Gli attivisti di Ultima Generazione che bloccano il traffico per protesta stanno commettendo un reato? - Facta
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Gli attivisti di Ultima Generazione che bloccano il traffico per protesta stanno commettendo un reato?

Di Francesca Capoccia

Nella mattinata del 20 settembre, alcune attiviste del movimento ambientalista Ultima Generazione hanno bloccato il traffico in viale Fulvio Testi a Milano, direzione centro città. Sei militanti si sono sedute in mezzo alla carreggiata, legandosi tra loro con una catena e tenendo in mano uno striscione che recitava: «Fondo Riparazione». La protesta si inserisce in una serie di azioni simili avvenute in altre città d’Italia che mirano a chiedere allo Stato italiano un fondo da 20 miliardi di euro «per riparare i danni subiti dai cittadini a causa degli eventi meteorologici estremi (alluvioni, grandinate, incendi, siccità e così via) dovuti allo stravolgimento climatico provocato dall’uso dei combustibili fossili». 

In genere questo tipo di proteste scatenano negli automobilisti sentimenti di rabbia e accanimento verso gli attivisti di Ultima Generazione. In questi casi le forze dell’ordine vengono chiamate a intervenire sul luogo della manifestazione e spostare gli attivisti dalla strada per motivi di ordine pubblico o perché si presume stiano commettendo un reato, ad esempio quello di «violenza privata», evocato da un poliziotto intervenuto a fermare la protesta del 20 settembre a Milano. 

Le manifestazioni di Ultima Generazione sono molto discusse anche sui social network, dove molti utenti esprimono non solo il loro disaccordo di fronte a questo genere di protesta, ma puntualizzano come le persone che bloccano le strade dovrebbero «andare in galera». Il quotidiano Libero ha addirittura lanciato un sondaggio in merito intitolato: «Ultima generazione, giusto mandare in galera chi blocca le strade?». 

Sondaggio di Libero. Screenshot effettuato il 3 ottobre 2023 dalla redazione di Facta.news

Blocco stradale e violenza privata
Bloccare la strada per protesta è dunque un reato? Per capire meglio la questione, Facta.news ha contattato Paola Bevere, avvocata specializzata in diritto penale e in reati stradali. L’esperta ha spiegato che bloccare la libera circolazione stradale con il proprio corpo è un illecito amministrativo, ovvero viene violata una norma giuridica per cui è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria. In altre parole, «se i manifestanti sono meramente seduti sulla strada», ha sottolineato Bevere, stanno commettendo un illecito amministrativo, e dovranno pagare una multa, ma non possono essere arrestati per questo comportamento. 

L’illecito del blocco stradale, infatti, è regolato dall’articolo 1 bis del decreto legislativo numero 166 del 22 gennaio 1948 (modificato dal decreto legge numero 113 del 2018), e come sanzione è previsto il pagamento di una somma che va da mille a 4mila euro, valida non solo per chi è fisicamente presente a bloccare la strada, ma anche per chi promuove e organizza la manifestazione. Secondo la normativa, il reato interviene qualora il blocco stradale sia avvenuto grazie all’uso di «congegni o altri oggetti di qualsiasi specie», fattispecie punibile con la reclusione in carcere fino a 6 anni.

Per ragioni di ordine e di sicurezza, ha spiegato Bevere, la polizia giudiziaria «può intervenire e intimare alle persone di spostarsi dalla strada», facendo sì che il traffico stradale non sia più ostruito e la libera circolazione possa essere ripristinata.

Qualora i manifestanti protestassero non solo bloccando la carreggiata con il proprio corpo, ma tenendo comportamenti violenti e intimidatori, allora scatterebbe il reato violenza privata. L’avvocata ha chiarito come, ad esempio, «se si intimano gli agenti con fare minaccioso di andare via, o se si intimano i passanti a non andare oltre, allora si parla di violenza privata». Questo reato è previsto dall’articolo 610 del codice penale, che recita: «chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a quattro anni». La Corte di Cassazione, cioè l’organo al vertice del sistema giudiziario italiano, con la sentenza numero 21228 del 2001 ha infatti riconosciuto il reato di violenza privata nella persona che, oltre a ingombrare o ostruire una strada, assume comportamenti intimidatori nei confronti di altre persone.

Se la polizia ritiene che sia stato commesso un reato deve intervenire per fermare la situazione, identificare i presunti autori del reato e segnalarli poi al pubblico ministero, come previsto dall’articolo 55 del codice di procedura penale. Questo avrà il compito di valutare se è stato effettivamente commesso un reato oppure no. Nel caso specifico della protesta avvenuta il 20 settembre a Milano, gli agenti delle forze dell’ordine sono intervenuti e hanno portato in questura le militanti di Ultima Generazione perché ritenevano che stessero commettendo un reato, appunto quello di violenza privata. 

Ulteriore ipotesi di reato
Ricapitolando, chi blocca la libera circolazione stradale tramite il proprio corpo può essere accusato di aver commesso l’illecito amministrativo del blocco stradale e dunque, se ritenuto responsabile, dovrà pagare una multa fino a 4mila euro. Nel caso in cui gli attivisti assumano comportamenti violenti, allora potranno essere accusati di aver commesso un vero e proprio reato, quello di violenza privata, punibile con la reclusione in carcere.

Oltre al reato di violenza privata, che abbiamo menzionato, si possono verificare ulteriori situazioni in cui gli attivisti potrebbero finire in carcere. 

Un’altra ipotesi di reato imputabile a chi blocca la strada, ha spiegato Bevere, riguarda l’interruzione di un pubblico servizio, ovvero un servizio di interesse collettivo erogato dagli enti pubblici. Questo significa che, come stabilito nella sentenza numero 5463 del 28 ottobre 2020 della Corte di Cassazione, chiunque occupi in gruppo, e per un periodo di tempo prolungato, un intero tratto autostradale, allora potrà essere accusato di aver commesso un reato, e non l’illecito amministrativo di blocco stradale. La Corte ha motivato la sua sentenza spiegando che quando si blocca un’autostrada non viene semplicemente modificato il regolare funzionamento del servizio pubblico, ovvero la circolazione autostradale, ma che questo viene completamente impedito. 

Nel caso in cui manifestanti siano accusati di aver commesso un reato, esistono delle scriminanti che escludono la sua configurabilità, ovvero delle circostanze e delle situazioni che giustificano l’atto compiuto. Le scriminanti, infatti, sono riconosciute dal codice penale e permettono alla persona accusata di aver commesso un reato di non essere punita. Tra queste rientrano ad esempio la legittima difesa, o lo stato di necessità

«Si sta teorizzando la scriminante dello stato di necessità, secondo la quale l’umanità e il pianeta Terra sono in pericolo», ha spiegato l’avvocata Bevere, «e quindi la manifestazione non violenta del pensiero può comunque essere scriminata in virtù di questo messaggio che si vuole portare all’attenzione dell’opinione pubblica». Ad oggi, però, ha specificato Bevere, non ci sono state sentenze italiane in questo senso, e il diritto alla manifestazione del pensiero, riconosciuto dall’articolo 21 della Costituzione italiana, non giustifica gli eventuali reati commessi da chi blocca un tratto stradale per protesta. 

Photo Credit: Ultima Generazione

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