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Come le teorie cospirazioniste sui “lockdown climatici” prendono di mira le politiche per il clima

L’analisi di Edmo sulla disinformazione che immagina il cambiamento climatico come pretesto per imporre restrizioni alla libertà di movimento

21 luglio 2023
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Un’analisi della rete di fact-checking EDMO. Organizzazioni che hanno contribuito a questa analisi: Science Feedback, AFP, Delfi, Demagog, DPA, DW, Factual.ro, Maldita.es, Newtral, Pagella Politica/Facta news, Re:Baltica, The Journal – FactChecking, Verificat.

Questa è una versione ridotta dell’articolo originale di Science Feedback – che contiene un’analisi approfondita dei principali promotori di questa narrazione in inglese, francese, tedesco e spagnolo, oltre ai dettagli della metodologia utilizzata – che potete leggere qui.

Agli albori della pandemia di Covid-19, molto prima che fossero disponibili i vaccini, diversi Paesi hanno imposto restrizioni agli spostamenti delle persone per frenare la diffusione del virus. Queste misure, chiamate “lockdown”, hanno salvato molte vite umane, riducendo le interazioni fisiche tra persone infette e non infette. Ridurre i contatti ha ostacolato la trasmissione del virus e quindi il numero di persone contagiate [1-2]. Nonostante la loro iniziale efficacia nel limitare la diffusione della malattia, però, queste contromisure hanno incontrato resistenze e suscitato reazioni contrarie. I lockdown sono stati anche oggetto di teorie cospirazioniste, in base alle quali il loro scopo sarebbe stato rendere i cittadini dei vari Paesi controllabili da presunte “élite globali” intenzionate ad assoggettare le popolazioni.

Con l’affievolirsi dell’emergenza sanitaria, è emersa una nuova narrativa di disinformazione sui lockdown, che li collega alle politiche contro il cambiamento climatico. Questa narrazione di disinformazione sui presunti “lockdown climatici” promuove l’idea che i governi e/o alcune “élite” starebbero usando il cambiamento climatico come un pretesto per  imporre nuove restrizioni alla libertà di movimento delle persone. Questi messaggi di solito comunicano al loro pubblico che le politiche di contrasto al cambiamento climatico rappresentano una violazione intollerabile della loro libertà.

L’Institute for Strategic Dialogue (ISD) ha pubblicato un report dettagliato sulla comparsa di questa narrativa. L’ISD ha spiegato che inizialmente, negli ultimi mesi del 2020, «i continui sforzi dei negazionisti del cambiamento climatico per diffondere il concetto dei “lockdown climatici” non sono riusciti a fare presa».

La narrativa ha iniziato a ottenere una maggiore risonanza nel 2021, anche grazie ad alcuni titoli mal formulati di autorevoli testate. Come una titolazione sul Guardian, ad esempio, che suggeriva la necessità di lockdown globali per ridurre l’inquinamento, come avvenuto durante la pandemia, e rispettare i limiti alle emissioni di CO2 stabiliti dagli accordi internazionali (figura 1). Questo e altri articoli del World Economic Forum (WEF) o del Time Magazine sono stati usati dai negazionisti della questione climatica per sostenere che i “lockdown climatici” siano un pericolo reale.

Figura 1Il titolo originale dell’articolo del Guardian del 3 marzo 2021, prima che fosse rivisitato quello stesso giorno. 

Le menzioni di presunti “lockdown climatici” si sono moltiplicate e hanno raggiunto livelli record sui media e i social network nel 2022, quando è emersa una polemica su alcune misure di progettazione urbanistica previste dalla città di Oxford per ridurre il traffico e implementare il concetto di “Città di 15 minuti”. Nonostante questo concetto di architettura urbana si basi sull’idea di avere tutti i servizi necessari nel raggio di 15 minuti a piedi o in bici, è stato travisato da chi promuove la narrativa dei lockdown climatici e presentato come una misura per confinare le persone nei propri quartieri (figura 2).

In un report del 2023, la coalizione Climate Action Against Disinformation (CAAD) ha osservato che «Il termine in sé è probabilmente più neutro di “lockdown climatico”. Questo gli permette di fare presa con più facilità e gli dona maggiore capacità di penetrazione, anche al di là di comunità online di nicchia o concentrate su un tema specifico». Il report sostiene che il concetto di “Città di 15 minuti” ha trasformato la narrativa dei “lockdown climatici” in «una nuova teoria cospirazionista, ma notevolmente più mainstream».

Figura 2 – Screenshot di un tweet di Simon Goddek datato febbraio 2023

Nell’ambito della polemica di Oxford, queste narrative online hanno avuto conseguenze sulla vita quotidiana della città. Sono arrivate minacce di morte alle autorità locali e migliaia di persone hanno preso parte a manifestazioni di protesta, con cartelli che ripetevano le affermazioni circolate online.

