Il video è stato poi diffuso da diversi esponenti della Lega. Il segretario Matteo Salvini ha affermato sui propri profili social: «Non gli piace il nostro Paese? Che tornino da dove sono venuti. Non abbiamo bisogno di loro». L’eurodeputata Silvia Sardone ha invece detto che Milano «sembra una città del Nordafrica».
Il commento più duro è arrivato da Alessandro Corbetta, capogruppo leghista al Consiglio regionale della Lombardia. «In Italia, come già si fa in Germania e in altri Paesi europei», ha scritto su Facebook, «è fondamentale iniziare a discutere seriamente di remigrazione, ovvero il rimpatrio dei clandestini e dei criminali nei Paesi di origine, ma anche di quegli stranieri che scelgono deliberatamente di non volersi integrare».
Il politico ha poi ribadito che «è ora di rivedere il concetto di cittadinanza e di rafforzare le politiche di rimpatrio per chi non rispetta le leggi e la cultura del nostro Paese», perché «le immagini di Capodanno a Milano […] fanno ben capire in che direzione stiamo andando».
Come ha sottolineato su Bluesky il nostro collaboratore Jacopo Di Miceli, è la prima volta che un politico italiano parla esplicitamente di «remigrazione» – un termine nato nell’ambito delle scienze sociali di cui si è appropriato l’estrema destra, che l’ha trasformato in un sinonimo di deportazione forzata.
Le prime occorrenze si sono registrate in Francia negli anni Novanta, quando il Front National mise sui manifesti elettorali per le regionali del 1992 lo slogan «Quand nous arriverons, ils partiront!» («Quando arriveremo, loro se ne andranno via!»).
All’inizio degli anni Dieci il concetto venne adottato – sempre in Francia – dal movimento degli Identitari, che predicano una forma di razzismo «differenzialista» volto a tenere rigidamente separata la superiore «cultura europea» (intesa in realtà come «razza bianca») da tutte le altre.
L’idea ha poi fatto breccia in altri settori dell’estrema destra francese: sia tra i movimenti ultracattolici (come Civitas), sia tra intellettuali e polemisti – su tutti Eric Zemmour, candidato alle presidenziali del 2022, che aveva promesso di istituire un «ministero per la remigrazione».
Per il politologo francese Jean-Yves Camus la «remigrazione» è strettamente collegata alla teoria del complotto della «grande sostituzione», secondo la quale l’immigrazione sarebbe in realtà una forma mascherata di sterminio delle popolazioni «autoctone» (cioè bianche e cristiane).
La correlazione con la teoria razzista è stata sottolineata anche dalla ricercatrice e autrice Eviane Leidig, che in un’intervista al Guardian ha spiegato che per i gruppi di estrema destra «la “grande sostituzione” è la diagnosi della società, mentre la “remigrazione” è la cura».