Elon Musk è diventato il megafono di Trump e dell’estrema destra globale - Facta
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Elon Musk è diventato il megafono di Trump e dell’estrema destra globale

Di Leonardo Bianchi

Nelle ultime settimane Elon Musk è comparso piuttosto spesso nelle cronache internazionali, e sempre per motivi legati a posizione politiche estreme e controverse espresse su X.

Tra le varie cose, l’imprenditore sudafricano ha promosso in un tweet (poi cancellato) l’intervista del giornalista ultraconservatore Tucker Carlson al podcaster e storico Darryl Cooper, in cui quest’ultimo sosteneva che il vero «cattivo» della Seconda guerra mondiale è stato Winston Churchill – e non Adolf Hitler – minimizzando anche la portata della Shoah.

Non è la prima volta che Cooper rilancia opinioni del genere: in un tweet dello scorso luglio aveva affiancato una foto di Hitler di fronte alla Tour Eiffel durante l’occupazione nazista della Francia a un’immagine della cerimonia di apertura delle Olimpiadi del 2024, scrivendo che la foto con Hitler è «infinitamente meglio sotto ogni possibile aspetto rispetto alla seconda foto».

Il 2 settembre Musk ha poi rilanciato una teoria misogina e sessista da 4chan, l’imageboard che ha generato diverse sottoculture online estremiste come l’alt-right o il movimento complottista di QAnon. Il post in questione argomenta che le donne e gli «uomini con un basso livello di testosterone» non avrebbero capacità di pensiero, e che dunque dovrebbero governare solo gli «uomini con un alto livello di testosterone».

In Brasile, invece, la Corte Suprema ha ordinato l’oscuramento di X nel Paese (che contava più di 20 milioni di utenti) perché Musk si è rifiutato di bloccare decine di account di sostenitori dell’ex presidente Jair Bolsonaro, ritenuti responsabili di aver diffuso notizie false e di aver istigato l’assalto al Parlamento e altri edifici governativi brasiliani nel gennaio del 2023.

Il proprietario di X ha descritto l’ordine della magistratura brasiliana come un tentativo di censurare le voci dei conservatori e più in generale di attaccare la libertà d’espressione, accusando il giudice Alexandre de Moraes – colui che ha disposto la sospensione – di essere un «dittatore travestito da giudice» e il «Voldemort brasiliano».

E ancora: sempre negli ultimi giorni, Musk ha pubblicato sul suo profilo un’illustrazione di Kamala Harris in cui la candidata democratica indossa una divisa in stile comunista e un cappello con la falce e il martello. L’immagine – che viola le stesse linee guida di X – è stata generata con l’intelligenza artificiale Grok, riservata agli utenti paganti con la spunta blu e già al centro di svariate polemiche per la pressoché totale assenza di paletti.

A tutto ciò si aggiunge poi il sostegno pubblico ed esplicito a Donald Trump, con il quale ha conversato a lungo in una recente diretta audio segnata da problemi tecnici e dichiarazioni discutibili. Tra le varie, i due hanno detto che un bombardamento nucleare alla fine non è poi così «terribile», visto che Hiroshima e Nagasaki ora sono città del tutto funzionali.

L’inarrestabile radicalizzazione di Elon Musk
Questi sono solo alcuni esempi di una radicalizzazione politica che sembra ormai inarrestabile e sempre più convulsa, ma che per certi versi non era affatto scontata.

Secondo una lunga inchiesta di Ronan Farrow apparsa nell’agosto del 2023 sul New Yorker, fino a qualche anno Musk non parlava praticamente mai di politica. Lo dimostra anche un’analisi del suo feed Twitter realizzata dal Wall Street Journal: nel 2021 la quota dei post politici era ferma ad appena il 2 per cento. Due anni dopo, quella percentuale è schizzata al 17 per cento.

Stando alla ricostruzione di Farrow, tutto è cambiato con la pandemia di Covid-19: l’iniziale opposizione ai lockdown e alle restrizioni sanitarie di Musk è sfociata in una più ampia opposizione alle politiche cosiddette “woke” (un termine usato in maniera dispregiativa per squalificare le cause progressiste), e via via in un deciso allineamento alle posizioni della destra statunitense – anche estrema.

Per giustificare questa svolta, Musk ha più volte detto di essere un «liberale» sui temi sociali e un «centrista» a livello generale. Non è tanto lui a essere cambiato, argomenta Musk, ma il Partito Democratico a essersi spostato troppo a sinistra, al punto tale da spingerlo a destra dello spettro politico.

In realtà, non è così: nel senso che è proprio Musk a essersi spostato a destra. La stessa acquisizione di Twitter, stando alla biografia autorizzata di Walter Isaacson, è stata dettata da un obiettivo ideologico ben preciso: fermare il «virus woke» che ha «infettato» la mente della figlia transgender Jenna (che ha tagliato ogni rapporto col padre) e rischia di «infettare» l’intera società.

