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Come teorie del complotto e disinformazione hanno dirottato il dibattito sulle rinnovabili in Sardegna

In Sardegna una buona parte della popolazione è stata persuasa che il problema principale non è il cambiamento climatico: è la lotta al cambiamento climatico

12 novembre 2024
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Negli ultimi tempi la Sardegna ha fatto parlare di sé per via di un motivo inedito: all’interno della società isolana si è affermata una forte e trasversale avversione all’installazione di nuovi impianti per le energie rinnovabili. 

Per capire meglio la situazione attuale bisogna fare un passo indietro. Per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione nazionale imposti dal decreto aree idonee varato dal governo Meloni, entro il 2030 la Sardegna dovrà arrivare a una quota aggiuntiva di 6,2 GW di energia rinnovabile. Ma complice la liberalizzazione degli anni passati, Terna – la società che gestisce la rete di trasmissione nazionale italiana – ha ricevuto richieste per l’installazione in Sardegna di nuovi impianti eolici onshore, offshore e fotovoltaici da parte di varie società multinazionali pari a 54 GW, quasi dieci volte la potenza necessaria al fabbisogno isolano. 

Ciò ha fatto insorgere l’opinione pubblica locale, che teme di vedere l’isola trasformata in una esportatrice di energia rinnovabile a spese del proprio paesaggio e senza nessun sostanziale beneficio: secondo un decreto del 2010 le compensazioni per i comuni che ospitano gli impianti non sono obbligatorie, non possono essere versate in denaro e non possono superare il 3 per cento dei ricavi derivanti dall’impianto stesso.

Ma secondo uno studio della CNA sarda quei numeri andrebbero osservati in modo ragionato: esiste una distanza enorme tra le domande di connessione alla rete elettrica e gli impianti che entreranno effettivamente in funzione. Inoltre attualmente l’isola è lontana dall’essere invasa dalle rinnovabili: la Sardegna è la sesta produttrice in Italia per eolico e la decima per potenza fotovoltaica. 

L’isola nel frattempo ha il più alto livello di emissioni pro capite di CO₂ connesse ai consumi di energia, con un mix energetico tra i più inquinanti d’Italia: delle sette centrali a carbone ancora in funzione in Italia, due si trovano proprio in Sardegna e insieme alla raffineria Sarlux coprono circa il 70 per cento della produzione elettrica regionale. 

La campagna mediatica contro le rinnovabili in Sardegna

Nell’isola alcuni comitati attivisti denunciano da anni i rischi di una transizione ecologica guidata dal mercato e senza il coinvolgimento delle comunità locali, ma è solo nell’ultimo anno che questo tema è diventato tra i sardi la priorità numero uno, con un’ampia fetta della popolazione ostile a pannelli fotovoltaici e pale eoliche senza se e senza ma. 

Un’ostilità dovuta in gran parte al gruppo mediatico L’Unione Sarda, che include il quotidiano più letto nell’isola, una TV locale e una radio. L’Unione Sarda ha lanciato un’aggressiva campagna mediatica tesa a mostrare transizione energetica e speculazione come due facce della stessa medaglia, impossibili da separare. Gli articoli dell’Unione non sembrano infatti scritti per denunciare le storture della situazione sarda e avviarne una migliore basata sulla giustizia climatica, quanto per alimentare paure e ansie nella società e creare quindi le condizioni per farla deragliare. 

Nell’invocare una lotta di popolo contro i “signori del vento” e i “pugnali eolici”, l’Unione Sarda ha avvelenato i pozzi del dibattito e trasformato una questione complessa come la decarbonizzazione dell’isola in una tossica guerra culturale. Va ricordato che la firma di punta della testata cagliaritana è Mauro Pili, già governatore della giunta regionale di centrodestra dal 2001 al 2003 e successivamente parlamentare di Forza Italia. Come governatore Pili spinse per lo sviluppo del Galsi, un gasdotto tra l’Algeria e la Sardegna che non è mai stato completato

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Protesta contro l'impianto eolico a Cagliari, in Sardegna, il 2 ottobre 2024 (Filippo MONTEFORTE/AFP)

