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Disinformazione e falsi miti sulle mestruazioni e il ciclo

L’istruzione e la consapevolezza svolgono un ruolo chiave nella gestione della salute mestruale

8 marzo 2023
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Le mestruazioni sono spesso oggetto di stigma sociale e rimangono una questione trascurata in molti luoghi del mondo. Molte ragazze non sono informate e non sono preparate per le mestruazioni e provano paura e ansia quando raggiungono il menarca, cioè la prima mestruazione che segna l’inizio della vita riproduttiva.

Su questo tema continuano a persistere diverse narrazioni di disinformazione e falsi miti che influiscono sulla vita delle persone che hanno le mestruazioni. Spesso le ragazze e le donne sperimentano una varietà di sintomi che non ricevono il giusto trattamento medico e, se combinati con tabù culturali, portano all’esclusione da attività educative, lavorative e sociali, ponendole in una situazione di inferiorità rispetto agli uomini.

Questa narrazione fa parte di una strumentalizzazione del fenomeno che per lungo tempo ha lavorato a sfavore dell’emancipazione femminile. I tabù sulle mestruazioni presenti in molte società hanno un impatto sullo stato emotivo, sulla mentalità e sullo stile di vita delle ragazze e delle donne e, soprattutto, sulla loro salute e i loro diritti.

È, quindi, fondamentale fare chiarezza sulla realtà di tutto il ciclo mestruale e decostruire falsi miti e notizie che lo riguardano. Anche e soprattutto perché, come ha riferito Michelle Bachelet, che ha ricoperto la carica di Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani fino al 2022, «la salute mestruale è parte integrante della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi».

Mille modi per chiamarle
“Le mie cose”, “il barone rosso”, “profondo rosso”, “il ciclo”, “il marchese”, questi sono solo alcuni dei tanti nomignoli diffusi per chiamare le mestruazioni. Una delle prove più tangibili del fatto che il ciclo mestruale e, più nello specifico, le mestruazioni, restano avvolte dalla vergogna e dall’imbarazzo. Un tabù che si manifesta prima di tutto nel linguaggio.

Una delle prime precisazioni da fare a proposito del linguaggio appropriato su questo tema è che “ciclo” e “mestruazioni” non sono la stessa cosa. Il ciclo mestruale è un processo fisiologico delle donne in età feconda. Inizia il primo giorno di una mestruazione e termina il primo giorno della successiva. Con questo termine, infatti, si intende tutto il processo e non il solo sanguinamento. Il ciclo mestruale può avere una durata variabile tra 24 e 38 giorni ed è suddiviso in tre fasi, più quella della mestruazione. Nella prima, cioè la fase follicolare, le ovaie cominciano a produrre follicoli, di cui uno maturerà e produrrà la cellula uovo. Questa fase termina con l’ovulazione, la liberazione della cellula uovo nella tuba in seguito alla rottura del follicolo. È a questo punto che la cellula può essere fecondata. Se, invece, la fecondazione non avviene, l’endometrio, cioè la mucosa che riveste la superficie interna dell’utero, si sfalda e nella fase mestruale del ciclo i frammenti di endometrio e la cellula uovo non fecondata sono espulsi. Le mestruazioni, quindi, sono le perdite di sangue nella fase mestruale del ciclo.

Ma perché si continua a chiamare il flusso mestruale con altri nomi e quasi mai con quello corretto?

Vera Gheno, sociolinguista, saggista e traduttrice italiana che ha lavorato fino al 2019 all’Accademia della Crusca, ha spiegato a Facta.news che questo accade prima di tutto perché si tratta di una delle tante manifestazioni della società di tradizione patriarcale, cioè un sistema sociale in cui gli uomini detengono in via primaria il potere e predominano in ruoli di leadership politica, autorità morale, privilegio sociale e controllo della proprietà privata. Secondo la sociolinguista, questa avversità nel nominare le mestruazioni avviene, inoltre, perché la nostra è una società che fa molta fatica a nominare le cose con il loro nome, in particolare quando si tratta di qualcosa “di brutto” (come il cancro, che viene spesso chiamato «un brutto male») o considerato sporco, impuro, come appunto le mestruazioni.

