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L’immortale mito antisemita dei Rothschild, la famiglia al centro di ogni teoria del complotto

Dall’Ottocento a oggi, la famiglia di banchieri di origine ebraica è il bersaglio preferito di antisemiti e complottisti

31 ottobre 2024
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Nel 2018 Marjorie Taylor Greene non era ancora una deputata repubblicana, né tanto meno una delle esponenti di punta del trumpismo più radicale.

Era però una commentatrice politica che rilanciava teorie del complotto di ogni tipo: da QAnon fino all’11 settembre come inside job (cioè auto-attentato), passando per le stragi scolastiche che sarebbero una messinscena o la presunta fede islamica di Barack Obama.

Non sorprendentemente, promuoveva pure teorie negazioniste dei cambiamenti climatici. Nel novembre di quell’anno, in un post su Facebook recuperato dal giornalista di Media Matters Eric Hananoki, Greene aveva sostenuto che gli incendi che nel 2018 avevano devastato la California erano stati causati da raggi laser sparati da «generatori solari nello spazio» e controllati dalla Pacific Gas and Electric Company (PG&E, una società privata di pubblica utilità che fornisce energia alla parte settentrionale dello Stato).

L’obiettivo degli incendi – continuava il post – era duplice: quello di fare spazio per la creazione di una linea ferroviaria ad alta velocità; e quello di speculare sulle azioni della PG&E per far arricchire i suoi principali azionisti. Guarda caso tra questi c’era Roger Kimmel, il vicepresidente della “Rothschild Inc.”, una banca d’investimento legata alla famosa famiglia di banchieri di origine ebraica.

Le implicazioni dell’aver tirato in ballo quel nome erano fin troppo chiare. Per Greene, stando alla sarcastica sintesi fatta dal giornalista Jonathan Chait, gli incendi in California sarebbero stati dunque provocati da «raggi laser spaziali ebraici».

E non è finita qui: oltre a far scoppiare roghi, i Rothschild sarebbero anche in grado di scatenare tempeste di neve.

È quello che ha sostenuto nel marzo del 2018 il consigliere comunale democratico di Washington D. C. Trayon White. In un video, pubblicato su Facebook durante un’abbondante e improvvisa nevicata, aveva accusato la famiglia di «controllare il clima e creare disastri naturali» per farci sopra ingenti profitti.

Per quanto queste affermazioni sulla manipolazione del clima da parte dei Rothschild possano sembrare bizzarre, in realtà vanno prese sul serio: sono l’ultima evoluzione di uno dei più longevi, floridi e celebri filoni complottisti della storia recente.

Nel corso degli ultimi due secoli, infatti, i Rothschild sono stati accusati praticamente di tutto: di aver causato guerre, di aver fatto cadere governi e nazioni, di aver ucciso John Fitzgerald Kennedy, di aver tirato giù le Torri Gemelle, di aver in mano le banche centrali, di possedere «l’80 per cento della ricchezza globale» e, in definitiva, di controllare segretamente il mondo intero.

Come ha ricordato il giornalista Mike Rothschild – che non ha legami di parentela ed è l’autore del saggio Jewish Space Lasers, che ripercorre la storia delle teorie del complotto sulla famiglia – «i Rothschild sono tra gli ebrei più conosciuti degli ultimi tempi, e sotto diversi aspetti la loro storia è la storia dell’antisemitismo contemporaneo».

Le origini del mito: il pettegolezzo di Waterloo

Le origini del mito complottista dei Rothschild risalgono alla seconda metà dell’Ottocento, quando la dinastia di banchieri (avviata dal capostipite Mayer Amschel Rothschild) si era ormai sparsa in tutta Europa e aveva investimenti nel settore ferroviario, nell’industria mineraria e nell’immobiliare – esattamente come facevano altre famiglie facoltose dell’epoca.

Nell’estate del 1846, per l’appunto, in Francia uscì un pamphlet di 36 pagine intitolato Histoire édifiante et curieuse de Rothschild Ier, Roi des Juifs (in italiano “Storia edificante e curiosa di Rothschild I, Re degli ebrei”) firmato da “Satan”, uno pseudonimo usato dal giornalista marsigliese di sinistra Mathieu Georges Dairnvaell.

