Il 3 gennaio 2022 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un video pubblicato il 30 gennaio 2022 su Facebook. Il filmato, lungo poco meno di 20 minuti, mostra un alterco andato in scena a Barletta tra il proprietario di un locale e due carabinieri intenzionati a controllare il green pass degli avventori.
Dopo aver chiesto ai carabinieri di uscire dal locale (minuto 0:19), il proprietario chiede agli agenti di mostrare «l’autorizzazione al controllo dei green pass» rilasciata dal ministero della Salute, che secondo l’uomo sarebbe necessaria per effettuare i controlli (minuto 1:36). Il proprietario del locale aggiunge (minuto 1:42) che questa procedura è prevista dalla legge perché il green pass contiene «dati sensibili».
Le informazioni fornite dal proprietario sono false.
Innanzitutto, il certificato Covid digitale dell’Unione europea (il cosiddetto green pass) non contiene dati sensibili ma, come spiegato dal sito dell’Unione europea, solo «informazioni fondamentali quali nome, data di nascita, data di rilascio, informazioni pertinenti su vaccino/test/guarigione e identificativo unico». Secondo la definizione fornita dal Garante della privacy italiano, i dati sensibili sono quelli che rivelano «l’origine razziale od etnica, le convinzioni religiose, filosofiche, le opinioni politiche, l’appartenenza sindacale, relativi alla salute o alla vita sessuale, i dati genetici, i dati biometrici e quelli relativi all’orientamento sessuale».
Come chiarisce il sito del governo italiano dedicato alla divulgazione delle informazioni relative al green pass, inoltre, «la lettura del QR Code non rivela l’evento sanitario che ha generato la Certificazione (tampone, vaccino o guarigione). Le uniche informazioni personali visualizzabili dal verificatore saranno quelle necessarie ad accertare la validità della certificazione». Non solo il green pass non contiene informazioni sensibili, dunque, ma gli operatori incaricati di verificarlo hanno accesso a informazioni minime e comunque non memorizzabili.
Veniamo ora alla presunta «autorizzazione» necessaria al controllo dei green pass e rilasciata dal ministero della Salute. Come stabilito dal decreto del presidente del consiglio dei ministri del 17 giugno 2021, i controlli sulla certificazione verde sono stati affidati «oltreché ai pubblici ufficiali nell’esercizio delle relative funzioni» anche al «personale addetto ai servizi di controllo delle attività di intrattenimento e di spettacolo in luoghi aperti al pubblico o in pubblici esercizi», ai «soggetti titolari delle strutture ricettive e dei pubblici esercizi, nonché i loro delegati», al «proprietario o il legittimo detentore di luoghi o locali presso i quali si svolgono eventi e attività» e ai «gestori delle strutture che erogano prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e socio-assistenziali».
Le forze dell’ordine sono dunque autorizzare al controllo dei green pass senza la necessità di autorizzazione alcuna, prerogativa affidata anche al proprietario del locale e agli eventuali membri del suo staff.
La falsa notizia della necessità di un’autorizzazione per il controllo del green pass è circolata negli ambienti della disinformazione a partire da fine gennaio ed è stata presentata come il «parere» di un consulente legale, secondo cui chiunque «intenda controllare la Certificazione COVID-19 deve essere stato nominato Responsabile del trattamento dati dal Titolare del trattamento dati», ovvero il ministero della Salute, e «avere assolto all’obbligo di formarsi» riguardo il trattamento di tali dati. Questa interpretazione non trova alcuna conferma all’interno dell’attuale assetto legislativo in tema di green pass.