Negli ultimi anni si è sentito parlare spesso di “polarizzazione”. Si usa questa parola per descrivere un contesto politico e sociale dove le divisioni, le linee di frattura tra gli schieramenti, sembrano approfondirsi e allargarsi sempre più, fino a renderli così distanti da non poter più trovare un terreno comune dove iniziare un dialogo.
In effetti, di questo fenomeno si sono registrati segni, soprattutto negli Stati Uniti. Secondo alcuni studiosi, la tendenza all’iper-polarizzazione della politica costituisce una minaccia per la stabilità delle democrazie, favorendo l’ascesa di populismi ed estremismi.
In tutto questo, ci si chiede che ruolo svolgano i social media, cioè le piazze virtuali dove molte persone oggi intervengono. Che i social media abbiano esacerbato queste tendenze, o ne siano semplicemente il riflesso virtuale, è oggetto di discussione. Ma parecchi politici, anche di primo piano, li usano come mezzi di comunicazione, propaganda e critica degli avversari. Perciò analizzare le dinamiche che si svolgono in questi ambienti virtuali permette di apprendere aspetti rilevanti della comunicazione politica odierna.
Interazioni tossiche
Uno studio pubblicato a novembre sulla rivista Nature Communications ha analizzato le dinamiche di polarizzazione su X (l’ex Twitter) in diversi Paesi, tra cui l’Italia, con l’obiettivo di individuare degli schemi comuni attraverso cui si sviluppano le reti di interazione politica.
I ricercatori si sono focalizzati sul linguaggio tossico, espressione di quella che definiscono “animosità partigiana”, cioè la tendenza ad assumere un atteggiamento arrabbiato, ostile, irrispettoso, e talvolta verbalmente violento, nei confronti di chi si ritiene essere un avversario ideologico.
L’analisi è partita da un campione di 375 milioni di post su X pubblicati in un periodo di 24 ore nel settembre del 2022. I ricercatori hanno creato un secondo campione di noti politici di diversi Paesi, attivi su X, selezionando, tra questi ultimi, quelli dove c’era un sufficiente livello di interazione tra utenti e politici. Alla fine il materiale di studio comprendeva le interazioni di 140 mila utenti unici con più di 1800 politici nell’arco di una giornata.
Il secondo passaggio è stato costruire una rete di queste interazioni a partire dai post rilanciati, quelli che su Twitter erano chiamati retweet, che in genere sono un’espressione di sostegno del messaggio contenuto nel post.
Lo schema che emerge dalla rete mostra una netta separazione tra i politici classificati di sinistra e quelli destra, che forma gruppi ben definiti, anche se le linee di divisione ideologica tra sinistra e destra non sono le stesse in tutti i Paesi.
I ricercatori hanno anche misurato il livello di “tossicità” dei post, per valutare la loro polarizzazione. Come ci si attendeva, i risultati hanno mostrato che i post che chiamavano in causa avversari politici erano sempre più tossici di quelli che menzionavano persone considerate alleate. Ma non solo: le interazioni politiche apparivano, in generale, più tossiche di quelle non politiche, che rappresentano peraltro la stragrande maggioranza delle interazioni. È il segno di una dinamica “amico-nemico” che si innesca quando di mezzo c’è la politica.
Un aspetto che lo studio ha messo in luce è che i politici che si discostano dal loro partito vengono rapidamente trattati alla stregua di nemici politici. Esempi, nel contesto americano, sono le politiche Liz Cheney e Tulsi Gabbard, che negli ultimi anni hanno rotto con i loro partiti di provenienza.
Gli effetti dell’arrivo di Musk
Secondo il matematico Andrea Baronchelli, uno degli autori dello studio, la ricerca mostra «un’attrattiva fondamentale di grandi piattaforme come X/Twitter: la possibilità di avere scambi aggressivi con avversari politici, a differenza di piattaforme più piccole che consentono semplicemente conversazioni tra utenti con idee simili. Questo lavoro conferma che la tendenza si estende a vari Paesi e indica una società in cui l'”altro” è visto solo come un avversario».
Un altro autore, Max Falkenberg, ha riferito che le dinamiche descritte nello studio potrebbero essere peggiorate con l’acquisizione di Twitter da parte Elon Musk: «sono state introdotte delle restrizioni e non abbiamo più accesso a dati di alta qualità necessari per studiare queste problematiche».
Proprio riguardo ai cambiamenti avvenuti dopo l’arrivo di Musk, e il passaggio da Twitter a X, uno studio più recente ha trovato una potenziale distorsione algoritmica, apparsa a luglio del 2024, che ha iniziato a favorire la visibilità dei profili favorevoli ai Repubblicani americani e di quello dello stesso Musk (proprio in coincidenza con l’annuncio del suo sostegno a Donald Trump).
Gli effetti di certe dinamiche, inoltre, non coinvolgono solo le “bolle” politiche. Che X sia diventato un ambiente virtuale piuttosto invivibile è una realtà di cui si erano già accorti molti scienziati che si occupano di temi che attraggono sciami di provocatori e disinformatori, come la pandemia, i vaccini e il cambiamento climatico.
Molti di loro hanno ridotto la loro presenza sulla piattaforma o se ne sono andati, esasperati e frustrati dagli attacchi di utenti che li vedono come nemici. Il fu Twitter è stato un social che ha svolto un ruolo significativo per la comunicazione della scienza, anche in momenti di crisi. Oggi qualcosa si è rotto.