La “lista delle 100 donne più belle del mondo” non esiste: tutta la storia del caso della modella di Gucci - Facta
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La “lista delle 100 donne più belle del mondo” non esiste: tutta la storia del caso della modella di Gucci

Per giorni in tendenza su Twitter, al centro di una polemica estiva tutta incentrata sui canoni estetici della moda femminile e protagonista (suo malgrado) di una vasta produzione di articoli su scala nazionale. Nell’ultima settimana di agosto 2020 è diventato davvero difficile ignorare la storia di Armine Harutyunyan, la modella armena finita nel mirino degli odiatori online (i cosiddetti haters) prima a causa del suo aspetto fisico – giudicato da numerosi utenti sui social come brutto o sgradevole, o comunque non convenzionale per gli standard dell’industria della moda – e poi per una fotografia che la ritrarrebbe mentre si esibisce in un saluto romano.

I meccanismi dietro ai contenuti online che diventano virali sono spesso indecifrabili e non è raro imbattersi sui social in temi di discussione nati in modo apparentemente casuale. Più particolare è il caso mediatico che ha riguardato Harutyunyan, diventata vittima di body shaming – insulti – senza apparente motivo a 11 mesi di distanza dalla sua prima e ultima sfilata per Gucci.

Ricostruendo però gli avvenimenti che hanno portato la modella armena sotto i riflettori, abbiamo scoperto che in realtà un motivo c’è e si tratta di una notizia falsa. 

Quale? Andiamo con ordine.

La storia di Armine Harutyunyan, dall’inizio

Il mondo ha iniziato a familiarizzare con il nome di Armine Harutyunyan il 22 settembre 2019, quando l’allora ventiduenne modella armena debuttò sulle passerelle della Milano Fashion Week – la settimana della moda di Milano, uno dei principali appuntamenti di settore al mondo – come uno dei volti della casa di moda italiana Gucci (qui dal minuto 1:59 è possibile assistere alla sua partecipazione). 

Ben prima che qualcuno si interessasse ai lineamenti di Harutyunyan, quella sfilata aveva causato numerose polemiche da parte degli addetti ai lavori (in particolare modelli e riviste specializzate) per la scelta creativa di Gucci di dedicare la collezione al tema della salute mentale, portando in passerella modelle e modelli vestiti con capi simili a camicie di forza. 

Nell’occasione, la modella Ayesha Tan-Jones sfilò con una scritta riportata a penna sulle mani su cui si leggeva «la malattia mentale non è moda», in segno di protesta verso la stessa casa di moda. In risposta, Gucci aveva rilasciato un comunicato su Instagram in cui difendeva l’idea, descrivendola come un segnale verso l’omologazione nel mondo della moda, che sarebbe lanciato attraverso «una versione estrema delle uniformi imposte dalla società e da chi la controlla» e promettendo che i capi non sarebbero stati commercializzati.

La presenza di Armine Harutyunyan invece è stata al centro di un’altra polemica sulla stessa sfilata un mese più tardi, in Georgia, Paese sulle montagne del Caucaso. Dove, secondo quanto riportato all’inizio di ottobre 2019 da OC Media – testata giornalistica indipendente con sede in Georgia, che copre le notizie di attualità provenienti da Armenia, Azerbaijan e Georgia – era in corso una campagna di body shaming sui social ai danni di Harutyunyan. È qui che si è iniziato a parlare della modella armena e del suo aspetto fisico, in termini molto simili a quelli che saranno poi utilizzati nel dibattito italiano. 

Secondo quanto riportato OC Media, la modella veniva aspramente criticata da diversi utenti sui social network per «non essere abbastanza convenzionalmente attraente da far parte dell’industria della moda». Numerosi gli insulti sessisti e mirati all’aspetto fisico della ragazza, che sempre secondo la testata erano almeno in parte dovuti al forte «sentimento anti-armeno» radicato in Georgia. 

Il caso era al tempo (quasi un anno fa) rimasto limitato entro i confini georgiani, esaurendosi nel giro di pochi giorni.

