Si avvicina il Natale e, come ogni anno, vi sarà capitato di imbattervi sui social in uno dei miti più duri a morire di sempre: quello sulla tredicesima introdotta dal regime fascista. L’affermazione secondo cui Benito Mussolini avrebbe “concesso” la tredicesima a tutti i lavoratori circola da anni durante il mese di dicembre, ma è del tutto falsa.
La tredicesima, così come la conosciamo adesso, non è stata affatto una concessione del fascismo, ma è il risultato di lunghe battaglie sindacali, proprio quelle che Mussolini aveva reso illegali per vent’anni.
Ma andiamo con ordine. In origine la tredicesima mensilità era una gratifica natalizia che alcuni datori di lavoro, soprattutto nelle grandi aziende, davano spontaneamente ai propri lavoratori.
Nel 1937 il regime introdusse effettivamente l’obbligo di erogare la tredicesima, con l’articolo 13 del Contratto collettivo nazionale del lavoro (Ccnl), ma si trattava di una fattispecie molto diversa da quella attualmente in vigore. Era chiamata “gratifica natalizia” e riguardava esclusivamente il settore industriale e i soli lavoratori assunti con la qualifica di impiegato. Gli operai, per esempio, ne erano completamente tagliati fuori.
Parliamo dunque di una misura estremamente settoriale e ristretta, che accoglieva una pratica già parzialmente in uso nelle grandi aziende italiane. Lo stesso contratto collettivo, tra l’altro, peggiorava notevolmente le condizioni dei lavoratori dell’industria. L’articolo 8, infatti, aumentava l’orario di lavoro da dieci a dodici ore.
La vera tredicesima, intesa non come “gratifica” per pochi, ma come diritto per tutti, venne estesa in due momenti: prima ai lavoratori dell’industria con il “concordato interconfederale” firmato a Roma il 27 ottobre 1946 e, successivamente, a tutti i lavoratori di ogni settore con il decreto del presidente della Repubblica n.1070 del 28 luglio 1960. È dunque questa la data di nascita ufficiale dell’odierna tredicesima mensilità.
Quindi no, la tredicesima non è fascista, ma soprattutto non è una concessione: è un diritto.