Il 5 luglio 2021 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un articolo pubblicato il giorno precedente da Raffaele Palermo News, sito web di cui ci eravamo occupati in passato per una falsa notizia riguardante i vaccini contro la Covid-19.
L’articolo oggetto della verifica odierna si intitola “Morirono solo i vaccinati: il macabro inganno dell influenza spagnola del 1918” e racconta le presunte origini della pandemia che uccise oltre 50 milioni di persone tra il 1918 e il 1920. Secondo l’articolo, le autopsie condotte nel dopoguerra avrebbero dimostrato che «l’influenza del 1918 non era affatto una influenza» ma bensì una malattia causata «da dosi casuali di un vaccino contro la meningite batterica sperimentale, che fino ad oggi imita i sintomi dell’influenza».
L’intero complotto sarebbe stato ordito per punire la Spagna, che «era neutrale durante la prima guerra mondiale e non censurò la sua stampa, a differenza dei paesi combattenti».
Si tratta di una notizia falsa.
Innanzitutto, non esiste alcuna prova di autopsie che avrebbero negato la natura virale dell’influenza spagnola e la notizia non compare in alcuna pubblicazione scientifica, documento ufficiale o articolo di giornale pubblicato da testate affidabili. La fonte principale citata nell’articolo è un libro intitolato “Vaccinazione, il killer silenzioso”, pubblicato nel 1977 da una sopravvissuta alla pandemia di nome Eleanor McBean.
Nel libro, McBean spiegava che la prima guerra mondiale fu «la prima guerra nella quale tutti i vaccini allora noti furono somministrati obbligatoriamente a tutti i militari» e che «questo guazzabuglio di veleni farmacologici e di proteine putride di cui i vaccini erano composti, causò una tale diffusione di malattia e di morte tra i soldati che era un comune soggetto di discussione il fatto che i nostri uomini venivano uccisi più dalle iniezioni dei medici che dalle pallottole delle armi da fuoco».
Secondo McBean, il conflitto bellico fu «più breve di quanto non avessero pensato i produttori di vaccini» e per questo motivo «una quantità di vaccini inutilizzati e andati a male» fu somministrata alla popolazione e i sintomi da questi scatenati (febbre alta, brividi, dolore, crampi, diarrea) spacciati per influenza spagnola.
Nel libro, McBean (che era una naturopata) non portava alcuna prova a suo sostegno e dimostrava poca dimestichezza con argomenti medici e sanitari. In un passaggio della prefazione al suo libro “L’ago avvelenato”, ad esempio, descriveva i vaccini come «un’infusione di veleno iniettato nel flusso sanguigno». È noto, al contrario, che i vaccini vengano iniettati intramuscolo.
L’imprecisione medica è però ben poca cosa rispetto a quella storica. È vero, infatti, che i soldati americani al fronte furono sottoposti a immunizzazione durante la prima guerra mondiale, ma non si trattava di una novità assoluta. Secondo una ricerca pubblicata dal Dipartimento della salute americano, la prima campagna di prevenzione su larga scala (in quel caso la vaccinazione era contro il vaiolo) risale addirittura al 1777.
È inesatta anche l’affermazione secondo cui la pandemia sarebbe stata provocata per disfarsi dei vaccini accumulati durante la guerra, dal momento che i primi casi di influenza spagnola risalgono al maggio del 1918, sei mesi prima dell’armistizio che l’11 novembre 1918 segnò la fine del primo conflitto mondiale.
Infine, dal 1920 a oggi la scienza ha studiato approfonditamente l’influenza spagnola. Nonostante le origini specifiche della malattia siano ancora sconosciute, sappiamo con certezza che questa non ha avuto inizio in Spagna (le ipotesi più accreditate parlano oggi di Francia, Cina, Gran Bretagna o Stati Uniti) e che il virus H1N1 (il ceppo virale che causò la pandemia) è stato trasmesso all’uomo per via aviaria.