La polemica arriva in Italia

Quella milanese è rimasta l’unica sfilata di Harutyunyan per Gucci, che da quel momento sparirà dai radar del dibattito pubblico pur continuando a sfilare in altre occasioni e a posare da modella, come testimonia il suo profilo Instagram. 

Fino al 27 agosto 2020, quando i media italiani si accorgono di un’altra campagna di body shaming ai danni della modella, questa volta in Italia. La prima testata di spicco a pubblicare la notizia è Fanpage, che il 27 agosto titola «Armine, la modella Gucci vittima di body shaming: la moda è pronta per dire addio agli stereotipi?». Nell’articolo si fa riferimento genericamente a «commenti razzisti, offensivi e denigratori» online e ad un meme circolato sui social che utilizzando una foto della modella si chiede «voi ci uscireste a cena?». La notizia rimbalza su numerosi media online, arrivando infine tra il 30 e il 31 agosto sul Corriere della Sera e su Repubblica.

Mentre in Italia ancora imperversava il dibattito sul body shaming e sui canoni estetici della moda, il 30 agosto si diffonde poi la notizia che Harutyunyan avrebbe pubblicato su Instagram una foto che la ritrae mentre effettua un saluto romano di stampo fascista. L’informazione inizia a circolare con insistenza sui social network, tanto da mandare in tendenza l’hashtag #Armine, e viene rilanciata da diverse testate tra cui Il Messaggero, Il Tempo e Giornalettismo.

Armine Harutyunyan diventa così protagonista in Italia della seconda polemica social in meno di tre giorni, pur essendo rimasta lontana dalle passerelle della moda per oltre 11 mesi. Com’è stato possibile?

La lista immaginaria

Nella sua “edizione” italiana, la storia della modella si accompagnava a un particolare nuovo, una lista delle donne più belle del mondo. Il problema è che quella lista non esiste. 

Partiamo da un articolo di Leggo del 30 agosto 2020, dal titolo: «Armine Harutyunyan, “la modella di Gucci tra le 100 donne più belle del mondo”. E scatta il body shaming». Nell’articolo scopriamo l’esistenza di un non meglio precisato «elenco delle 100 donne più belle del mondo» (di cui non viene fornito alcun link, né riferimenti ad altri nomi presenti al suo interno), che avrebbe scatenato la campagna di body shaming online. Tale elenco viene dato per certo anche da altre testate come Tpi, secondo cui «Armine è stata inserita nella lista delle 100 donne più belle del mondo 2020, dopo aver sfilato alla New York Fashion Week lo scorso settembre» (in realtà Armine Harutyunyan non ha mai sfilato alla New York Fashion Week: la sfilata di settembre 2019 è con ogni probabilità quella di Milano).

Ulteriori dettagli sulla natura dell’elenco giungono dall’agenzia Dire, che il 28 agosto riferisce di una lista delle «100 modelle più sexy del mondo» stilata nientemeno che da Gucci, mentre il 1 settembre Repubblica parla dell’esistenza di un elenco delle «100 donne più sexy» realizzato da Alessandro Michele, direttore creativo di Gucci. 

Insomma, non è ben chiaro in quali circostanze, ma secondo buona parte della stampa italiana la campagna contro Armine Harutyunyan sarebbe stata una conseguenza della pubblicazione di una lista che la annovererebbe tra le 100 donne (o modelle, a seconda delle versioni) più belle (o “più sexy”) del mondo, considerazione che ha provocato le reazioni stizzite di molti utenti sul web.

La redazione di Facta ha contattato via e-mail l’ufficio stampa di Gucci, che ha seccamente smentito l’esistenza di tale lista e il coinvolgimento del direttore creativo Michele.

Dunque, la recente polemica nata in Italia attorno ad Harutyunyan è in parte associabile alla falsa notizia dell’esistenza di una presunta lista stilata da Gucci che annoverebbe la modella tra le 100 donne più belle al mondo, lista che in realtà non è mai stata stilata dalla casa di moda e che quindi, oltre a non comprendere Armine Harutyunyan, non esiste.

