L’11 gennaio 2021 su Twitter è stato pubblicato un post che riporta la notizia di una legge firmata dal presidente russo Vladimir Putin «contro la censura dei media russi su Facebook, Twitter e YouTube». Il tweet contiene il link ad un articolo pubblicato lo stesso giorno dal sito web RassegneItalia.info dal titolo “La Russia difende la libertà di parola: Putin firma una legge contro la censura dei media russi su Fb, Twitter e YouTube”.
Si tratta di una notizia vera.
Come spiegava il 23 dicembre 2020 la testata della radio pubblica americana Npr, il pacchetto di leggi era stato approvato a novembre 2020 in prima lettura dalla Duma (la camera bassa del parlamento che affianca il Consiglio federale della Russia) e consiste in tre provvedimenti: il primo permette al ministero delle Comunicazioni russo di bloccare (impedendone l’accesso dai server russi) i siti web che attuano quella che viene definita una «discriminazione» ai danni dei media del Paese, il secondo prevede la possibilità di comminare multe alle piattaforme che non rimuovono contenuti banditi nel Paese. Il terzo prevede pene che vanno fino al carcere per gli autori di «commenti calunniosi» sul web, ovvero per chi dovesse essere considerato colpevole di diffamazione (la nuova normativa estende una legge del 2019 che sanzionava gli autori di commenti diffamatori online contro le autorità). Lo scorso 30 dicembre 2020, il pacchetto di leggi è stato firmato dal presidente Vladimir Putin, entrando ufficialmente in vigore.
L’iniziativa legislativa è stata interpretata da più parti come la risposta del Cremlino a Twitter – che nello scorso mese di settembre aveva emanato una serie di restrizioni contro alcuni account dei media russi considerati vicini al Cremlino – e a Facebook, che il 1 settembre aveva estromesso dalla piattaforma numerosi account russi, accusati di diffondere disinformazione per interferire nelle elezioni presidenziali americane.
Subito dopo l’approvazione della legge alla Duma il principale esponente dell’opposizione a Putin, Alexey Navalny, si era scagliato contro i provvedimenti con un commento su Twitter in cui invocava il ricorso ai Vpn (software in grado di aggirare il controllo governativo sul web). Vale la pena sottolineare che il pacchetto di provvedimenti licenziati dal Cremlino non ha nulla a che fare con le recenti decisioni di Twitter nei confronti di Donald Trump, sulle quali il vice-presidente della Duma Anton Gorelkin si è invece detto d’accordo.