Nella seconda metà di febbraio 2023 è tornata a circolare l’immagine di un vecchio titolo della testata Trapani Nuova risalente al 26 giugno 1962, nel quale si legge: “Nel 2000 i telefoni faranno tutto loro”. Questo è accompagnato dal sommario: «Leggeremo i giornali attraverso la rete telefonica e potremo anche servircene per le operazioni di banca».
Il ritaglio circola almeno dal 2017, quando era stato presentato su Facebook come «un articolo del 1962» che «previde Internet», e nel tempo ha raccolto un grande successo di pubblico, sia sui social media che sulle testate giornalistiche, sintomo di una fascinazione per tutto ciò che sembra poter prevedere il futuro.
Ma da dove arriva il titolo fortunato? E come ha fatto il suo autore a immaginare l’avvento di Internet con un margine d’errore tanto ristretto? Per scoprirlo dobbiamo fare un passo indietro, fino agli anni Sessanta del secolo scorso.
La previsione di Trapani Nuova
Trapani Nuova è stato un settimanale locale fondato nel 1959 dal politico trapanese Antonio Montanti, oggi non più attivo ma conosciuto sui social media principalmente grazie al titolo “Nel 2000 i telefoni faranno tutto loro”, effettivamente pubblicato il 26 giugno 1962, come si può verificare consultando la copia integrale del giornale disponibile online.
L’articolo si trova a pagina 3 e contiene la descrizione sommaria di una tecnologia in grado di connettere le persone attraverso la linea telefonica e di facilitare le loro vite in ambito lavorativo e nel tempo libero. L’incipit dell’articolo fa riferimento a un’intervista radiofonica rilasciata alla CBS da tre dirigenti della American Telephone and Telegraph Company (AT&T), ovvero gli ingegneri J.H. Felker e C.M. Mapes e il dottor. H.M. Boettinger, che avevano «azzardato alcune previsioni sull’evoluzione della telefonia verso il 2000».
I tre esperti avevano suggerito che, attorno all’inizio del XXI secolo, «i giornali del mattino» sarebbero stati «diffusi direttamente in fac-simile attraverso la rete telefonica» e che «apparecchi televisivi a circuito chiuso» sarebbero stati «allacciati con la rete telefonica» per diffondere nelle case «lezioni scolastiche, conferenze con proiezioni e visite ai musei». Quella descritta è insomma una tecnologia che permette lo scambio di immagini attraverso la linea telefonica, a metà strada tra il fax e una rudimentale versione della rete internet.
Uno sguardo al passato
A una prima occhiata la previsione degli impiegati di AT&T appare piuttosto sorprendente, ma basta uno sguardo più attento per contestualizzare meglio lo stato della tecnologia nel 1962 e ridimensionare la portata della previsione. Il riferimento alla diffusione dei quotidiani attraverso la linea telefonica, che più avanti nel testo sarebbero stati definiti «giornali telefotografici», è un’esigenza molto simile a quella che nel 1966 avrebbe portato Xerox a commercializzare il Magnafax, la prima macchina da ufficio in grado di convertire immagini e documenti in impulsi telefonici, che sarebbero stati poi stampati da un’altra postazione.
L’intuizione di un sistema di comunicazione in grado di sfruttare la linea telefonica per connettere dispositivi lontani è certamente notevole per il 1962, ma non esattamente una “profezia” per tre ingegneri impiegati nel campo delle telecomunicazioni. A tal proposito vale la pena di sottolineare che l’idea di una rete di computer connessi tra loro attraverso un collegamento telefonico risale al 1967, anno in cui fu avviato il progetto che due anni più tardi avrebbe portato alla prima trasmissione di Arpanet (Advanced research projects agency network), l’antenata della rete Internet che oggi conosciamo.
Ci piace credere alle profezie
Alla base della fascinazione umana per le profezie c’è l’illusione che sia possibile trascendere la dimensione temporale dell’esistenza e dare un’occhiata a che cosa ci prospetta il futuro. Una tentazione che nel tempo è stata codificata anche nella credenza secondo cui la posizione dei corpi celesti possa influenzare gli eventi umani, cioè l’astrologia, o sfruttando l’interpretazione di alcuni testi antichi, come nel caso della vasta produzione che circonda Nostradamus.
In entrambi i casi, quelle che ci appaiono come “previsioni” o “profezie” non sono altro che il frutto di pregiudizi cognitivi, ovvero quei meccanismi che influenzano inconsapevolmente il nostro pensiero e producono valutazioni distorte sul mondo che ci circonda. Gli oroscopi si servono ad esempio del cosiddetto “effetto Barnum”, un fenomeno che porta gli individui a immedesimarsi in una descrizione volutamente generica, nonostante questa sia potenzialmente applicabile a chiunque o a una larga varietà di situazioni.
Come avevamo già spiegato in passato, invece, le presunte profezie dello scrittore francese Nostradamus sfruttano il meccanismo della chiaroveggenza retroattiva, che consiste nell’interpretazione a posteriori di un testo (quartine in rima, nel caso di Nostradamus) talmente ambigue da confermare ogni possibile lettura.
Il titolo di Trapani Nuova ci pone di fronte a numerosi errori cognitivi, come la cosiddetta fallacia del cecchino texano, che ci porta a ignorare le differenze nella descrizione e ad accentuare le similitudini tra quel testo e la nostra esperienza della rete Internet, o il bias di risultato, che porta a rileggere il passato sulla base di conoscenze acquisite in momenti successivi.
Alla base di entrambe le distorsioni c’è però il caro vecchio bias di conferma, che ci spinge a selezionare le informazioni a nostra disposizione prediligendo quelle in grado di confermare le nostre convinzioni o le nostre speranze: in questo caso il bisogno di pensare che qualcuno, da qualche parte, sia stato in grado di prevedere un pezzo delle nostre vite e che il futuro sia in qualche misura controllabile.