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Le bugie di Trump sull’Ucraina ricalcano la propaganda russa

Il presidente americano ha definito “dittatore” l’omologo ucraino che incolpa di aver iniziato la guerra, facendo proprie diverse altre falsità promosse dal Cremlino

21 febbraio 2025
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Il presidente americano Donald Trump sta lavorando per stringere nuovi accordi commerciali con la Russia e riabilitarla nei consessi internazionali, dai quali era stata estromessa dopo l’invasione all’Ucraina, iniziata il 24 febbraio 2022. Una delegazione americana di alto livello, capeggiata dal segretario di Stato Marco Rubio, ha incontrato le controparti russe in Arabia Saudita il 18 febbraio 2025. Al termine del vertice, dove erano presenti sia Rubio che il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, le parti hanno concordato sulla necessità di ripristinare le relazioni bilaterali e di avviare negoziati per porre fine al conflitto in Ucraina, che però non era stata invitata alla riunione.

In seguito alle rimostranze sul punto del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Trump ha adottato una retorica aggressiva nei suoi confronti, che riprende diversi cavalli di battaglia della disinformazione russa. Lo ha chiamato «comico modesto» e anche «dittatore», responsabile oltretutto di aver avviato la guerra, in quello che sembra un tentativo di legittimare l’aggressione che la Russia porta avanti da tre anni contro l’Ucraina, in violazione alle norme di diritto internazionale. Per il presidente ucraino Zelensky, Trump «vive in una bolla di disinformazione russa». E in effetti le affermazioni di Trump rievocano alcuni messaggi propagandistici del Cremlino.

La responsabilità della guerra

«Penso di avere il potere di porre fine a questa guerra e penso che stia andando molto bene. Ma oggi ho sentito dire: ‘Oh, beh, non siamo stati invitati’. Beh, siete lì da tre anni. Non avreste mai dovuto iniziarla. Potevate fare un accordo», ha detto Trump dal suo resort a Mar-a-Lago, in Florida, dopo i colloqui tra funzionari statunitensi e russi in Arabia Saudita.

La narrazione che sia stata l’Ucraina, e non la Russia, a iniziare la guerra è una falsità storica che il presidente russo, Vladimir Putin, ripete fin dai primi giorni dell’invasione, mentre dava ordine di attaccare il Paese confinante. 

Nei giorni precedenti al 24 febbraio, Putin aveva ammassato circa 150.000 uomini al confine, assicurando che si trattasse solo di un’esercitazione e che non programmava di attaccare i vicini. Salvo poi rompere la promessa a distanza di ore, addossando la colpa all’Occidente. Nel discorso in cui annunciò l’invasione, chiamandola «operazione militare speciale», Putin disse che «i principali Paesi della NATO, per raggiungere i propri obiettivi, sostengono in ogni modo i nazionalisti estremisti e i neonazisti in Ucraina», aggiungendo che «non ci rimane altra scelta per difendere la Russia e il nostro popolo, se non quella che saremo costretti a usare oggi. Le circostanze ci impongono di agire in modo deciso e immediato. Le Repubbliche popolari del Donbass hanno chiesto aiuto alla Russia». 

Nella realtà, la responsabilità del conflitto ricade interamente sulla Russia e simili argomenti sono stati più volte smentiti già in passato. Negli anni precedenti al 2022, la situazione nel Donbass – dove la Russia aveva iniziato un conflitto già nel 2014 – stava migliorando, con una diminuzione del numero di vittime militari e civili e una riduzione delle violazioni del cessate il fuoco previsto dagli accordi di Minsk, pensati per porre fine al conflitto nella regione dell’Ucraina sud orientale

Delegittimazione di Zelensky

Anche quella degli ucraini nazisti e autoritari è una narrazione falsa promossa dal Cremlino, che l’ha rilanciata nei mesi successivi per giustificare l’invasione e che ora è stata adottata anche dal presidente degli Stati Uniti. 

«Quando vogliono un posto al tavolo, si potrebbe dire che il popolo deve… il popolo ucraino non dovrebbe forse dire qualcosa del tipo: “Sapete, è passato molto tempo dall’ultima elezione”? Questo non è qualcosa che viene dalla Russia. È qualcosa che viene da me e anche da molti altri Paesi», ha detto Trump dalla Florida, in risposta all’indignazione per il fatto che la sua amministrazione abbia avviato colloqui con la Russia escludendo Kiev. E il giorno successivo ha rincarato la dose, definendo Zelensky un «dittatore senza elezioni» in un post sul social di sua proprietà, Truth, nel quale lo ha chiamato anche «comico modesto».

Screenshot della redazione di Facta dall'account di Donald Trump su Truth Social

Tenere le elezioni in Ucraina prima della fine della guerra è una delle principali richieste di Mosca, che confida in una nuova amministrazione più accondiscendente verso Putin. A maggio dello scorso anno, proprio il presidente russo aveva caldeggiato l’ipotesi delle elezioni in un Paese che è sotto assedio. 

Zelensky è stato eletto nel 2019 con il 74 per cento delle preferenze, in una tornata elettorale che gli osservatori indipendenti dell’OCSE – un’organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa di cui fanno parte 57 Stati, anche dall’Asia e dal Nord America – hanno definito «competitive», mentre «le libertà fondamentali sono state generalmente rispettate». Il suo mandato quinquennale sarebbe quindi dovuto terminare proprio a maggio 2024. In Ucraina, però, è in vigore la legge marziale dall’inizio dell’invasione russa, e la sospensione delle elezioni è ammessa dall’ordinamento giuridico ucraino. Secondo il governo di Kiev, ci sono molti fattori che «renderebbero letteralmente impossibile assicurare un corretto processo elettorale in condizioni di guerra totale», con l’esercito impegnato in battaglia. Innanzitutto, secondo l’agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite quasi sette milioni di rifugiati ucraini sono sparsi per il mondo a causa della guerra, sarebbe difficile per tutti tornare ed esercitare il loro diritto di voto. In più, 800.000 soldati sono coinvolti nelle operazioni di guerra e spostarne una parte significativa per assicurare una corretta esecuzione delle procedure di voto indebolirebbe le posizioni Ucraine al fronte. Tra l’altro, chi combatte non potrebbe votare e molti ucraini vivono in zone occupate dalla Russia, il che preclude la loro partecipazione a processi elettorali onesti. 

