatto che la molecola di nicotina e il virus si trovino a competere per lo stesso tipo di recettori, cioè i “ganci” presenti all’esterno delle cellule attraverso i quali entrambi riescono a penetrarle: trovando questi “appigli” occupati dalla nicotina, il virus non riuscirebbe a penetrare. Ma, spiegano gli stessi studiosi, si tratta di un’ipotesi ancora tutta da dimostrare attraverso esperimenti e, aggiungono, «non bisogna dimenticare che la nicotina è una sostanza da abuso, responsabile della dipendenza da fumo. Fumare ha conseguenze patologiche gravi e rimane un serio pericolo per la salute».
Precisiamo poi che il giorno successivo alla diffusione dello studio, nel segnalare come si siano generate controversie e confusione sull’uso di prodotti a base di nicotina e tabacco e il rischio di Covid-19, l’Organizzazione mondiale della sanità ha colto l’occasione per ribadire la sua posizione sui propri canali ufficiali. Come aveva, tra l’altro, già messo nero su bianco sul proprio sito il 24 marzo 2020, l’Oms rimane ad oggi dell’idea che sia «probabile che i fumatori siano più vulnerabili al Covid-19 poiché il gesto di fumare fa sì che le dita (e potenzialmente sigarette contaminate) entrino in contatto con le labbra, il che aumenta la possibilità di trasmissione del virus dalla mano alla bocca. Chi fuma, inoltre – si legge – potrebbe già presentare patologie o ridotta capacità polmonare, e questo aumenterebbe notevolmente il rischio di forme gravi della malattia».