E in effetti, nonostante le promesse iniziali di Musk di garantire l’imparzialità e la neutralità politica di Twitter, la piattaforma è andata in una sola direzione. Oltre ad aver decimato le risorse interne dedicate alla moderazione dei contenuti, Musk ha personalmente deciso di ripristinare centinaia di account che erano stati sospesi per aver promosso discorsi d’odio – tra cui quello di Donald Trump, di neonazisti come Andrew Anglin, di estremisti di destra e di complottisti vari, su tutti Alex Jones di InfoWars.

Con questa mossa, ha detto Imran Ahmed del Center for Countering Digital Hate (Ccdh), «Musk ha accesso il Bat-segnale per tutti i razzisti, i misogini e gli omofobi, che si sono comportati di conseguenza».

Invece di arginare il problema, segnalato da diversi rapporti, il proprietario di X l’ha reso strutturale: nel senso che è diventato il principale amplificatore di bufale razziste, notizie false, disinformazione transfobica e teorie del complotto recuperate dai recessi più oscuri di Internet.

Fare una lista richiederebbe davvero troppo spazio; del resto, come aveva scritto il giornalista della BBC Shayan Sardarizadeh, «se si vuole conoscere l’ultima teoria del complotto in voga al momento basta guardare le risposte di Musk».

Una macchina propagandistica al servizio di Donald Trump e dell’estrema destra globale
A quasi due anni dall’acquisizione di Twitter, insomma, è evidente che la piattaforma è diventata una propaggine del crescente attivismo politico di Musk – nonché un vero e proprio hub per la disinformazione.   

Lo si è potuto osservare plasticamente durante le rivolte razziste nel Regno Unito di inizio agosto. La falsa notizia che l’accoltellatore di Southport fosse un immigrato irregolare si è diffusa proprio su X, mentre gli appelli alla mobilitazione di piazza sono stati rilanciati – sempre sulla piattaforma – da account di noti estremisti di destra come Tommy Robinson (pseudonimo di Stephen Christopher Yaxley-Lennon), recentemente riammesso proprio da Musk.

Nel commentare le manifestazioni, lo stesso imprenditore sudafricano ha detto che una «guerra civile» nel Regno Unito è inevitabile, attirandosi le critiche del governo guidato da Keir Starmer. Il primo ministro laburista ha definito «ingiustificabili» le parole di Musk, mentre il segretario alla tecnologia Peter Kyle ha detto che Musk «non risponde a nessuno» e che si comporta come se fosse uno Stato con una propria politica estera, piuttosto che il titolare di un’azienda.

Questo punto è cruciale, ed è stato sottolineato anche da un’analisi del giornalista Nick Robins-Early apparsa sul Guardian: l’orientamento politico di Musk è inseparabile dalle sue attività imprenditoriali.

Non è affatto un caso che l’imprenditore sia uno dei più convinti sostenitori del presidente argentino Javier Milei, che ha incontrato più volte in questi mesi facendogli anche visitare la fabbrica Tesla in Texas. L’Argentina ha infatti una delle più grandi riserve di litio al mondo, un materiale fondamentale per produrre le batterie per i veicoli elettrici.

L’appoggio ideologico ed economico a Trump risponde anche e soprattutto alle sue esigenze imprenditoriali, visto che aziende come SpaceX e Tesla hanno sempre goduto di abbondanti sussidi governativi statunitensi.

E come sottolinea la giornalista Clare Duffy sul sito della CNN, il «potenziale privilegio di avere una linea diretta con Trump potrebbe renderlo ancora più potente sul piano globale, oltre a beneficiare il suo impero economico».

La relazione potrebbe inoltre sfociare in un ruolo politico all’interno di un eventuale amministrazione Trump. Lo scorso maggio il Wall Street Journal aveva riportato l’indiscrezione secondo cui l’ex presidente e Musk avevano parlato di un potenziale incarico consultivo. Nonostante le smentite iniziali, qualche mese dopo sia Trump che Musk l’hanno confermato.

Parlando al New York Economic Club il 6 settembre del 2024, il candidato repubblicano ha dichiarato che vorrebbe mettere Musk a capo di una futura commissione governativa che dovrebbe occuparsi di migliorare «l’efficienza del governo» e di tagliare gli sprechi. Al momento l’accordo sembra solo verbale, e non è detto che si realizzi nemmeno in caso di rielezione. Musk si è comunque detto pronto a «servire l’America se dovesse presentarsi l’occasione».

Nel frattempo, si può essere certi che l’imprenditore continuerà a trasformare X in una macchina propagandistica al servizio di Donald Trump e dell’estrema destra di tutto il mondo. 

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