No, non è vero che «chi si droga» è «immune alla Covid-19» - Facta
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No, non è vero che «chi si droga» è «immune alla Covid-19»

Il 28 maggio la redazione di Facta ha ricevuto via WhatsApp molte segnalazioni di un articolo, pubblicato il 24 maggio sul sito ilmeteo.it, dal titolo «CORONAVIRUS: chi si DROGA sembra IMMUNE al COVID-19. Ecco perché. Parola agli ESPERTI del CENTRO MARAINI di Roma». 

Nel testo si fa riferimento ad una presunta «ricerca sperimentale effettuata dagli esperti di Villa Maraini a Roma» che porterebbe a pensare che «chi si droga (cocaina, marijuana, ma anche droghe sintetiche) potrebbe essere immune al COVID-19». Nello specifico, si legge, gli operatori della struttura avrebbero dato assistenza a «623 persone per un totale di 23.368 interventi e controlli» nel corso dei quali non avrebbero rilevato «sintomi e cadute nella malattia». La ragione, si legge, è che il corpo di queste persone risulterebbe «già molto affaticato dall’assunzione di sostanze e da una vita disordinata, che limiterebbe la risposta esagerata del sistema immunitario responsabile poi a cascata della tempesta di citochine alla base dei casi peggiori di polmonite interstiziale». Massimo Barra, «medico e fondatore della struttura», continua l’articolo, avrebbe spiegato che non è stato possibile eseguire tamponi e quindi lo studio non ha nessun valore scientifico e statistico, ma allo stesso tempo avrebbe sottolineato come i tossicomani siano incapaci di avere una cosiddetta «reazione iperergica (una reazione eccessiva di un organismo di fronte a certi stimoli, dovuta a una condizione di allergia) e massiva al coronavirus». 

Si tratta di un titolo e di una serie di informazioni fuorvianti e potenzialmente pericolose, soprattutto nel contesto dell’emergenza sanitaria in atto. 

Prima di tutto, ricordiamo che l’Organizzazione mondiale della sanità ritiene che non ci siano, ad oggi, medicinali che abbiano dimostrato di prevenire o curare la Covid-19 e non raccomanda l’automedicazione con nessun medicinale come prevenzione o cura. Come confermano anche le risposte del Ministero della Salute (aggiornate al 25 maggio 2020), in merito a prevenzione e trattamento della malattia non vi è poi alcun riferimento all’assunzione di sostanze come quelle citate dall’articolo in esame. 

In merito all’articolo in esame, precisiamo che ad oggi non è ancora chiaro se e in che modo il corpo umano diventi immune, cioè non suscettibile, alla malattia da nuovo coronavirus. Si tratta di una ricerca in corso, dove le evidenze cliniche sono in continuo aggiornamento e, non a caso, sul tema la stessa Oms ha preso posizione, specificando che l’adozione di certificazioni di immunità verso Covid-19 è attualmente priva di basi scientifiche. Pur non escludendo che ci saranno nuovi dati disponibili su questo fronte, a oggi non ci sono prove che la particolare categoria di persone citate, «chi si droga» secondo l’articolo (ma sarebbe più corretto dire: chi soffre di tossicodipendenza), sia immune all’infezione. 

Affermare poi che si possa essere immuni al coronavirus grazie a un sistema immunitario compromesso, come fa intendere l’articolo, è scorretto. Come riportato ancora una volta dal Ministero della Salute, è valido esattamente il contrario: le persone immunodepresse sono più a rischio di contrarre l’infezione da Covid-19. Nella stessa pagina, il Ministero inserisce anzi i pazienti immunodepressi tra le persone con maggiori probabilità di sviluppare forme gravi di malattia, confutando di fatto anche ciò che ilmeteo.it attribuisce al suo intervistato. 

Entrando nel merito del caso specifico delle tossicodipendenze, il National Institute on Drug Abuse (Nida) statunitense – preso a riferimento in Italia dall’Istituto Superiore di Sanità – ha evidenziato (qui una versione in forma sintetica delle informazioni) la necessità di vigilare sulle possibili implicazioni per le persone con disturbi da uso di sostanze stupefacenti durante l’epidemia di Covid-19. Pur ammettendo che in questo momento sappiamo molto poco sulla malattia, e ancor meno della sua intersezione con i disturbi da uso di sostanze, l’istituto ha sostenuto che possiamo fare ipotesi basate sull’esperienza passata secondo cui le persone con disturbi da oppioidi, metanfetamine, cannabis e altre sostanze potrebbero trovarsi ad aumentato rischio delle sue complicanze più gravi per molteplici ragioni. 

«Le persone con disturbo da uso di oppiacei e disturbo da metamfetamina possono essere anche vulnerabili a causa degli effetti di quelle sostanze sulla salute respiratoria e polmonare», si legge sul report. «Poiché gli oppiacei e/o oppioidi agiscono sul tronco encefalico e riducono la frequenza respiratoria, il loro consumo non solo mette a rischio di overdose fatale o potenzialmente letale, ma può anche causare una pericolosa riduzione del livello di ossigeno nel sangue (ipossemia) – va avanti il Nida, che sottolinea che come la malattia polmonare cronica aumenta il rischio di mortalità per overdose per chi assume oppioidi, «la ridotta capacità polmonare causata da COVID-19 può mettere in grave pericolo questo gruppo di persone». Sulla metanfetamina il Nida ricorda invece che questa molecola «restringe i vasi sanguigni e può contribuire sia al danno polmonare che all’ipertensione in chi la usa» e che «i medici devono essere preparati a monitorare i possibili effetti avversi del consumo di metanfetamina (…) nel trattamento di pazienti con COVID-19». 

Tornando all’articolo in esame, è vero che Massimo Barra, di cui si riportano alcune citazioni, è «medico [1] e fondatore» di Villa Maraini, struttura per la cura e la riabilitazione da droghe, abuso di alcol e gioco d’azzardo con sede a Roma. Ma – anche se non viene esplicitato nel testo – le parole che gli vengono attribuite molto probabilmente non riguardano un’intervista a ilmeteo.it, bensì sono state estrapolate da una precedente intervista, pubblicata da Il Messaggero e dal Corriere Adriatico (4 maggio), su Il Giornale e su AdnKronos (7 maggio). Anche in questi contesti Barra aveva sostenuto che a Villa Maraini non era stato possibile effettuare tamponi, e che quelle avanzate sulla risposta dei tossicodipendenti alla Covid-19 erano solo ipotesi: questi, sì, fatti che trovano conferma nell’assenza, a oggi, di pubblicazioni scientifiche sugli «interventi e controlli» effettuati dalla struttura, dei quali ilmeteo.it non fornisce alcun dettaglio. 


[1] Lo conferma l’appartenenza, verificata a mezzo di ricerca anagrafica, alla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri.

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