I fact-checker si sono occupati delle affermazioni sui “lockdown climatici” in Europa
In tutta Europa sono apparsi migliaia di post sui social media che sostenevano che Oxford stesse pianificando un “lockdown climatico” per il 2024. In Croazia, Germania, Francia e Polonia, i fact-checker hanno individuato post che ingannavano gli utenti mostrando citazioni incomplete e informazioni false sulle decisioni prese dalle autorità locali di Oxford.

I fact-checker hanno spiegato che, tra le misure attuate dal consiglio comunale di Oxford e quello della contea dell’Oxfordshire, solo una si riferisce al 2024 e nessuna può essere definita come “lockdown”. In realtà, la misura riferita al 2024 è stata adottata con una decisione del consiglio della contea dell’Oxfordshire e prevede alcune limitazioni al traffico (chiamate “traffic filters”) su sei strade, per evitare code e congestioni nelle ore di punta.

Chi ha diffuso disinformazione sul tema ha affermato che il consiglio comunale avesse pianificato di confinare e controllare i residenti. Per sfatare queste affermazioni infondate, i fact-checker hanno fornito ai lettori alcune informazioni offerte dal sito web del consiglio della contea, dove si legge che i principali obiettivi sono ridurre gli ingorghi del traffico, velocizzare le tratte degli autobus e rendere più sicuro camminare e andare in bicicletta.

Alcuni post sui social media hanno diffuso l’idea che i residenti di Oxford non avrebbero più potuto muoversi liberamente e sarebbero stati multati per via dei limiti al traffico, se avessero attraversato la città. I fact-checker di Agence France Presse, Deutsche Presse-Agentur e Delfi hanno dimostrato che i “traffic filters” sono solo delle videocamere in grado di leggere le targhe delle auto. Se i residenti passano attraverso i relativi varchi a determinate ore del giorno, riceveranno una multa per posta. Ai cittadini quindi non sarà impedito di recarsi in alcuna destinazione. Durante le ore di attività dei “traffic filters”, i veicoli privati dovranno prendere strade diverse da quelle interessate dalle limitazioni, ma la città resterà accessibile alle macchine.

Il secondo provvedimento del consiglio comunale di Oxford che ha scatenato la disinformazione sui social media è stato una proposta di puntare alla realizzazione di “quartieri di 15 minuti” nella sua programmazione per il 2040. I fact- checker hanno sottolineato che si tratta di misura diversa dalle limitazioni al traffico e che al momento è solo una proposta. I fact-checker di Deutsche Welle, Verificat, Factual e Maldita hanno verificato le dichiarazioni secondo le quali la proposta confinerebbe i cittadini in sei distretti, per controllare la loro vita quotidiana.

In realtà, il concetto non include nessun confine o interdizione al traffico tra i quartieri. Non è ipotizzata nessuna barriera fisica o teorica, e nemmeno limiti per spostamenti superiori ai 15 minuti. Come hanno spiegato le autorità di Oxford in una dichiarazione ufficiale, l’obiettivo principale è fornire più servizi nelle immediate vicinanze, al fine di ridurre gli spostamenti lunghi, che in molti casi non sarebbero più strettamente necessari. I fact checker hanno raccolto informazioni di prima mano intervistando professori di diritto, esperti di urbanistica e autorità di Oxford, che hanno confermato come le affermazioni online fossero ingannevoli.

«Nessun governo, di qualunque colore politico, può obbligare i cittadini a non uscire o entrare in qualche parte del territorio nazionale [in Spagna]», ha detto a Verificat Ignacio Álvarez Rodríguez, un esperto di diritto costituzionale e professore all’Università Complutense di Madrid.

In seguito sono comparsi altri annunci simili, come quello che sosteneva che la “Città di 15 minuti” includesse limiti e sanzioni per gli acquisti di carne e prodotti caseari. Questa affermazione era basata sul video di un negozio di Walmart fornito di telecamere, che si presumeva fossero usate per monitorare gli acquisti di questi prodotti da parte dei clienti. In Irlanda, i fact-checker di The Journal hanno spiegato che il video utilizzato in realtà mostra il monitoraggio delle scorte dei prodotti sugli scaffali e che il concetto della Città di 15 minuti non prevede in nessun modo monitoraggi o limitazioni a cosa la gente acquista.

Contemporaneamente, anche in Spagna si sono diffuse affermazioni secondo cui l’Unione europea starebbe pianificando lockdown climatici, il che ha spinto i fact-checker di Maldita ad approfondire la questione. Sull’account Twitter di una testata chiamata “El Puntual 24H” si sosteneva che l’Ue avesse già preso in considerazione i lockdown climatici come una sanzione per gli Stati membri che non rispettano i limiti di inquinamento, portando a sostegno di questa tesi una sanzione della Corte di giustizia europea datata 2018.

Maldita ha esaminato la sanzione e scoperto questa non era affatto collegata a presunti lockdown climatici. E ricerche più approfondite hanno rivelato che di simili disposizioni non c’è traccia in nessun provvedimento Ue, al contrario di quanto sostenuto online. L’Ue non ha mai preso in considerazione “lockdown climatici”, come ha confermato la Commissione europea a Maldita.