Ma se la lista non c’entra, come si è diffusa questa informazione falsa? Abbiamo cercato di scoprirlo.

Da dove arriva l’inesistente lista delle «100 donne più belle del mondo»

La prima attestazione di un presunto elenco delle «100 persone più sexy del mondo» con all’interno Armine Harutyunyan, stando alle nostre ricerche, arriva dalla Polonia. 

Più precisamente da un’immagine pubblicata il 1° agosto 2020 sul portale Demotiwatory, aggregatore di meme e immagini virali. Il contenuto è composto da una foto di Harutyunyan e da un testo in polacco che tradotto recita: «Ecco Armine Harutyunyan, una modella armena di 23 anni, riconosciuta da Gucci come una delle 100 persone più sexy al mondo. Usciresti con lei?». L’immagine è stata condivisa poi da altri siti web polacchi dedicati ai meme (qui e qui).

Il 20 agosto 2020, l’immagine fa il suo debutto sul web in lingua italiana – sempre su un sito aggregatore di immagini virali – con una versione tradotta dello stesso meme in cui si legge: «Questa è Armine Harutyunyan 23enne modella americana riconosciuta da Gucci come una delle 100 modelle più sexy del mondo. Voi ci uscireste fuori a cena?». Il contenuto arriva ben presto su Twitter grazie alla condivisione di un utente – da Facta identificato come primo caso – che il 24 agosto scrive: «Questa è Armine Harutyunyan 23enne modella riconosciuta da Gucci come una della 100 modelle più sexy del mondo. Mi chiedo perché si tende a svilire la bellezza femminile, perché sta andando tutto a scatafascio?». Alla data del 2 settembre, il tweet ha ottenuto 378 retweet.

Leggendo i commenti, è facile ipotizzare che la pioggia di insulti sia iniziata proprio sotto questo tweet, spostandosi poi su Facebook e Instagram, anche sotto le stesse foto della modella. 

La campagna d’odio viene denunciata per la prima volta in Italia il 26 agosto 2020, con un post Facebook della pagina Diario di viaggio, spazio virtuale da 81mila like creato e gestito dal travel blogger e scrittore italo-marocchino Youssef El Hirnou. Il post ottiene un discreto successo (più di 2mila commenti e 8mila condivisioni), ma prende per buona l’informazione errata contenuta nei meme, secondo cui Harutyunyan sarebbe stata «riconosciuta da Gucci come una della cento modelle più sexy del mondo». Il post diventa anche la fonte del primo articolo in assoluto rintracciabile in rete sulla campagna di body shaming contro Harutyunyan, pubblicato dal sito web GreenMe il 27 agosto e contenente sia il post che il meme in italiano.

Verosimilmente, dunque, l’articolo di GreenMe e il post Facebook di Diario di viaggio sono stati utilizzati come fonte per alcuni dei pezzi successivi pubblicati online (in alcuni casi anche esplicitamente, come per questo articolo di HuffPost Italia che contiene il link a GreenMe), contribuendo a diffondere la notizia non verificata di una presunta lista delle «100 modelle più sexy del mondo», inizialmente circolata grazie al meme polacco.

Nel complesso, la falsa notizia della lista contenente Armine Harutyunyan tra il 27 e il 31 agosto è stata rilanciata da Tpi, Il Messaggero, Il Fatto Quotidiano, The Vision, Il Giornale, Leggo, Repubblica, Grazia, Corriere della Sera, Dire, Il Riformista e Libero.    

Armine Harutyunyan e il saluto romano

C’è però anche un’altra polemica che ha riguardato, negli ultimi giorni, Armine Harutyunyan: l’accusa di essere stata fotografata mentre intenta a fare il gesto del saluto fascista. 

Lunedì 31 agosto 2020 la redazione di Facta ha infatti ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare l’autenticità di una foto contenuta in un tweet pubblicato il 29 agosto da un profilo personale di un utente su Twitter dedicato al commento di fatti di attualità (i colleghi di Open hanno verificato lo stesso tweet in questo articolo).

