Negli ultimi giorni è tornata a circolare la notizia di un presunto integratore alimentare che sarebbe in grado di «bloccare» la Covid-19. Si tratta della lattoferrina e le prime tracce della notizia risalgono alla scorsa estate, quando a luglio 2020 il Tg regionale del Lazio aveva dedicato un servizio allo studio condotto dalle università romane La Sapienza e Tor Vergata per testare i gli effetti della lattoferrina nel trattamento della malattia da nuovo coronavirus.
Ma che cosa sappiamo esattamente su questo studio? E davvero l’utilizzo della lattoferrina potrebbe rappresentare una cura contro la Covid-19?
Abbiamo deciso di approfondire la vicenda con l’aiuto di un esperto, nel tentativo di fare chiarezza su un tema delicato per la salute.
Il servizio del TgR Lazio
Il filmato oggetto della nostra analisi è tornato recentemente a circolare via WhatsApp e sui social network ma si tratta in realtà di un servizio andato in onda il 13 luglio 2020 nell’edizione delle ore 14 del Tgr Lazio. Il servizio era dedicato a quella che veniva definita «una capillare ricerca condotta in parallelo dalle università di Tor Vergata e La Sapienza» per testare gli effetti della lattoferrina (una proteina globulare contenuta nel latte materno) nel trattamento dei sintomi da Covid-19.
Nel corso del servizio viene proposta la testimonianza della dottoressa Elena Campione, ricercatrice di dermatologia a Tor Vergata (Roma) e tra le prime a credere nel progetto, che ai microfoni del Tgr aveva detto: «Un dato su tutti era evidente nella pandemia: i bambini non si ammalavano o avevano sintomi lievi. La lattoferrina è una proteina con proprietà antivirali, abbiamo deciso di trattare i pazienti Covid positivi all’esordio della malattia e i pazienti asintomatici. Incredibilmente, dopo dieci giorni dalla terapia, osservavamo la scomparsa dei sintomi e poi ottenevamo la negativizzazione del tampone».
La lattoferrina si sarebbe insomma dimostrata efficace nel combattere i sintomi della malattia da coronavirus nei pazienti positivi all’esordio e negli asintomatici, un dato che nel servizio viene confermato anche da Piera Valenti, professoressa di Microbiologia dell’università La Sapienza (Roma). Valenti aveva affermato (minuto 2:54) che «i risultati ottenuti dimostrano che la lattoferrina blocca le fasi precoci e, a detta di colleghi dell’Università del Michigan [che si erano occupati di ricerche precedenti sul tema n.d.r.], blocca anche quando la cellula è già infetta».
Durante il servizio, la giornalista Antonella Pallante fa un rapido accenno al fatto che le due università italiane coinvolte starebbero studiando «gli effetti sui pazienti» e fatto partire «test di laboratorio». «Non è un sogno, possiamo sfruttare la proprietà antivirale di questa proteina anche in prevenzione» ha concluso (minuto 3:28) la dottoressa Campione, che a sostegno della tesi cita degli «studi» che darebbero ragione ai ricercatori.
Il video – come anticipato sopra – è tornato a circolare nella seconda metà di ottobre in corrispondenza con il nuovo aumento dei contagi da Covid-19. Su Facebook, principale strumento che ne ha permesso in Italia la diffusione, il filmato è stato pubblicato il 26 luglio dalla pagina Orgoglio Italiano e alla data del 27 ottobre conta quasi 35mila condivisioni.
Il video riportata delle scritte in sovrimpressione che recitavano «Integratore alimentare blocca il Covid-19: scoperta italiana» e «Che scusa inventeranno adesso per vaccinare tutti?».
Chiariti contenuti e diffusione del filmato, diamo la parola alla scienza. Che cosa sappiamo della ricerca italiana sulla lattoferrina?
La ricerca italiana sulla lattoferrina
La lattoferrina è una proteina globulare presente soprattutto nel latte (materno e animale), ma contenuta anche in secrezioni mucose umane come lacrime e saliva. La sua azione serve a proteggere i neonati dalle infiammazioni gastrointestinali e per questo è disponibile in commercio anche come integratore alimentare al costo di poche decine di euro a confezione (di solito tra i 30 e i 50 grammi).
