Non è vero che la comunità scientifica concorda nel sostenere che la cannabis causa «danni cerebrali irreversibili» - Facta
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Non è vero che la comunità scientifica concorda nel sostenere che la cannabis causa «danni cerebrali irreversibili»

Lunedì 2 novembre 2020 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un articolo pubblicato il 1 novembre 2020 dalla testata locale Cronache Maceratesi. L’articolo oggetto della nostra verifica contiene una dichiarazione del questore di Macerata, Antonio Pignataro. Si legge: «Da anni la comunità scientifica, con forza, sottolinea che l’uso della Cannabis danneggia il sistema nervoso centrale causando danni cerebrali irreversibili e mettendo a rischio il futuro della nostra stessa società».

Si tratta di un’informazione imprecisa.

Lo studio più citato in tema di conseguenze causate dall’utilizzo di cannabis risale al 2012 ed è stato realizzato in Nuova Zelanda da alcuni ricercatori della Duke University, Università dell’Oregon, King’s College di Londra e Università dell’Otago (Nuova Zelanda). La ricerca ha evidenziato una correlazione tra l’utilizzo di marijuana e il declino cognitivo, in particolar modo tra gli individui che hanno iniziato a farne uso durante l’adolescenza e proseguito in età adulta (in questo campione la ricerca ha registrato una perdita media di 6 punti di QI). Nessun calo del quoziente intellettivo è invece stato registrato tra coloro che hanno iniziato a fare uso di cannabis in età adulta.

Lo studio del 2012 è stato il primo a evidenziare un declino cognitivo irreversibile tra i consumatori di cannabis in età adolescenziale, mentre uno studio successivo – guidato dalla ricercatrice del Massachusetts General Hospital Jodi Gilman e pubblicato nell’aprile 2014 sul Journal of Neurosciences – ha collegato il consumo di cannabis (sempre tra gli adolescenti) ad anomalie nella loro struttura cerebrale. Allora il caso è chiuso? Per niente.

Nel 2015 un team guidato dalla dottoressa Barbara Weiland, ricercatrice dell’Università del Colorado, ha provato a replicare la ricerca di Gilman, constatando l’assenza nello studio di una variabile riconducibile al consumo di alcol. Escludendo i consumatori abituali di alcol dalla ricerca, il team di Weiland non ha riscontrato differenze sostanziali tra la struttura cerebrale dei consumatori abituali di cannabis e quella dei non consumatori. Anche questo studio è stato pubblicato sul Journal of Neurosciences.

Tornando allo studio neozelandese del 2012, una risposta all’articolo firmata dal dottor Michael Daly – professore associato di psicologia e scienza comportamentale alla Maynooth University – ha ipotizzato che il declino cognitivo evidenziato dallo studio potrebbe essere dovuto a fattori relativi alla personalità (non contemplati dallo studio) e non al consumo di cannabis. 

Uno studio del 2016 condotto dalle Università della California e dal Minnesota ha infine seguito per un intero decennio tremila gemelli che al momento del reclutamento avevano tra i 9 e gli 11 anni, chiedendo loro se facessero o meno uso di cannabis. Alla fine del periodo, i ragazzi che avevano detto di fare uso abituale di cannabis avevano perso fino a quattro punti di quoziente intellettivo – risultato simile a quello riscontrato dalla ricerca neozelandese – proprio come i loro gemelli che invece avevano dichiarato di non farne uso. 

Per fare ulteriore chiarezza sulla vicenda, la redazione di Facta ha contattato lo psicologo clinico Federico Russo. «Finora non abbiamo ricerche totalmente affidabili, per carenze metodologiche e limiti dovuti alle politiche relative alla produzione e uso della sostanza» ci ha spiegato Russo, «sappiamo però con relativa certezza che l’utilizzo in adolescenza può effettivamente compromettere il corretto sviluppo cerebrale. In età adulta non è ancora chiaro, sembrerebbe che possa peggiorare dei quadri già compromessi da motivi psichiatrici o patologie, mentre in altri casi pare completamente innocua, e le compromissioni cognitive svaniscono con la cessazione dell’utilizzo».

In conclusione, le ricerche attualmente disponibili sui possibili danni causati dalla cannabis non sono esaustive e appaiono tra loro contraddittorie. Non è dunque possibile affermare, come ha fatto il questore di Macerata, che «la comunità scientifica, con forza, sottolinea che l’uso della Cannabis danneggia il sistema nervoso centrale causando danni cerebrali irreversibili».

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