Le teorie sui “lockdown climatici” nelle dinamiche dei social media
Per capire come la narrativa di disinformazione si è diffusa in Europa, abbiamo analizzato post e video su Twitter, Facebook e YouTube, che menzionano le parole chiave associate al filone narrativo in diverse lingue.

Figura 3Numero totale di tweet, post Facebook e video YouTube contenenti le parole chiave della narrativa sui “lockdown climatici”

La nostra analisi rivela che prima di agosto 2022, il numero dei post sui social media riferito ai “lockdown climatici” è rimasto relativamente basso (figura 3). Il primo aumento notevole nel numero di questi contenuti è avvenuto proprio ad agosto 2022 e ha riguardato affermazioni che collegavano il cambiamento climatico alla teoria cospirazionista del Grande Reset.

Da allora la narrativa è apparsa ogni giorno nei tweet, acquisendo sempre più slancio fino a dicembre 2022. Durante quel mese c’è stata un’impennata di post e video contenenti le parole chiave sui “lockdown climatici”, in relazione agli annunci sui progetti urbanistici della città di Oxford descritti in precedenza. Un tweet rappresentativo dei vari contenuti condivisi durante questa ondata è stato condiviso il 4 dicembre 2022 da un account con più di centomila follower.

Figura 4 Screenshot del tweet del 4 dicembre 2022

In questo tweet è inserito un link che porta a un articolo di Watts Up With That, un blog negazionista del cambiamento climatico che pubblica regolarmente disinformazione. Questo dimostra come la narrativa ha raggiunto il tradizionale ecosistema digitale dei negazionisti climatici, dopo essere stata inizialmente diffusa da soggetti focalizzati sul Covid-19. La stessa tendenza appare su tutte e tre le piattaforme analizzate. A partire da dicembre 2022, la narrativa è rimasta presente in un numero più alto di post, soprattutto su Twitter (figura 3).

Su YouTube, i maggiori promotori hanno raggiunto un pubblico vasto e i loro video che diffondono queste false teorie in inglese sono stati visti centinaia di migliaia di volte, in media. Questi video spesso menzionano articoli e teorie cospirazioniste prese da altre piattaforme social, a riprova del fatto che la disinformazione su una piattaforma alimenta la diffusione di contenuti falsi o ingannevoli anche sulle altre. «La maggior parte dei video li abbiamo trovati diffusi anche su TikTok: in diverse lingue e con narrative simili» spiega Rachel Baig, redattrice scientifica di Deutsche Welle (DW), in un’email a Science Feedback.

(…)

Potenziali nuove campagne di disinformazione sui “lockdown climatici”

Affermazioni e teorie che rappresentano misure di contrasto al cambiamento climatico come “lockdown climatici” sono apparse in tutta Europa. Il divieto di alcuni voli a corto raggio in Francia, le restrizioni al riscaldamento domestico in Italia durante l’inverno 2022, gli obiettivi di consumo energetico dell’Ue per gli Stati membri e il piano di Canterbury di ridurre l’uso dell’auto sono stati tutti presentati come tentativi di imporre “lockdown climatici”.

La maggior parte delle nuove rivendicazioni di presunti “lockdown climatici” individuate nel 2023 provengono da utenti abituali dei social network che non sono riusciti a fare abbastanza presa per scatenare una polemica simile a quella di Oxford. Tuttavia, i social media hanno dimostrato di avere il potenziale per amplificare questi argomenti ingannevoli.

I nostri dati infatti mostrano che i post dei principali promotori delle teorie sui “lockdown climatici” sono stati condivisi tre volte di più rispetto a quelli dei politici su Facebook, quando provengono da semplici account sui social network. E i video di questi account costituiscono l’82 per cento di tutte le visualizzazioni dei principali promotori su YouTube.

Il crescente numero di misure tese a limitare l’inquinamento da gas serra che ci si può aspettare per il futuro rappresenterà senza dubbio un’opportunità per nuovi travisamenti e strumentalizzazioni. Scrittori, redattori e giornalisti dovrebbero essere consapevoli di queste tecniche di manipolazione quando trattano le conseguenze delle restrizioni dovute alla pandemia di Covid-19 o future politiche di contrasto al cambiamento climatico. Bisogna tenere in considerazione che alcuni agenti della disinformazione sono alla ricerca di qualsiasi appiglio o supposta “prova” per generare indignazione in risposta a presunti “lockdown climatici”.

Charles Terroille, giornalista di Science Feedback

Charlotte Samson, data scientist di Science Feedback

RIFERIMENTI

  1. Megarbane e altri (2021) Is Lockdown effective in limiting SARS-CoV-2 epidemic progression?—a cross-country comparative evaluation using epidemiokinetic tools. Journal of General Internal Medicine.
  2. Flaxman e altri (2020) Estimating the effects of non-pharmaceutical interventions on COVID-19 in Europe. Nature.
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