I bombardamenti Nato in Libia del 2011 non hanno provocato la morte di «500 mila civili»
Il 22 marzo 2022 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare le informazioni riportate in un post pubblicato il 13 marzo su Facebook, che recita: «Nel 2011 nei 10 mila raid Nato contro la Libia morirono 500 MILA CIVILI! 500 MILA CIVILI!! 500 MILA CIVILI!!! Ma erano “subumani” – per citare il grande André Vltchek – e per i media italiani semplicemente non sono mai esistiti».
Si tratta di un’informazione infondata, non sostenuta da alcuna prova e contraddetta dai report delle organizzazioni internazionali.
Il post oggetto della nostra verifica fa riferimento alla risoluzione adottata il 17 marzo 2011 dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che autorizzava il ricorso a «tutte le misure necessarie» per proteggere i civili libici dalle forze fedeli all’ex presidente Muʿammar Gheddafi. Tale risoluzione avrebbe comportato di fatto l’istituzione di una no-fly zone sulla Libia (il divieto di sorvolo per i mezzi aerei non autorizzati) e fu la conseguenza della cosiddetta Primavera Araba, una serie di moti di insurrezione popolare che interessarono il medio-oriente e il nord Africa e che in breve sfociarono in una guerra civile libica.
Durante il conflitto, la Nato si schierò dalla parte delle forze ribelli e lanciò più di 9.700 attacchi aerei su obiettivi militari per «proteggere i civili da attacchi o dalla minaccia di attacchi», come si legge nel report finale della missione pubblicato dalla Nato. Questi attacchi, tuttavia, non provocarono la morte di «500 mila civili».
Secondo le indagini sul campo condotte dall’organizzazione non governativa Human Rights Watch, le vittime civili dei bombardamenti Nato furono in tutto 72 (composte per un terzo da bambini sotto i 18 anni), mentre Amnesty International ha documentato l’uccisione di 55 civili. Un’inchiesta del New York Times pubblicata a dicembre 2011 riferiva di un numero di vittime civili compreso tra le 40 e le 70 unità.
Il numero più alto contenuto in un report internazionale è quello riportato da Airwars, un’organizzazione senza scopo di lucro che dal 2014 monitora i civili feriti in azioni militari condotte in Iraq, Siria, Libia, Somalia e Yemen. Secondo il rapporto di Airwars, pubblicato in occasione del decimo anniversario del conflitto, il numero di vittime collaterali uccise durante i bombardamenti oscilla tra i 223 e i 403 civili, ma il bilancio potrebbe essere altamente sottistimato, a causa del limitato uso dei social network nella Libia del 2011 e per l’assenza di media locali indipendenti in quell’area. Nessun rapporto, in ogni caso, si avvicina lontanamente al numero di «500 mila civili» riportato nel post oggetto di verifica.
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Claudio
Joe Dick sul numero del 20 marzo di Foreign Policy. Quello che Dick definisce come un tabù ha visto il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti aprire la strada, ammettendo che le sue forze hanno ucciso più di 1.300 civili nella campagna di bombardamenti della coalizione guidata dagli Stati Uniti contro lo Stato Islamico, anche se i reporter di Airwars stimino che il numero reale sia molto più alto.