No, l’Ue non vuole «imporre la neolingua politicamente corretta» agli eurodeputati - Facta
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No, l’Ue non vuole «imporre la neolingua politicamente corretta» agli eurodeputati

Il 29 marzo 2021 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un articolo dal titolo «Ora l’Ue vuole imporre la neolingua politicamente corretta» pubblicato il 16 marzo dal quotidiano Il Giornale. L’articolo riporta la denuncia dell’eurodeputata leghista Simona Baldassarre, che sulla sua pagina Facebook aveva parlato di «prove tecniche di manipolazione del pensiero» in relazione a un documento del Parlamento europeo intitolato «Glossario del linguaggio “sensibile” per la comunicazione interna ed esterna».

Secondo quanto riporta Il Giornale, si tratterebbe di «un vero e proprio vocabolario dedicato a funzionari, assistenti, portaborse, portavoce e politici da adottare per essere al passo con i tempi della cultura del piagnisteo e del political correctness imperante», che al suo interno conterrebbe diverse espressioni «assolutamente vietate» e altre «imposte» dall’alto. Tra le parole «vietate» ci sarebbero anche «padre, madre, gay, trans e lesbiche», spiega Il Giornale, che parla di «neo-lingua del pensiero unico progressista» e azzarda paragoni con 1984 di George Orwell. 

Si tratta di informazioni presentate in modo fuorviante, che contribuiscono a diffondere una notizia falsa. 

Le denunce di Baldassarre e del Giornale fanno riferimento a un documento ad esclusivo uso interno, che la redazione di Facta ha potuto visionare. Come viene precisato nella sua sezione introduttiva, lo scopo del glossario è quello di «aiutare il personale del Parlamento europeo a comunicare appropriatamente i temi della disabilità, delle questioni LGBTI+, di etnia e religione», pur con l’importante precisazione di lasciare ai singoli esponenti delle categorie interessate la scelta dei «termini preferiti».

Il glossario è stato compilato dall’Unità uguaglianza, inclusione e diversità che fa capo al segretario generale del Parlamento europeo, in collaborazione con il servizio traduzioni, e non contiene divieti né imposizioni. Si tratta di semplici raccomandazioni linguistiche utili a trattare correttamente temi sensibili, utilizzando come fonte documenti redatti da organizzazioni intergovernative e associazioni. Tra i consigli c’è quello di preferire l’espressione “genitori” a “madre e padre” – così da riconoscere la possibilità di famiglie omogenitoriali – e di parlare di “persone omosessuali”, piuttosto che utilizzare il solo aggettivo “omosessuali”, una tattica utilizzata da chi si oppone ai diritti Lgbt con l’intento di spersonalizzare gli individui. 

Il glossario, tra l’altro, non è neanche indirizzato agli europarlamentari. A confermarlo è il servizio stampa del Parlamento Europeo, che contattato da Facta ha spiegato come il documento fosse destinato a «funzionari, traduttori e persone comunque abituate a lavorare in un ambiente con forte presenza di multilinguismo» e che non era diretto agli eurodeputati, che infatti non ne hanno ricevuto una copia.

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Comments (1)

  • Stefano

    Si tratta comunque di un documento che di fatto introduce il concetto che per essere inclusivi bisogna cancellare la propria identità. Il fatto che questo documento sia destinato a funzionari, traduttori, etc, che certo non potranno sottrarsi se vogliono continuare a lavorare, testimonia l’arroganza con cui le elite culturali vogliono imporre alle masse anche attraverso il linguaggio. Aveva ragione Orwell.

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