L’organizzazione di una consultazione elettorale è una faccenda complessa ed è piuttosto comune che in tempo di guerra le elezioni vengano sospese, come per esempio accadde nell’Inghilterra di Winston Churchill durante la Seconda guerra mondiale. La stessa cosa accadde in Finlandia durante la Guerra d’Inverno e la Seconda guerra mondiale, in Italia durante la Prima guerra mondiale e in molti altri casi.

Inoltre, secondo un sondaggio telefonico condotto dal Kyiv International Institute of Sociology, un istituto di statistica ucraino, a ottobre 2023 l’81 per cento delle persone che hanno partecipato riteneva che non era il caso di tenere le elezioni mentre il Paese era in guerra. 

Per quanto riguarda le accuse di “nazismo” rivolte agli ucraini e al loro governo, vale la pena sottolineare che alle ultime elezioni parlamentari in Ucraina, poi, i partiti di estrema destra hanno preso solo il 2 per cento dei voti, mentre il governo Zelensky è considerato di centro. Inoltre, Zelensky è di fede ebraica, il suo ministro della difesa è di fede musulmana, il rabbino capo dell’Ucraina ha costantemente sostenuto il presidente e la guerra difensiva contro l’aggressione russa, anche dopo che un suo figlio adottivo è morto in battaglia, e uno dei principali leader musulmani del Paese – il Muftì Said Ismagilov – è volontario al fronte come paramedico.

Trump ha aggiunto durante la conferenza stampa che «il leader ucraino, mi dispiace dirlo, ma ha solo il 4 per cento di approvazione», senza offrire fonti o prove a supporto di questa affermazione. In realtà, secondo un sondaggio di febbraio 2025 del Kyiv International Institute of Sociology, l’attuale tasso di popolarità del presidente ucraino è intorno al 57 per cento, in aumento del 5 per cento rispetto a dicembre 2024, anche se si tratta di valori minori rispetto al 73 per cento del 2019 o al 90 per cento dei primi mesi di guerra.

Gli aiuti economici 

Il presidente statunitense ha anche detto che Zelensky avrebbe ammesso di non sapere dove sia finita metà del denaro che gli Stati Uniti hanno inviato al suo Paese. Anche questa è una ricostruzione errata e fuorviante delle parole che il presidente ucraino ha pronunciato in alcune recenti interviste.

Come ha ricostruito l’emittente televisiva CNN in un articolo di fact-checking, Zelensky non ha mai fatto simili ammissioni, ma potrebbe trattarsi dell’interpretazione equivoca di un’intervista rilasciata ad Associated Press il primo febbraio. In tale incontro, il presidente ucraino faceva notare – pur ringraziando comunque per l’aiuto – che non tutto il denaro ricevuto dagli Stati Uniti è arrivato al governo ucraino, perché una parte significativa del budget è stata utilizzata per finalità solo strumentali, come la produzione di armi e il sostegno logistico, come in effetti confermano diverse organizzazioni americane esperte di difesa. 

Trump ha poi anche esagerato la dimensione economica del sostegno statunitense al Paese invaso dalla Russia. Sempre da Mar-a-Lago ha detto: «Credo che siano 350 miliardi di dollari, ma diciamo che è qualcosa di meno, ma è comunque molto. E dobbiamo metterci in pari con l’Europa, perché l’Europa ha dato una percentuale molto inferiore, credo che abbia dato 100 miliardi mentre noi abbiamo dato più di 300». In realtà, il quadro è al contrario.

Secondo i dati del Kiel Institute for the World Economy, un think tank tedesco che monitora i flussi di aiuti per l’Ucraina, tra la fine di gennaio 2022 e dicembre 2024, gli Stati Uniti hanno stanziato un totale di 124 miliardi di dollari in aiuti militari, finanziari e umanitari ma ne ha poi effettivamente erogati un totale di 119 miliardi. Le istituzioni europee e gli stati membri UE, al contrario, hanno stanziato in totale 258 miliardi di dollari e ne hanno effettivamente erogati 138; comunque di più di Washington. L’unica categoria in cui gli statunitensi hanno speso più degli europei, anche se di poco, riguarda gli aiuti militari: 67 contro 65 miliardi dall’Europa.

Le cifre quindi sono nel complesso inesatte. E anche in questo caso la retorica di Trump sembra influenzata dalla propaganda russa, che da sempre semina malcontento tra gli alleati di Kiev, esagerando le ripercussioni negative – a livello economico, sociale, geopolitico e via dicendo – dell’aiuto fornito all’Ucraina. Non per caso anche l’atteggiamento del Cremlino è radicalmente cambiato dopo queste sparate di Trump. Il ministro degli Esteri russo Lavrov, ad esempio, diceva a inizio febbraio che l’agenda politica del neoeletto presidente statunitense e il suo “America first” era comparabile alla propaganda nazista. Dopo le accuse a Zelensky, invece, il presidente USA riceve complimenti dallo stesso Lavrov: adesso Trump per Mosca è diventato un «politico schietto e totalmente indipendente».

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