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Falsi miti su alluvioni e siccità

L’alluvione in Emilia-Romagna ha fatto riemergere false credenze in materia di clima e ambiente.

24 maggio 2023
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Le alluvioni che hanno colpito negli scorsi giorni l’Emilia-Romagna e le Marche hanno riportato d’attualità alcuni falsi miti sul meteo, sul clima e sull’ambiente. Secondo alcuni, per esempio, le forti piogge e gli allagamenti dimostrano che in Italia la siccità non esiste e non è un problema. La tesi è la seguente: durante un periodo di siccità non può piovere. Ma studi scientifici hanno da anni mostrato che le cose non stanno così.

Di che cosa stiamo parlando
Innanzitutto chiariamo che cosa si intende da un punto di vista scientifico con il fenomeno della siccità. Secondo l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), la siccità è una «condizione meteorologica naturale e temporanea in cui si manifesta una sensibile riduzione delle precipitazioni rispetto alle condizioni medie climatiche del luogo in esame».

In base alla durata e all’impatto sulle attività umane e sugli ecosistemi, esistono quattro categorie di siccità: meteorologica, idrologica, agricola e socio-economica. La prima, come accennato, indica una relativa diminuzione delle piogge nell’arco di qualche settimana o di un paio di mesi al massimo. La siccità idrologica fa riferimento a uno scarso apporto idrico nel suolo, nei corsi d’acqua, nei laghi o nelle falde acquifere. L’assenza prolungata di piogge e la scarsità di acqua nel suolo provocano, di conseguenza, la siccità a livello agricolo e quella a livello socio-economico.

Uno degli errori più comuni è pensare che la siccità implichi l’assenza totale di precipitazioni e di acqua nei fiumi e nei laghi. Per chi crede a questa teoria, in alcune zone d’Italia la siccità non ci sarebbe dal momento che nel mese di maggio ci sono state precipitazioni e forti alluvioni, come in Emilia-Romagna. Ma non è così.

L’emergenza idrica in Italia
Il 14 aprile 2023 il governo Meloni ha approvato un decreto-legge per contrastare la scarsità d’acqua e potenziare le infrastrutture idriche. Già a luglio 2022 il governo guidato da Mario Draghi aveva dichiarato lo stato di emergenza per la crisi idrica in cinque regioni (Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto), esteso poi dal governo Meloni ad altre cinque regioni (Umbria, Lazio, Liguria, Toscana e Marche) e prorogato fino al 31 dicembre 2023. «In Italia il fenomeno dell’emergenza idrica esiste da circa un anno e mezzo», ha spiegato a Facta.news Ramona Magno, ricercatrice dell’Istituto per la BioEconomia del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ibe) e coordinatrice scientifica del relativo Osservatorio siccità.

Le ragioni che hanno spinto il governo a dichiarare lo stato di emergenza sono molteplici. «Questo fenomeno deriva dalla concomitanza di fattori meteo climatici che si son andati a sommare nel tempo», ha precisato la ricercatrice, aggiungendo che tra questi fattori ci sono «piogge e precipitazioni al di sotto della media, temperature al di sopra della media, e due stagioni invernali consecutive con scarse precipitazioni nevose». La neve è particolarmente importante perché in primavera si fonde lentamente e alimenta con l’acqua i fiumi, i laghi e le falde sotterranee, costituendo così una riserva idrica disponibile nelle stagioni più calde. Negli ultimi anni il deficit di precipitazioni nevose non ha consentito il pieno raggiungimento di questo processo. Secondo i dati dell’Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima (Cnr-Isac), tutti i mesi del 2022, eccetto uno, hanno registrato precipitazioni sotto la media. Stessa cosa è successa per le temperature: dieci mesi su 12 hanno registrato anomalie positive, i mesi invernali sono stati miti, mentre quelli estivi molto caldi. Per l’Italia il 2022 è stato infatti l’anno più caldo e siccitoso dal 1800, periodo da cui si parte a far misure dirette di temperatura e pioggia.

Il basso livello dei laghi e dei fiumi nel Nord Italia è uno degli indicatori utili a capire come il Paese stia continuando ad avere un problema a livello di siccità, anche se come abbiamo spiegato in passato non sono un fattore che da solo può determinare o meno il livello di siccità. Nel 2022 il Paese ha chiuso l’anno in deficit idrico, esponendo il 38 per cento della popolazione a siccità severo-estrema, e causando una forte riduzione, pari al 40 per cento, nella produzione di energia idroelettrica. Questo deficit non si è ancora risolto: fino ad aprile 2023, infatti, il livello dei grandi laghi e dei fiumi nel Nord-ovest era abbastanza preoccupante, in particolare per il lago di Garda, come riportato dal bollettino mensile dell’Osservatorio siccità.

