L’8 aprile 2021 la redazione di Facta ha ricevuto via WhatsApp la richiesta di verificare un articolo pubblicato il 9 novembre 2020 dal sito CronacheMaceratesi.it e intitolato «Franzini, il promotore dell’ozonoterapia: “L’efficacia sul Covid è già provata. Su 100 pazienti il 98% guarito”». L’articolo contiene un’intervista al medico Marianno Franzini, presidente della Sezione internazionale della Società scientifica ossigeno ozono terapia (Sioot) e direttore sanitario della Clinica Comunian di Gorle (Bg).
L’ozonoterapia è un trattamento medico che sfrutta l’ozono, una forma particolare di ossigeno a volte sfruttato, ad esempio, per purificare le acque grazie alla sua azione germicida. In generale, l’ozonoterapia è considerata dalla comunità scientifica una terapia perlomeno controversa, proposta più volte ad esempio contro tumori e Hiv/Aids ma rivelatasi inefficace. Secondo la Food and drug administration degli Stati Uniti, l’ozono «non ha applicazioni mediche utili conosciute» e, per essere efficace come germicida, dovrebbe essere usato a concentrazioni non tollerate dall’organismo umano.
Franzini nell’intervista afferma che «se ci fosse un servizio di ozono terapia in ogni ospedale» la Covid-19 diventerebbe una malattia virale «normale» e «ci scorderemmo i morti». Il medico nell’intervista ha descritto uno studio, pubblicato a novembre 2020 sulla rivista scientifica International Immunopharmacology in cui, secondo quanto riportato nell’articolo, sarebbero stati confrontati 100 pazienti Covid-19 sottoposti alle normali terapie e 100 pazienti Covid-19 sottoposti anche a ozonoterapia. Di questi ultimi, 2 sono deceduti ma gli altri 98 sarebbero guariti, risultato che Franzini commenta con «l’efficacia dell’ozono è già stata verificata sperimentalmente» e anzi «è di un’efficacia talmente esemplare che pare che qualcuno si spaventi». Infine, viene anche sostenuto che l’ozonoterapia sarebbe «priva di controindicazioni».
Si tratta di una notizia in gran parte falsa. L’efficacia dell’ozonoterapia contro la Covid-19 era lungi dall’essere dimostrata all’epoca in cui è stato scritto l’articolo e anche nel momento in cui scriviamo, ad aprile 2021. Vediamo con ordine come stanno le cose.
Innanzitutto lo studio è stato riportato da Franzini, nell’intervista, in modo inaccurato. Il campione includeva 50 pazienti, non 100 e non includeva un gruppo di controllo non sottoposto a ozonoterapia. Il principale dato positivo riportato dallo studio è un tempo più veloce di recupero polmonare, in 13 giorni invece di 22 come riportato per altri pazienti nelle stesse strutture ospedaliere. Il campione esaminato però è, per stessa ammissione dei ricercatori, scarsamente rappresentativo: «l’investigazione ha incluso una ristretta fascia di età» e ha «escluso soggetti di sesso femminile», avvertono presentando i risultati, e non è stato possibile escludere altri fattori che rendono difficile o impossibile un confronto.
Si tratta quindi di uno studio osservazionale, un tipo di studio medico che, benché possa dare indicazioni interessanti, non può convalidare una terapia, come avevamo discusso in dettaglio su Facta a proposito delle terapie domiciliari. Lo studio stesso del resto, di cui Franzini è l’autore principale, dichiara apertamente e ripetutamente nelle conclusioni che «ovviamente, questi dati devono essere riesaminati e confermati ulteriormente», «a causa del piccolo numero di pazienti gli effetti qui descritti devono essere verificati» e che vi è la consapevolezza di come «ulteriori studi su un campione più ampio sono necessari per confermare la nostra ipotesi». Non è quindi vero quanto sostenuto nell’intervista relativamente al fatto che l’efficacia dell’ozonoterapia sarebbe stata verificata sperimentalmente. Inoltre l’affermazione secondo cui «ci scorderemmo i morti» è difficile da giustificare anche alla luce dello studio stesso, visto che ci sono stati 2 decessi su 50 pazienti (4 per cento di mortalità) nel campione trattato.
Ad aprile 2021 le evidenze scientifiche sull’ozonoterapia nel trattamento della Covid-19 sono molto scarse. Secondo il database di studi clinici supportato dall’Oms Covid-Nma, ci sono solo due studi clinici con risultati pubblicati sull’ozonoterapia contro la Covid-19, entrambi su campioni di pazienti molto piccoli (28 in Italia e 60 in India, rispettivamente). I risultati preliminari del primo studio, pubblicati il 28 ottobre 2020 (e criticati da Franzini e colleghi), non hanno trovato un effetto significativo dell’ozonoterapia. Il secondo studio, pubblicato il 23 dicembre 2020, ha riscontrato qualche beneficio nei pazienti trattati con ozono, ma precisava la necessità di ulteriori studi.
Infine, non è vero che l’ozonoterapia è «priva di controindicazioni». Al contrario, l’esposizione all’ozono è associata a un aumento del rischio di morte per malattie respiratorie e ci sono stati casi di embolia polmonare e almeno un decesso in seguito all’ozonoterapia, anche se la sicurezza dipende dal preciso protocollo di somministrazione. Gli studi sulla Covid-19 sopra citati non hanno riscontrato comunque effetti avversi significativi.
In conclusione, non esiste nessuna dimostrazione che l’ozonoterapia, un trattamento medico controverso e non privo di effetti collaterali, possa essere d’aiuto per la Covid-19. Lo studio citato nell’intervista, per sua stessa ammissione, necessita di ulteriori dati e gli studi clinici veri e propri esistenti al momento hanno riportato risultati contraddittori e su campioni di pazienti molto piccoli.