La tesi centrale del testo è che la grande fortuna economica dei Rothschild derivi da un colossale inganno – a metà tra insider trading (l’abuso di informazioni privilegiate) e la diffusione di notizie false – legato alla battaglia di Waterloo del 1815, che segnò la definitiva sconfitta dell’imperatore francese Napoleone Bonaparte e il suo successivo esilio nell’isola di Sant’Elena.

Secondo Dairnvaell, quel fatidico 18 giugno del 1815 Nathan Rothschild – figlio di Mayer Amschel e patriarca del ramo londinese della famiglia – si trovava nella città belga e aveva assistito personalmente alla sconfitta di Napoleone per mano delle truppe anglo-prussiane guidate dal Duca di Wellington. La notte stessa Nathan sarebbe riuscito a raggiungere le coste del Belgio e tornare nel Regno Unito con mezzi rocamboleschi, sfidando addirittura una tempesta sulla Manica.

Approfittando della preziosa informazione che solo lui possedeva in anticipo, il banchiere avrebbe quindi speculato sulla sconfitta di Napoleone alla borsa di Londra, guadagnando «in un solo colpo venti milioni franchi» – che con altri investimenti collegati gli avrebbero fruttato un totale di 135 milioni nel corso dell’anno, una cifra davvero astronomica per l’epoca.

Tuttavia, il racconto di “Satan” è completamente falso. Anzitutto, Nathan Rothschild non si trovava a Waterloo quel giorno e non poteva conoscere in anticipo l’esito della battaglia; di conseguenza, non ha nemmeno guadagnato una fortuna incredibile in borsa. Inoltre, sulla Manica non si era abbattuta alcuna tempesta.

Una caricatura antisemita di Nathan Rothschild. Via Wikimedia Commons.

Nonostante ciò, il pamphlet era diventato un bestseller ed era circolato tantissimo. I motivi erano vari: anzitutto, Nathan non poteva controbattere alle accuse di Dairnvaell poiché era deceduto nel 1836, dieci anni prima della pubblicazione del pamphlet. In generale, il silenzio della famiglia – che non commenterà mai le teorie del complotto per non alimentarle ulteriormente – è stato visto come un’implicita conferma.

In secondo luogo, il giornalista era riuscito a intercettare un crescente sentimento antisemita sia in Francia che in Europa, facendo leva su radicati stereotipi sull’avarizia degli ebrei, sulla loro abilità innata con i soldi o sulla loro spregiudicatezza finanziaria.

In tal senso, ha scritto lo storico francese Michel Dreyfus nel saggio L’antisémitisme à gauche (in italiano “L’antisemitismo a sinistra”), il pamphlet ha dato il via a un’ondata di «antisemitismo economico» che culminerà alla fine del Diciannovesimo secolo con le invettive del polemista Eduard Drumont, che nel violento saggio La France Juive – e poi nel giornale La Libre Parole bollava gli ebrei come «un pugno di usurai e speculatori» che dominava «la borsa, i mercati, le industrie», mentre i Rothschild erano descritti come i principali affamatori del popolo francese.

Sebbene fosse stata smontata già pochi anni dopo la sua pubblicazione, la bufala di Waterloo è stata tradotta in varie lingue, arricchendosi di nuovi dettagli – sempre più improbabili, tra cui l’utilizzo di piccioni viaggiatori – di edizione in edizione e finendo per essere incorporata anche in altri prodotti culturali.

Nel 1934, ad esempio, una versione finisce nel film statunitense La casa dei Rothschild del regista Alfred Werker, che pure puntava a raffigurare la famiglia in una luce positiva. Nel 1940 la speculazione di Nathan è al centro della pellicola nazista I Rothschild, che rileggeva in chiave antisemita il film di Werker ed era stata fortemente voluta dal ministro della propaganda Joseph Goebbels.

Dai Protocolli dei Savi di Sion a George Soros

Il mito di Waterloo è il canovaccio su cui si sono costruite praticamente tutte le altre teorie sui Rothschild – da allora indicati come sordidi banchieri che controllano governi, finanziano guerre e vogliono occultamente sottomettere le popolazioni europee (e statunitensi) al loro volere.