La foto in questione mostra la modella armena con il braccio destro sollevato e il palmo della mano aperto davanti all’Altare della Patria a Roma, in quello che è stato interpretato da alcuni utenti sui social network come un saluto romano di stampo fascista. Nel testo del tweet oggetto della nostra verifica, ad esempio, si legge infatti: «La camerata Armine Harutyunyan è la nuova modella di Gucci».

Quella del tweet è un’immagine parzialmente modificata (pur essendo reale la posa della modella, una parte di testo è stata rimossa dalla foto originale) ed è stata pubblicata estrapolandola dal contesto che – stando alla versione di Armine Harutyunyan – sembra essere necessario alla sua comprensione. Andiamo con ordine.

L’immagine originale è stata pubblicata il 13 giugno 2020 sul profilo ufficiale Instagram della modella armena e contiene un testo, non presente nel tweet oggetto di verifica, che recita: «Cesare». La foto è inoltre accompagnata da una descrizione, scritta dalla stessa Harutyunyan, in cui si legge, in inglese: «Ave, sunstroke!» («Ave, insolazione!»: esclamazione ironica, dal momento che la fotografia è stata scattata d’estate, sotto il sole). 

Il riferimento dunque, non sarebbe direttamente al fascismo ma al saluto romano “originale”, che secondo l’opinione comune deriverebbe dalla tradizione dell’antica Roma (un falso mito, dal momento che nessuna testimonianza storiografica allude all’usanza del braccio teso come gesto di saluto in quell’epoca storica). La modella, nuovamente attaccata da diversi utenti sui social network, ha chiarito la sua posizione in un’intervista a Repubblica il 1 settembre 2020 spiegando: «Ero con i miei amici, avevo in testa una corona d’alloro, volevo solo rendere omaggio agli antichi Romani: era uno scherzo, e basta! Non so come qualcuno ci abbia potuto vedere dell’altro».

L’Altare della Patria in realtà non è un monumento eretto nella Roma antica (come sembra suggerire il post Instagram di Harutyunyan), ma nemmeno durante il fascismo, ideologia alla quale viene comunque spesso associato. La costruzione dell’opera è infatti iniziata il 1 gennaio 1885 per celebrare il da poco scomparso Vittorio Emanuele II (il nome originale del monumento è infatti Vittoriano) e al tempo della salita al potere di Mussolini era già stato inaugurato. Anche se nel 1927, come racconta il sito ufficiale dell’opera, «il regime fascista si appropriò in pieno del Vittoriano, trasformandolo in un ingranaggio chiave della sua macchina di retorica e di propaganda».

In conclusione

Armine Harutyunyan è stata per due diverse vicende al centro del dibattito pubblico. Nel primo caso, la notizia che la modella fosse stata inserita in una lista stilata da Gucci sulle «100 modelle più belle del mondo», particolare che sui social ha scatenato reazioni ironiche e veri e proprio insulti, anche sessisti e razzisti. 

L’esistenza della lista è stata tuttavia smentita a Facta dall’ufficio stampa Gucci. Ricostruendo le tappe del caso mediatico, abbiamo scoperto che l’informazione errata sembra essere stata generata da un meme in lingua polacca ad inizio agosto 2020, tradotto in italiano e circolato sui social. La falsa notizia della lista è stata poi ripresa da una pagina Facebook in lingua italiana, la prima a denunciare l’aggressione virtuale a Harutyunyan e la probabile fonte di molti degli articoli comparsi online tra il 27 e il 30 agosto.

Per quanto riguarda la foto pubblicata su Instagram da Harutyunyan e che la mostra mentre, trovandosi nei pressi dell’Altare della Patria, fa il saluto fascista, la modella ha smentito l’associazione con il fascismo, descrivendo il gesto come una citazione del saluto che nella cultura popolare è associato all’antica Roma (la scritta «Cesare» e la didascalia «Ave insolazione!»). Al di là del reale intento della foto, Harutyunyan fa sicuramente un po’ di confusione: l’Altare della Patria non è un monumento eretto nella Roma antica e, al contrario, il saluto romano e/o fascista non ha nulla a che vedere con la tradizione degli antichi romani.

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