La «ricerca» citata dall’inviata del Tgr Lazio è in realtà una review (ovvero una rassegna di letteratura scientifica già nota) pubblicata l’11 luglio 2020 dalla rivista ad accesso libero International Journal of Molecular Science, seguita da un preprint pubblicato l’11 agosto 2020 – dunque successivamente al servizio del Tgr – e basato su un trial clinico che coinvolge 60 pazienti e tuttora in corso (il preprint è una bozza di articolo scientifico non ancora sottoposto alla valutazione di specialisti del settore che ne verifichino l’idoneità alla pubblicazione scientifica).
Lo studio è firmato, oltre che dalle già citate Elena Campione e Piera Valenti, anche dai ricercatori Terenzio Cosio, Luigi Rosa, Caterina Lanna, Stefano Di Girolamo, Roberta Gaziano e Luca Bianchi. Il trial clinico è in corso dal mese di maggio 2020 e segue uno studio realizzato (in maniera indipendente) dall’Università del Michigan, che tra i risultati ottenuti cita la scoperta della lattoferrina come «efficace inibitore del Sars-Cov-2». Come il suo equivalente italiano, anche la ricerca del Michigan è una bozza in attesa di revisione.
Il parere degli esperti
Per avere un’idea precisa della portata dello studio abbiamo contattato il dottor Luca Cassetta, immunologo attualmente impegnato come ricercatore presso il Centro di salute riproduttiva dell’Università di Edimburgo. «La lattoferrina è una glicoproteina dalle note proprietà antibatteriche e antivirali, come riportato da numerosi studi scientifici. Le sue proprietà antivirali risiedono principalmente nella sua abilità di legarsi ai recettori usati dal virus per entrare nella cellula ospite e impedirne l’infezione» ha spiegato il dottor Cassetta a Facta.
«Lo studio delle università di Tor Vergata e La Sapienza – continua Cassetta – suggerisce che la lattoferrina possa esercitare un’azione antivirale legandosi alla proteina Spike S del virus Sars-Cov-2. La notizia è stata riportata dai telegiornali con un clamore mediatico a mio avviso eccessivo e prematuro. Seppur promettenti infatti, tali dati necessitano di una rigorosa verifica in un trial clinico randomizzato per poter verificare l’effettiva efficacia di questo trattamento».
Tra l’altro, la necessità di ulteriori ricerche è stata chiarita anche da uno degli autori della ricerca, Stefano Di Girolamo, responsabile dell’unità di Otorinolaringoiatria del Policlinico Tor Vergata Centro Covid 4. Il 28 luglio 2020, intervistato dal quotidiano Il Messaggero, Di Girolamo ha spiegato che «dal punto di vista clinico i risultati finora sono molto incoraggianti ma abbiamo bisogno di continuare per avere dei dati statistici ed evidenze ulteriori». In nessun caso, tuttavia, la lattoferrina potrà rappresentare una cura alla Covid-19, dal momento che «è una sostanza che facilita l’azione immunologica, da sola non può sconfiggere il virus ma è capace di rendergli l’ambiente meno ospitale», ha spiegato ancora Di Girolamo.
La sperimentazione, come ha raccontato Il Messaggero, è partita a metà maggio e ha coinvolto in tutto 50 pazienti positivi, per lo più medici e infermieri. Nonostante i primi risultati lascino ben sperare, non esistono ancora conferme definitive circa l’azione di contrasto della lattoferrina sui sintomi della Covid-19.
In conclusione
La lattoferrina è una glicoproteina dalle note proprietà antivirali che secondo uno studio condotto dalle università La Sapienza e Tor Vergata sarebbe in grado di trattare i sintomi della Covid-19 in particolari categorie di pazienti. Questo studio è però al momento una semplice bozza, che per quanto promettente necessita di verifica e di un trial clinico randomizzato.
Anche nel caso in cui i risultati dello studio fossero confermati, la lattoferrina potrebbe aiutare l’azione immunologica, ma non rappresenterebbe comunque una cura contro la Covid-19 (come specificato dagli stessi ricercatori impegnati nello studio).
La scoperta non potrebbe dunque in alcun modo sostituire una futura, possibile, campagna di vaccinazione, come invece sostenuto nel post oggetto della nostra verifica.