Non è un caso che molte di queste teorie del complotto anti-eolico siano state riprese prima o poi anche da Donald Trump. In questo clima esasperato era abbastanza prevedibile che qualcuno sarebbe passato dalle parole ai fatti. Tra agosto e settembre si sono infatti verificate in Sardegna azioni di vandalismo contro degli impianti eolici, mentre un incendio con tutta probabilità di origine dolosa ha mandato in fumo duemila pannelli fotovoltaici pronti a essere installati. Tutti casi prontamente celebrati nelle comunità online, che hanno visto dietro queste azioni la venuta di un “Fleximan” sardo deciso a difendere l’isola in prima persona.
Malgrado vari studi sostengano che per decarbonizzare l’isola ed elettrificare i consumi attualmente coperti da fonti fossili serviranno decisioni coraggiose e nuovi impianti, leggendo queste pagine Facebook si ha l’idea che la transizione energetica perfetta sarà una passeggiata: basta installare dei pannelli fotovoltaici sui tetti dei parcheggi dei supermercati o mettere in pratica delle idee innovative e il gioco è fatto.
Una che ritorna spesso online è quella dei pannelli solari installati tra i binari dei treni svizzeri, che secondo certi post potrebbe coprire fino al 30 per cento del fabbisogno elettrico del trasporto pubblico elvetico. Peccato che il progetto sperimentale riguardasse un tratto di soli cento metri e che sia già stato bloccato e definito impraticabile dalle autorità ferroviarie elvetiche.
La proposta di legge regionale che impedisce l’installazione di rinnovabili in Sardegna
Una cosa che colpisce in questa storia è che in Sardegna raramente si parla delle date indicate dalla comunità scientifica entro cui bisognerà aver ridotto le emissioni per stare dentro gli scenari di 1,5 °C ed evitare il punto di non ritorno climatico. Anche se con la rielezione di Donald Trump ciò sembra molto difficile, alcuni centesimi di grado in più o in meno possono segnare la differenza nella frequenza di eventi climatici estremi.
Tuttavia, i benefici delle rinnovabili entrano raramente nel dibattito sardo. Un recente articolo dell’Unione Sarda racchiude nel suo piccolo questa visione totalmente schiacciata sul presente: un viticoltore messo in ginocchio dalla siccità, acuita per sua ammissione dai cambiamenti climatici, si scaglia contro l’eolico che deturperebbe il paesaggio e rovinerebbe quindi il suo progetto di creare stanze adibite alla ricezione turistica.
Per via del trauma storico della modernizzazione passiva dell’industria petrolchimica e della turistificazione selvaggia degli anni ‘60, e ancor prima dello sfruttamento intensivo delle risorse forestali e minerarie, la lotta anti-rinnovabili sarda è unica e speciale. Ma nello scenario isolano ci troviamo davanti anche a una versione locale di un trend globale di ideologico rigurgito anti-ambientalista.
Come ha notato il giornalista Ferdinando Cotugno la transizione energetica è una storia difficile da raccontare e vendere politicamente, mentre la retorica populista applicata al clima, dalle battaglie contro le pompe di calore in Germania a quelle contro la ZTL a Londra sembra funzionare benissimo e offrire praterie sterminate di consensi a chi sa dipingere le politiche ambientali come una follia green imposta da élite e burocrati. Infatti la questione sarda in questi mesi è stata spesso raccontata in chiave sovranista e demagica da programmi televisivi come Fuori dal Coro o dai giornali di destra, ma anche su autoproclamati “media indipendenti” come Ottolina TV.
Finora la giunta regionale di centro-sinistra ha provato a creare una via politica che dia risposte strutturali e più progressiste: si va da una maggiore inclusione delle comunità locali al progetto di un’agenzia regionale per l’energia che realizzi gli impianti necessari alla transizione energetica, ossia eolico e solare pubblico con guadagni pubblici.
Ma i risultati della retorica populista iniziano a vedersi: davanti a un’opinione pubblica così apertamente schierata la governatrice Alessandra Todde non ha avuto altra scelta che implementare misure drastiche che limitino il più possibile l’installazione di nuovi impianti. Attualmente è al vaglio una proposta di legge regionale che potrebbe vietare l’installazione di parchi rinnovabili nel 99 per cento del territorio sardo, mentre una legge di iniziativa popolare ancora più restrittiva, denominata Pratobello 2024, ha raccolto più di duecentomila firme.
L’Unione Sarda ha avuto un ruolo primario nella stesura di questa legge, che apre in modo tanto ottimistico quanto irrealistico all’idrogeno, una tecnologia che al momento attuale non è in grado di condurre l’isola agli obiettivi di decarbonizzazione previsti per il 2030. Intanto un’iniziativa vista con favore a destra e a sinistra prevede di alimentare l’industria sarda attraverso un rigassificatore per il metano, un gas che intrappola calore in atmosfera 80 volte più della CO₂. Alcune associazioni ambientaliste temono che queste leggi renderanno più difficile la decarbonizzazione dell’isola, e molto probabilmente la rallenteranno.
Il tutto nell’indifferenza dell’opinione pubblica sarda e senza creare particolare scandalo. Paradossalmente, ma nemmeno tanto, in Sardegna una buona parte della popolazione è stata persuasa che il suo problema principale non è il cambiamento climatico: è la lotta al cambiamento climatico.