Secondo Gheno nella società occidentale persiste il mito «tutto patriarcale delle mestruazioni come qualcosa di velenoso, non di pericoloso per la donna, ma, appunto, velenoso per gli altri» e la tabuizzazione linguistica non è che una delle tante manifestazioni di questa visione distorta di cosa siano le mestruazioni. Questa avversità nel chiamare con altri nomi un processo fisiologico come le mestruazioni ha conseguenze molto pratiche.

L’uso reiterato di certi eufemismi fa sì che in molti casi alcune ragazze e donne si sentano in imbarazzo a parlare apertamente delle mestruazioni, inibendo la richiesta di aiuto in caso dell’emergere di qualche difficoltà o patologia associata agli organi riproduttivi.

No, le mestruazioni molto dolorose non sono normali
Associato alla vergogna di nominare la fase mestruale con il proprio nome, è ancora diffusa la credenza che un ciclo e una mestruazione dolorosa siano normali. Questa normalizzazione del dolore ha portato al diffondersi della falsa narrazione secondo cui sarebbe normale per le donne soffrire durante il ciclo e soprattutto durante le mestruazioni.

Valentina Maistri, ostetrica esperta anche di riabilitazione del pavimento pelvico, ha spiegato a Facta.news che «mestruare può richiedere al corpo di rallentare, ma non dovrebbe influenzare, come nessuna parte del ciclo, in modo negativo la nostra quotidianità». Secondo l’ostetrica il pregiudizio del mondo medico che normalizza il dolore «deriva in parte da stereotipi di genere che considerano, ad esempio, le persone assegnate femmina alla nascita come persone con una soglia del dolore più bassa». Infatti, uno studio del 2019 ha riportato che nel Regno Unito il 48,9 per cento dei medici di medicina generale e il 76 per cento dei ginecologi non prende seriamente in considerazione sintomi dolorosi riferiti da donne.

«La mestruazione normalmente non deve essere dolorosa, dovrebbe passare senza dolore o al massimo con un lieve disagio gestibile con antidolorifico di base come l’ibuprofene» ha spiegato a Facta.news Valentina Pontello, ginecologa che si occupa tra le altre cose anche di fare divulgazione su temi che riguardano patologie dell’apparato riproduttore femminile. Se però i dolori manifestati sono «invalidanti per la vita sociale, scolastica e professionale, siamo sicuramente di fronte a una situazione anomala».

Pontello ha evidenziato l’importanza di distinguere sempre tra dismenorrea primaria, cioè i dolori mestruali non legati a una patologia pelvica definibile, e dismenorrea secondaria, che si verifica, invece, quando i dolori mestruali sono associati a una patologia pelvica come endometriosi, adenomiosi uterina, sindrome dell’ovaio policistico o malattie infiammatorie pelviche.

Valentina Maistri ha poi sottolineato che «le cause del dolore mestruale andrebbero quindi sempre indagate» e queste «possono essere diverse e sovrapponibili tra loro». Secondo Maistri, tra le principali ragioni del dolore si trovano «squilibri ormonali, transitori o secondari ad altre sindromi, cause meccaniche e muscolari, in relazione alla mobilità uterina, alla sua posizione e allo stato di salute del pavimento pelvico, la presenza di patologie come endometriosi o adenomiosi, ma anche lo stile di vita, l’alimentazione, presenza di infezioni o infiammazioni o di fibromi».

Spesso però, «siccome si parte da un presupposto sbagliato, cioè che la mestruazione sia dolorosa» ha precisato la ginecologa Pontello: «è chiaro che poi non arriva una diagnosi e non arriva nemmeno una terapia». Il ritardo diagnostico è spesso dovuto al fatto che «si pensa che la mestruazione dolorosa sia normale, perché c’è anche un problema culturale nei confronti del dolore femminile che viene svalutato e non ritenuto meritevole di attenzioni o di approfondimenti».