Siccità e alluvioni: due fenomeni collegati?
Tra fine aprile e metà maggio ci sono state precipitazioni più o meno diffuse nelle regioni del Centro e del Nord Italia. Alcuni di questi fenomeni sono stati caratterizzati da rovesci di forte intensità, grandine e forti raffiche di vento e, per questo motivo, la Protezione Civile ha dichiarato l’allerta in varie località interessate. L’alluvione in Emilia-Romagna del 16 e 17 maggio 2023 rientra tra queste.

Stefano Mariani, ricercatore di Ispra, ha spiegato a Facta.news che l’alluvione, come conseguenza di un eccesso di piogge, è un fenomeno naturale e non ha stretta connessione con lo stato di siccità in cui si trova il Paese. «Il primo errore da evitare è pensare che, siccome c’è la siccità, ossia un deficit di precipitazione, allora ci sarà per forza un’alluvione. Questi due fenomeni, alluvione e siccità, sono due aspetti naturali della variabilità del ciclo idrologico, ma non sono collegati necessariamente tra di loro». Il cambiamento climatico ha sicuramente giocato un ruolo importante, andando a impattare sul ciclo idrologico e i suoi estremi. Secondo Ramona Magno, «il riscaldamento globale accelera il ciclo dell’acqua, cioè il processo di evaporazione, condensazione e precipitazione, e così facendo acuisce questi eventi di evaporazione e precipitazione». Di conseguenza «questi due fenomeni estremi sono più frequenti, si manifestano in maniera più persistente e prolungata, come nel caso della siccità, e più concentrata nello spazio e nel tempo, come nel caso delle alluvioni». Dunque alluvione e siccità sono un fenomeno naturale del ciclo dell’acqua e sono sempre esistiti, ma il cambiamento climatico ha aumentato la loro frequenza.

Considerando che l’alluvione è un surplus di precipitazioni, verrebbe da pensare che riesce a risanare la siccità. Ma il collegamento non è così diretto e immediato. «Le piogge di inizio maggio, laddove non sono state estreme, hanno fatto sì che ci fosse una lenta risalita dei livelli d’acqua, ma i valori sono comunque inferiori alla media. Il deficit idrico accumulato non verrà recuperato del tutto con queste piogge», ha illustrato Magno. I periodi di siccità causati da condizioni climatiche di lungo periodo, infatti, non si risolvono con qualche giorno di pioggia. Le falde sotterranee rispetto ai fiumi e ai laghi richiedono più tempo, addirittura mesi, per recuperare il contenuto idrico che hanno perso. Inoltre la ricercatrice ha precisato che «in Emilia-Romagna, per esempio, le piogge di inizio maggio sono cadute su un territorio martoriato dalla siccità, cioè un suolo secco e compatto, quindi il quantitativo di acqua in parte è stato perso, non si è assorbito».

Il caso dell’Emilia-Romagna
I danni che la Regione Emilia-Romagna ha subìto non sono stati causati dall’evento meteorologico in sé, ma da una concomitanza di fattori. Innanzitutto va considerato che le piogge sono state molto persistenti e che si sono concentrate in un breve lasso di tempo. Come spiegato precedentemente, questa dinamica va collegata al cambiamento climatico. «Nel giro di 36-48 ore sono caduti all’incirca 300 millimetri di pioggia, che è un valore importante per una regione come l’Emilia-Romagna, che in un anno vede cadere mediamente circa 888,5 millimetri di pioggia», ha specificato Mariani. Inoltre la saturazione del territorio dovuta alle forti piogge di inizio mese ha aggravato l’impatto delle precipitazioni. «L’acqua che precipita normalmente si divide in deflusso superficiale e infiltrazione. Nel momento in cui il terreno è già saturo di acqua, c’è stata meno componente che è andata a infiltrarsi, quindi è aumentata la quota di deflusso superficiale», ha concluso il ricercatore. Infine anche lo stato dei corsi d’acqua, stretti e arginati, ha aggravato la situazione, causando un’onda di piena maggiore rispetto a quella che si sarebbe verificata con lo stesso quantitativo di acqua su un altro territorio.

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