In tutte queste teorie antisemite, ha spiegato il giornalista Mike Rothschild in un’intervista a Rolling Stone, «c’è una grande mancanza di originalità, visto che vengono ripetute fino allo sfinimento. Questo è però quello che le rende così efficaci: non devi imparare nulla di nuovo, né devi inventarti qualcosa di nuovo».

Nei primi decenni del Ventesimo secolo, complice anche la vertiginosa diffusione del testo antisemita I Protocolli dei Savi di Sion e l’ascesa del nazifascismo, le fantasie sulla famiglia si sono moltiplicate in maniera esponenziale e hanno riguardato ogni ambito della vita pubblica.

Come ha ricordato Lorenzo Camerini su Rivista Studio, in quel periodo diversi autori e scrittori antisemiti sostenevano che i Rothschild erano stati «gli inventori della Stella di David», che avevano creato «i presupposti per la Rivoluzione d’ottobre» in Russia «attraverso certi loro agenti che finanziavano Lenin e Trotskij», o addirittura che Adolf Hitler era un loro «fantoccio» messo lì «per giustificare la nascita di Israele».

Un'illustrazione antisemita di Jacob Rothschild generata con l'intelligenza artificiale, via X.

L’ombra dei Rothschild, insomma, sembrava essere ovunque; ma si trattava pur sempre di un’ombra fantasmatica.

Proprio in quegli anni, infatti, i Rothschild stavano entrando in una fase di declino irreversibile, causato dalle innovazioni nel mondo bancario e finanziario (su tutte la nascita delle banche d’investimento, capitanate dai Morgan e dai Rockfeller); dal fallito tentativo di fare breccia negli Stati Uniti; e successivamente dalle confische naziste, che avevano decimato i possedimenti del ramo austriaco e tedesco della famiglia.

Nel dopoguerra i Rothschild erano comunque rimasti una famiglia facoltosa, ma senza il potere economico che li contraddistingueva durante le guerre napoleoniche. Questa banale evidenza non aveva però fermato la fiorente industria cospirazionista sulla famiglia, che nel frattempo si era spostata dall’Europa negli Stati Uniti – più precisamente negli ambienti maccartisti e dell’estrema destra.

In particolare, i Rothschild erano comparsi abbondantemente nel libro complottista None Dare Call It Conspiracy (in italiano “Nessuno osi chiamarlo un complotto”), scritto nel 1971 da Gary Allen, che all’epoca era il portavoce dell’associazione anticomunista John Bircher Society.

Rimasticando le solite teorie antisemite sui «banchieri internazionali» e le «élite apolidi», Allen spiegava che la famiglia controllava una buona parte del debito degli Stati Uniti e che utilizzava i media per rimbambire la popolazione.

Il testo è poi diventato un autentico cult, capace di ispirare generazioni intere di complottisti. Uno di questi è lo statunitense Alex Jones, il fondatore di InfoWars, che ha fatto proprie le tesi di Allen e le ha ossessivamente ripetute per anni sui suoi canali. Un altro è il britannico David Icke, l’inventore della teoria del complotto sui rettiliani, che ha additato i Rothschild come i responsabili degli attentati alle Torri Gemelle dell’11 settembre 2001 e gli architetti della Grande recessione del 2008.

Negli ultimi decenni, sottolinea Mike Rothschild nel suo saggio, le teorie sulla famiglia hanno progressivamente ceduto il passo a quelle su George Soros, il finanziere di origine ebraica che ha rimpiazzato i Rothschild nelle fantasie complottiste globali. Del resto – esattamente come lo sono stati a lungo i Rothschild – anche Soros è diventato un’entità ectoplasmatica, un’idea astratta, un nemico assoluto costruito in larghissima parte su attività che non ha mai svolto.

Di certe teorie non si butta via niente: dopotutto, è da secoli che svolgono egregiamente il loro compito.

«Quasi tutte le teorie del complotto affondano le loro radici nell’antisemitismo, e quasi tutto l’antisemitismo si basa sulle teorie del complotto», chiosa il giornalista statunitense. «Per certe persone, insomma, gli ebrei saranno sempre i capri espiatori perfetti».

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