In Italia, ad esempio, sono affette da endometriosi tra il 10 e il 15 per cento delle donne in età riproduttiva. Si tratta di una malattia infiammatoria caratterizzata dalla presenza di tessuto simile al rivestimento dell’utero, cioè l’endometrio, che cresce all’esterno dell’utero, causando dolore o infertilità. È una malattia cronica associata a dolore grave e con un forte impatto sulla vita delle donne che ne sono affette, ma nonostante questo viene spesso diagnosticata con molto ritardo. In Italia, secondo i dati del Ministero della Salute, il ritardo diagnostico medio è stimato intorno ai sette anni, ma alcuni esperti hanno valutato che questo ritardo arrivi addirittura a undici anni.

Acqua e mestruazioni sono davvero nemiche?
Oltre alla denominazione o alla normalizzazione del dolore, sulle mestruazioni sono diffusi anche falsi miti riguardo ad azioni che sarebbe meglio fare o non fare durante quel periodo. Circolano ancora, soprattutto attraverso la tradizione orale, diversi consigli sul rapporto da mantenere con l’acqua mentre si hanno le mestruazioni: secondo alcuni infatti sarebbe meglio non lavare i capelli durante il flusso, ma nemmeno fare il bagno al mare o in piscina o, addirittura, non fare proprio la doccia. Si tratta, in tutti i casi, di affermazioni che non hanno alcun fondamento scientifico.

Nella realtà non esiste alcun legame tra il divieto di bagnare il proprio corpo e le mestruazioni. La ginecologa Valentina Pontello ha precisato che non c’è alcuna controindicazione né nel lavare i capelli durante il flusso mestruale, né tanto meno farsi la doccia o fare il bagno in mare o in piscina. «Se sono al mare e mi butto improvvisamente nell’acqua gelida senza entrare gradualmente ci può essere un effetto-vasocostrizione che potrebbe rallentare la mestruazione temporaneamente» ha spiegato Pontello, ma questo effetto non provoca alcun danno né blocca permanentemente il flusso di sangue ed è quindi possibile «lavare i capelli, fare la doccia, fare il bagno in vasca, in piscina o al mare».

Spesso accade che tabù e restrizioni socioculturali portino le ragazze e le donne a ignorare i fatti scientifici e le corrette pratiche igienico-sanitarie, e a volte questo si traduce in esiti negativi per la salute. Secondo uno studio pubblicato nel 2018 sulla rivista scientifica Journal of Environmental and Public Health, in molte aree del mondo molte donne subiscono restrizioni sull’utilizzo dell’acqua e delle pratiche igieniche dovute alla percezione generale delle persone riguardo alle mestruazioni, considerate sporche e inquinanti. Quindi cambiare questa percezione e soprattutto chiarire quali narrazioni sono in realtà disinformazione porta un beneficio alla salute delle donne e delle ragazze.

Dai fiori che appassiscono al pane che non lievita
Oltre ai capelli, alla normalizzazione del dolore e ai numerosi appellativi per non nominare direttamente le mestruazioni, nei secoli si sono radicati, modificati e diffusi una serie di falsi miti, che derivano probabilmente da credenze antichissime e ancestrali, secondo cui le mestruazioni conferirebbero una serie di “poteri magici” alle donne. Spesso si crede che durante questo periodo le donne sarebbero in grado di far appassire i fiori, condizionare la lievitazione di pane e torte, far impazzire la maionese o inacidire la passata di pomodoro.

Molte credenze popolari derivano dal fatto che culturalmente, in tempi passati, la donna con il ciclo era ritenuta impura, doveva essere tenuta lontano dall’acqua e doveva necessariamente stare in disparte o su un piano rialzato rispetto al resto degli abitanti della casa.

Anche in questo caso si tratta di teorie senza alcun valore o prova scientifica a supporto, che tramandano comportamenti influenzati da norme culturali e pressioni socio-economiche. L’impurità della donna durante il periodo delle mestruazioni è un pregiudizio antico, che affonda le sue radici nella Bibbia e più precisamente nel libro del Levitico, in cui si legge che «quando una donna avrà perdite di sangue per le mestruazioni, la sua impurità durerà sette giorni; e chiunque la toccherà sarà impuro fino a sera». Lo stesso testo aggiunge anche che ciò che è stato toccato dalla donna con le mestruazioni «è impuro» e così anche chi entra in contatto con tali oggetti.

