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La storia del «marocchino» che colleziona sussidi italiani è infondata

La storia del «marocchino» che colleziona sussidi italiani è infondata

12 agosto 2022
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In data 30 agosto 2022 l’articolo è stato modificato per correggere il riferimento normativo della cosiddetta “legge Bossi-Fini”, che in un primo momento era stata presentata come la legge n.189 del 30 luglio 2022. La normativa che disciplina l’immigrazione in Italia è invece la legge n.189 del 30 luglio 2002

Il 12 agosto 2022 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un post pubblicato il 5 agosto su Facebook, che racconta la storia di «un marocchino che abita in Italia da 13 anni e ha sempre fatto lavori saltuari, tutti in nero, un po’ dappertutto, con tanto di permesso di soggiorno». 

Secondo l’autrice del post, l’uomo «da due anni ha la cittadinanza italiana, così come tutta la sua famiglia, con cui abita in casa popolare» e percepisce il reddito di cittadinanza «per 780 euro perché il suo ISEE è pari a zero», al quale si aggiungerebbe un assegno familiare di 175 euro «per la moglie» e ognuno dei tre figli a carico. L’uomo riceverebbe quindi mensilmente dall’Inps (​​l’ente previdenziale del sistema pensionistico pubblico italiano) un assegno «pari a 1.480,00 € al mese», a cui si sommerebbero gli «800/900 euro guadagnati attraverso il lavoro in nero.

Ma non è finita. Il post prosegue raccontando che «a luglio la sua mamma vedova, compirà i 65 anni farà il ricongiungimento familiare in Italia con il figlio» e che ciò porterà nelle casse della famiglia un introito ulteriore di 580 euro al mese, provenienti dall’«assegno di pensione sociale». La donna «pur mantenendo la residenza in Italia» continuerà a vivere in Marocco, spiega l’autrice del post, «dove uno stipendio medio è di circa 250,00 euro. 580 euro sono da molto benestante». Il post si conclude aggiungendo che tutti questi sussidi verrebbero erogati «senza che nessuno abbia mai rimesso un centesimo di contributi INPS».

Si tratta di una storia priva di fondamento. 

Innanzitutto, vale la pena precisare che il racconto ha un mero valore aneddotico, dal momento che questa sosituazione previdenziale non è mai stata testimoniata da articoli giornalistici. Tale aneddoto si scontra inoltre con il funzionamento dell’ordinamento giuridico italiano.

Come stabilito dalla legge n.91 del 5 febbraio 1992, i cittadini stranieri possono ottenere la cittadinanza italiana solo dopo dieci anni di regolare residenza sul suolo italiano. Per poter risiedere regolarmente sul territorio italiano, un cittadino straniero deve possedere un permesso di soggiorno, che in base alla legge n.189 del 30 luglio 2002 (la cosiddetta legge Bossi-Fini) può essere rilasciato per motivi umanitari (come nel caso del permesso di soggiorno per asilo politico) o per motivi di lavoro, autonomo o dipendente.

I titolari di permesso di soggiorno con lo status di rifugiato hanno diritto di fare domanda di cittadinanza dopo 5 anni di residenza ininterrotta in Italia, ma questa non è la fattispecie del soggetto del racconto, che secondo la storia avrebbe ottenuto la cittadinanza dopo 11 anni di residenza. Va esclusa anche l’ipotesi che l’individuo possa essere stato titolare di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, la cui concessione richiede un regolare contratto lavorativo (impossibile da ottenere nel caso di lavoro nero). Non resta che l’opzione di un permesso di soggiorno per titolari dello status di protezione sussidiaria e umanitaria, una forma di protezione internazionale riconosciuta a chi non rientra nella definizione di rifugiato, ma concessa di rado ai cittadini provenienti dal Marocco (appena nell’1 percento dei casi). 

In ogni caso, la concessione della cittadinanza italiana per residenza è vincolata a parametri reddituali, che nel caso di un individuo con coniuge e tre figli a carico è di 12.913 euro all’anno (11.362 euro per il richiedente con coniuge a carico e ulteriori 516,00 per ogni figlio). È dunque impossibile ottenere la cittadinanza italiana con un Isee «pari a zero», come raccontato nel post. Un reddito di 12.913 euro pregiudica inoltre l’accesso al Reddito di cittadinanza, che richiede un valore Isee inferiore a 9.360 euro. 

Infine, i cittadini italiani possono inoltrare una domanda di ricongiungimento familiare per gli ascendenti diretti (ovvero i genitori), come previsto dall’articolo 2 del decreto legislativo 30/2007 e per il ricongiungimento di un singolo familiare è richiesta una soglia Isee di 9.119 euro annui. Per accedere alla pensione di cittadinanza, tuttavia, il familiare ricongiunto dovrà risiedere sul territorio italiano per un periodo minimo di dieci anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo. La mamma del protagonista della storia non potrebbe dunque ottenere il beneficio pensionistico dell’Inps per almeno dieci anni e di certo non potrebbe ottenerlo restando a vivere in Marocco.

In conclusione, il post oggetto della nostra verifica si basa su un aneddoto non verificato e contiene informazioni totalmente infondate. Un cittadino straniero con moglie e tre figli a carico può infatti ottenere la cittadinanza solo se in possesso di un reddito che pregiudicherebbe comunque l’accesso agli altri benefici descritti nel racconto.

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