Sulle pagine del quotidiano si ricorre spesso a grossolani fotomontaggi come quelli con le turbine che incombono sotto un cielo plumbeo e apocalittico ai piedi della basilica romanica di Saccargia, o installate praticamente dentro la fortezza nuragica di Barumini. Quando si parla di progetti offshore a trenta chilometri dalla costa la scelta fotografica ricade sul panorama di una spiaggia incontaminata o con delle pale eoliche piantate al largo in primo piano, creando in un caso o nell’altro una falsa percezione dell’impatto visivo di questi progetti. Sulle pagine dell’Unione in questi mesi il solare e l’eolico sono stati accusati di disorientare i tonni, uccidere gli uccelli, creare inquinamento acustico, danneggiare la viticoltura e devastare il turismo, senza presentare seri studi scientifici o dati che confermino questi allarmi. 

In un recente articolo su Fanpage Gianluca Ruggieri, ingegnere energetico presso l’Università dell’Insubria ha fatto notare che  l’impatto dell’eolico sugli uccelli sia stimato intorno allo 0,01 per cento della mortalità complessiva indotta dalle attività umane, addirittura inferiore rispetto a quella imputabile ai gatti. Per quanto riguarda la salute umana e l’impatto acustico, Ruggeri spiega che questo avviene solo se si è estremamente vicini, esattamente come avverrebbe per chi abita vicino a strade, ferrovie e aeroporti. 

La disinformazione anti-rinnovabili sui social network

La disinformazione online si è diffusa dal basso anche attraverso i numerosi gruppi Facebook creati dai vari comitati locali. In queste eterogenee comunità digitali che arrivano a contare anche diecimila iscritti ci sono conversazioni serie e ragionate sul tema, ma la scarsa moderazione permette a chiunque di condividere le teorie più assurde o veri e propri complottismi, che poco a poco hanno preso il sopravvento. 

Si va dai funghi killer che fanno ammalare le foreste permettendo così il loro abbattimento e l’uso dei terreni per le rinnovabili, alle pale eoliche Lego accusate di indottrinare i bambini fin da piccoli, passando per i roghi estivi che sarebbero appiccati dalle multinazionali dell’eolico.

Anche sui social abbondano le storie sul vento offshore che ucciderebbe le balene e i danni psichiatrici causati dall’eolico, accuse che non trovano nessun riscontro all’interno della comunità scientifica. Tra le fonti del materiale condiviso su questi gruppi ci sono “Climate Change Dispatch”, una pagina web negazionista che si propone di mettere in discussione l’origine antropica dei cambiamenti climatici; Windwatch Farm, un sito che che definisce l’eolico distruttivo, “buonista” e una falsa soluzione; media statunitensi come Breakaway US o piattaforme di condivisione come Rumble, entrambe di orientamento ultra-conservatore e di estrema destra. 

Un manifestante durante una protesta contro l'impianto eolico a Cagliari, in Sardegna, il 2 ottobre 2024 (Filippo MONTEFORTE/AFP)

Non è un caso che molte di queste teorie del complotto anti-eolico siano state riprese prima o poi anche da Donald Trump. In questo clima esasperato era abbastanza prevedibile che qualcuno sarebbe passato dalle parole ai fatti. Tra agosto e settembre si sono infatti verificate in Sardegna azioni di vandalismo contro degli impianti eolici, mentre un incendio con tutta probabilità di origine dolosa ha mandato in fumo duemila pannelli fotovoltaici pronti a essere installati. Tutti casi prontamente celebrati nelle comunità online, che hanno visto dietro queste azioni la venuta di un “Fleximan” sardo deciso a difendere l’isola in prima persona. 

Malgrado vari studi sostengano che per decarbonizzare l’isola ed elettrificare i consumi attualmente coperti da fonti fossili serviranno decisioni coraggiose e nuovi impianti, leggendo queste pagine Facebook si ha l’idea che la transizione energetica perfetta sarà una passeggiata: basta installare dei pannelli fotovoltaici sui tetti dei parcheggi dei supermercati o mettere in pratica delle idee innovative e il gioco è fatto. 