Michela Fusaschi, antropologa e professoressa ordinaria di antropologia culturale presso l’università Roma Tre, ha spiegato a Facta.news che non è importante se i modi di dire esprimano un concetto vero o di falso, o che origine storica abbiano, ma che senso assumono in un contesto sociale. Nel caso delle mestruazioni tutti i modi di dire  sono davvero falsi – i fiori non appassiscono e la maionese non impazzisce – ma le persone ci credono. Perché?

Fusaschi spiega che «secondo un’interpretazione classica antropologica» il sangue è stato interpretato «come forza vitale, come il simbolo per eccellenza dell’identità femminile, che permette alla donna di dare la vita». La questione, però, è stata sempre recepita anche come «qualcosa che l’uomo non avrà mai, ovvero la possibilità di mettere al mondo un figlio attraverso il proprio corpo».  In questo senso il sangue rappresenta una sorte di “sfida” all’altro genere, cioè delle donne nei confronti degli uomini, un potere che «simbolicamente va contenuto, svilendone il significato simbolico e portandolo su un piano magico-religioso». Sempre secondo quanto spiegato dall’antropologa, nell’immaginario popolare la donna fertile «rappresenta una soggettività potenzialmente pericolosa proprio per questa sua caratteristica», quella di poter procreare attraverso il proprio corpo e tutta la sfera riproduttiva è stata, pertanto, storicamente controllata.

Tamponi e verginità, cosa c’è di vero?
Un’altra delle frasi che spesso vengono riportate alle ragazze, soprattutto adolescenti, riguarda il fatto che utilizzare tamponi vaginali o coppette mestruali può essere dannoso per la “verginità”, termine generalmente utilizzato per descrivere le persone che non hanno ancora avuto un rapporto penetrativo, il cui concetto, in realtà, è definito dal costrutto sociale in cui si vive.

Secondo quanto riportato dall’Istituto superiore di sanità (Iss), in questo caso è bene precisare che il delicato inserimento di un tampone nella cavità vaginale «non equivale assolutamente alla penetrazione del pene nella vagina come avviene nel corso di un rapporto sessuale». L’assorbente interno, infatti, è più piccolo dell’organo maschile. In secondo luogo, l’Iss spiega che l’imene, cioè la sottile ed elastica membrana che circonda l’apertura della vagina, non è completamente chiuso, ma ha alcune piccole aperture attraverso cui passa il sangue mestruale e dove si posiziona spontaneamente l’assorbente interno.

A questo proposito è comunque fondamentale ricordare che esistono molte false credenze anche sull’imene come simbolo della “verginità” di una donna. In realtà non si tratta di una membrana che ottura la vagina, ma di un ripiegamento di tessuti molto elastici che presenta almeno un’apertura. Questa membrana, per la sua forma e la sua elevata elasticità, solitamente si lacera, ma raramente si rompe del tutto. La prima volta che l’imene viene sollecitato attraverso una penetrazione può provocare un sanguinamento, ma non in tutti i casi e questo è dovuto alla rigidità della corona vaginale o alla sua forma, non alla sua rottura.

È possibile quindi affermare che non esiste la “verginità” come caratteristica fisica, in quanto l’imene ha varie forme e non è affatto detto che si laceri al primo rapporto, provocando un sanguinamento. Il Royal college of obstetricians and gynecologists (Rcog), che rappresenta gli ostetrici e i ginecologi inglesi, ha pubblicato un appello sul British Medical Journal per chiedere al governo di bandire i test di verginità poiché «un imene rotto non può essere usato come indicazione che una donna abbia avuto un rapporto sessuale vaginale. Un imene intatto, inoltre, non significa che non ci siano stati rapporti sessuali, poiché l’imene può allungarsi per accogliere la penetrazione del pene. È del tutto normale che rimangano resti imenali anche dopo il parto». Anche l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) è stata chiara sul fatto che «l’aspetto dell’imene non è un’indicazione affidabile di un rapporto sessuale e non esiste un esame noto che possa provare una storia di rapporti vaginali». La falsa credenza secondo cui il primo rapporto sessuale dovesse essere collegato alla perdita di sangue è costata e continua a costare la vita a molte donne accusate di adulterio.

