No, non bisogna eliminare il distanziamento sociale per porre fine alla pandemia - Facta
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No, non bisogna eliminare il distanziamento sociale per porre fine alla pandemia

L’8 marzo 2021 la redazione di Facta ha ricevuto più volte via Whatsapp la richiesta di verificare due articoli: uno pubblicato dal sito Affaritaliani.it il 5 marzo 2021 e intitolato «Covid quando finirà, Science choc: “Fra 10-20 anni se non apriamo tutto”», un altro pubblicato dal quotidiano Libero il 6 marzo 2021 e intitolato «Coronavirus, l’allarme degli scienziati: “Basta distanziamento e mascherina, se non circola ne avremo per altri 20 anni”». Articoli analoghi sono stati anche pubblicati dai quotidiani Il Giornale, dal Corriere dello Sport e dal portale OggiScuola

Secondo questi articoli uno studio pubblicato su Science avrebbe dimostrato che sarebbe necessario far circolare liberamente il virus per farlo diventare endemico e inoffensivo e che altrimenti, tenendolo sotto controllo, la pandemia potrebbe durare dieci o venti anni. Nell’articolo di Libero si sostiene che «per gli esperti bisogna dunque eliminare qualsiasi forma di distanziamento sociale e di protezione per poterlo diffondere più possibile e ridurne l’aggressività». Quello di Affaritaliani.it analogamente riporta che «bisognerebbe eliminare qualsiasi forma di distanziamento sociale e di protezione per poterlo diffondere più possibile». Secondo Libero e Affaritaliani.it basterebbe quindi proteggere le categorie a rischio (un approccio poco plausibile e di cui abbiamo discusso in passato).

Si tratta di una notizia falsa. Lo studio citato esiste, ma sostiene esattamente il contrario: gli articoli a noi segnalati ne stravolgono completamente il significato. 

Lo studio in questione è stato pubblicato sulla rivista Science il 12 febbraio 2021 ed è intitolato «Le caratteristiche immunologiche guidano la transizione della Covid-19 verso l’endemicità». Gli autori sono Jennie S. Lavine (consulente scientifica) e Rustom Antia (professore di biologia) della Emory University di Atlanta (Stati Uniti), e Ottar N. Bjorstad (biologo ed epidemiologo) della Pennsylvania State University. Si tratta di uno studio che usa modelli matematici per tentare di predire lo sviluppo futuro di letalità e  diffusione del virus Sars-CoV-2, causa della Covid-19. 

Lo studio parte dall’osservazione che i quattro coronavirus umani comuni, che causano principalmente raffreddori, infettano praticamente tutti gli esseri umani fra i tre e i cinque anni di età e verso di loro viene mantenuta una risposta immunitaria. Questo fa sì che le successive reinfezioni con questi coronavirus siano molto leggere. L’ipotesi (che lo studio non dimostra e che non è dimostrata) è che il virus Sars-CoV-2 possa comportarsi in modo simile: se lo prendessimo tutti da bambini, quando raramente ha effetti seri, potrebbe diventare poi un’infezione comune priva di gravi conseguenze sulla salute pubblica. In queste condizioni il Sars-CoV-2 finirebbe prima o poi per diventare un normale coronavirus del raffreddore. Secondo l’ipotesi dei ricercatori, Sars-CoV-2 ora si manifesta molto violentemente solo perché nessuno ha mai acquisito un’immunità contro di esso nell’infanzia.

Date per buone queste ipotesi, lo studio usa poi un modello matematico per calcolare in quanto tempo si potrebbe verificare questa transizione verso un Sars-CoV-2 endemico e innocuo, a seconda della diffusione del virus e di quanto sia permanente o meno l’immunità acquisita.

Lo studio però non suggerisce da nessuna parte che sia desiderabile eliminare il distanziamento sociale e che bisogni far circolare il virus il più possibile. Gli autori invece affermano ripetutamente ed esplicitamente l’opposto: bisogna contenere la pandemia finché possibile con le misure di distanziamento per prevenire il peggio, in attesa che la vaccinazione di massa permetta di acquisire un’immunità collettiva che, rendendo il virus inoffensivo, porti infine all’endemizzazione. Già nelle prime righe dello studio si legge che «questi risultati rafforzano l’importanza delle misure di contenimento comportamentali durante la campagna di vaccinazione» e «se la trasmissione è elevata, il modello predice un alto carico di casi e un’alta mortalità nei primi anni dopo l’emergere [del virus] […] Rallentare l’epidemia tramite misure di distanziamento sociale […] appiattisce la curva, rallentando le infezioni e prevenendo la maggior parte delle morti […] fornendo il tempo essenziale per lo sviluppo di un vaccino efficace». Infine lo studio sostiene che «il distanziamento sociale e un vaccino efficace sono cruciali per il controllo durante un’epidemia vergine e per uscirne». 

Le immagini seguenti mostrano i frammenti rilevanti del testo (la sottolineatura è nostra):

In conclusione, lo studio non sostiene che bisogna abbandonare il distanziamento sociale ma, al contrario, afferma con chiarezza e più volte che bisogna mantenerlo finchè è in corso la campagna di vaccinazione, che potrebbe poi portare, se le ipotesi dei ricercatori fossero confermate, a una endemizzazione del virus.

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