Una che ritorna spesso online è quella dei pannelli solari installati tra i binari dei treni svizzeri, che secondo certi post potrebbe coprire fino al 30 per cento del fabbisogno elettrico del trasporto pubblico elvetico. Peccato che il progetto sperimentale riguardasse un tratto di soli cento metri e che sia già stato bloccato e definito impraticabile dalle autorità ferroviarie elvetiche.

La proposta di legge regionale che impedisce l’installazione di rinnovabili in Sardegna

Una cosa che colpisce in questa storia è che in Sardegna raramente si parla delle date indicate dalla comunità scientifica entro cui bisognerà aver ridotto le emissioni per stare dentro gli scenari di 1,5 °C ed evitare il punto di non ritorno climatico. Anche se con la rielezione di Donald Trump ciò sembra molto difficile, alcuni centesimi di grado in più o in meno possono segnare la differenza nella frequenza di eventi climatici estremi. 

Tuttavia, i benefici delle rinnovabili entrano raramente nel dibattito sardo. Un recente articolo dell’Unione Sarda racchiude nel suo piccolo questa visione totalmente schiacciata sul presente: un viticoltore messo in ginocchio dalla siccità, acuita per sua ammissione dai cambiamenti climatici, si scaglia contro l’eolico che deturperebbe il paesaggio e rovinerebbe quindi il suo progetto di creare stanze adibite alla ricezione turistica. 

Per via del trauma storico della modernizzazione passiva dell’industria petrolchimica e della turistificazione selvaggia degli anni ‘60, e ancor prima dello sfruttamento intensivo delle risorse forestali e minerarie, la lotta anti-rinnovabili sarda è unica e speciale. Ma nello scenario isolano ci troviamo davanti anche a una versione locale di un trend globale di ideologico rigurgito anti-ambientalista. 

Come ha notato il giornalista Ferdinando Cotugno la transizione energetica è una storia difficile da raccontare e vendere politicamente, mentre la retorica populista applicata al clima, dalle battaglie contro le pompe di calore in Germania a quelle contro la ZTL a Londra sembra funzionare benissimo e offrire praterie sterminate di consensi a chi sa dipingere le politiche ambientali come una follia green imposta da élite e  burocrati. Infatti la questione sarda in questi mesi è stata spesso raccontata in chiave sovranista  e demagica da programmi televisivi come Fuori dal Coro o dai giornali di destra, ma anche su autoproclamati “media indipendenti” come Ottolina TV.

Finora la giunta regionale di centro-sinistra ha provato a creare una via politica che dia risposte strutturali e più progressiste: si va da una maggiore inclusione delle comunità locali al progetto di un’agenzia regionale per l’energia che realizzi gli impianti necessari alla transizione energetica, ossia eolico e solare pubblico con guadagni pubblici. 

Ma i risultati della retorica populista iniziano a vedersi: davanti a un’opinione pubblica così apertamente schierata la governatrice Alessandra Todde non ha avuto altra scelta che implementare misure drastiche che limitino il più possibile l’installazione di nuovi impianti. Attualmente è al vaglio una proposta di legge regionale che potrebbe vietare l’installazione di parchi rinnovabili nel 99 per cento del territorio sardo, mentre una legge di iniziativa popolare ancora più restrittiva, denominata Pratobello 2024, ha raccolto più di duecentomila firme. 

L’Unione Sarda ha avuto un ruolo primario nella stesura di questa legge, che apre in modo tanto ottimistico quanto irrealistico all’idrogeno, una tecnologia che al momento attuale non è in grado di condurre l’isola agli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030. Intanto un’iniziativa vista con favore a destra e a sinistra prevede di alimentare l’industria sarda attraverso un rigassificatore per il metano, un gas che intrappola calore in atmosfera 80 volte più della CO₂. Alcune associazioni ambientaliste temono che queste leggi renderanno più difficile la decarbonizzazione dell’isola, e molto probabilmente la rallenteranno. 

Il tutto nell’indifferenza dell’opinione pubblica sarda e senza creare particolare scandalo. Paradossalmente, ma nemmeno tanto, in Sardegna una buona parte della popolazione è stata persuasa che il suo problema principale non è il cambiamento climatico: è la lotta al cambiamento climatico.

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