Quindi, anche se non si sono ancora avuti rapporti penetrativi, non esiste alcuna controindicazione nell’usare gli assorbenti interni. È comunque importante cambiarli di frequente e seguire con attenzione tutte le modalità di utilizzo consigliate.

Sesso e mestruazioni: niente di diverso
Non ci sono particolari controindicazioni o motivi particolari per cui non si dovrebbero avere dei rapporti sessuali durante il flusso mestruale. È importante, però, tenere a mente che durante le mestruazioni non si è esenti dalla possibilità di iniziare una gravidanza.

La ginecologa Valentina Pontello ha chiarito a Facta.news che «si può fare sesso durante la mestruazione, ma è importante sentirsi a proprio agio» e che nessuno percepisca il rapporto come un obbligo. Pontello ha anche sottolineato che il sesso durante le mestruazioni può essere in alcuni casi un beneficio: può agire come un lubrificante naturale e può aiutare ad alleviare i crampi mestruali, anche se si fa riferimento a chi soffre di «dolore minimo e non è comunque risolutivo in una dismenorrea patologica». Diversi studi hanno dimostrato, inoltre, come le endorfine, un gruppo di sostanze chimiche prodotte dal cervello rilasciate durante un rapporto sessuale, possano agire come una sorta di antidolorifico naturale.

È però essenziale ricordare che nonostante il flusso mestruale non si è esenti dalle gravidanze. Durante il flusso mestruale, infatti, una gravidanza è meno probabile, ma può succedere. Pontello infatti ricorda che «si può rimanere incinta durante la mestruazione, in quanto ogni giorno è potenzialmente fertile». Secondo la ginecologa i giorni più a rischio sono quelli verso la fine della mestruazione, perché lo spermatozoo vive fino a quattro giorni nelle vie genitali femminili e, se quel mese si verifica un’ovulazione anticipata, è possibile che lo spermatozoo fecondi la cellula uovo nonostante il rapporto non protetto sia avvenuto qualche giorno prima.

Peli pubici sì o no?
Tra le tante notizie false che continuano a circolare sul ciclo e sulle mestruazioni delle donne c’è quella secondo cui depilarsi sarebbe più igienico e garantirebbe una migliore pulizia dei genitali femminili durante le mestruazioni.

Anche in questo caso si tratta di una notizia su cui è necessario fare chiarezza. Molte persone si depilano pensando che senza peli l’igiene sarà maggiore: secondo una ricerca pubblicata nel 2016 sulla rivista Jama dermatology, ad esempio, negli Stati Uniti il 59 per cento delle donne che si depila il pube lo fa per motivi di igiene. In realtà è possibile affermare il contrario, perché i peli pubici hanno la funzione specifica di proteggere le parti più delicate da infezioni e sfregamenti. Inoltre il taglio dei peli potrebbe infiammare i follicoli, lasciando piccole ferite aperte e facilitando la proliferazione di batteri patogeni. Uno studio del 2016 ha dimostrato che le persone adulte di qualsiasi sesso che si depilano la zona intima hanno un rischio doppio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili (Ist).

Questo non significa che non è possibile depilarsi, ma che è necessario farlo in maniera consapevole, senza usare metodi troppo aggressivi e facendo attenzione a non trascurare eventuali lesioni o irritazioni.

Conclusione
In tutto il mondo e nel corso della storia idee sbagliate sulle mestruazioni hanno portato all’esclusione di donne e ragazze da numerosissimi ruoli e contesti, dalle posizioni di comando fino ai viaggi nello spazio.

L’istruzione e la consapevolezza svolgono, quindi, un ruolo chiave nella gestione della salute mestruale. Educando uomini e donne riguardo a questo tema è possibile superare false credenze e tabù, e garantire alle donne un miglior accesso ai propri diritti, rispettando la loro sensibilità e il controllo sulle proprie scelte e le proprie vite.

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