Il 12 febbraio 2021 su Facebook è stato pubblicato un post contenente un’immagine del simbolo del bluetooth e un testo che recita: «Bluetooth prende il nome dal re vichingo danese. Il logo Bluetooth mostra le sue iniziali – The Old Norse runes H e B di Harald Blåtand. Nel X secolo, il re vichingo unì per la prima volta la Danimarca sotto un’unica corona. Questo è esattamente ciò che le società scandinave Ericsson e Nokia hanno preso in considerazione quando hanno pubblicato lo standard Bluetooth nel 1998. Doveva anche collegare una grande varietà di dispositivi, anche senza fili».
Si tratta di una notizia vera.
Innanzitutto, “bluetooth” è una parola traducibile in italiano con “dente blu” e serve oggi ad indicare lo standard tecnologico di condivisione dati senza fili tra dispositivi (ne abbiamo parlato in occasione del lancio di Immuni, l’app italiana di tracciamento dei contagi da Covid, che utilizza proprio la tecnologia bluetooth).
Come ha spiegato nel 2014 il sito di tecnologia Gizmondo, l’invenzione risale al 1998 ed è dovuta a un consorzio delle aziende più grandi nel settore della tecnologia, tra cui Intel, Ericsson e Nokia.
Come ha raccontato Gizmondo, lo sviluppo della tecnologia di condivisione non fu semplice, ma ancora più arduo il compito dei creativi, incaricati di trovare un nome e un logo per quello che sarebbe diventato il bluetooth. La situazione si sbloccò nell’estate del 1997, quando l’ingegnere di Intel Jim Kardach uscì a bere qualcosa con Sven Mattisson, un suo collega al tempo impiegato di Ericsson. I due parlarono di un romanzo dal titolo Le navi dei vichinghi di Frans Gunnar Bengtsson, che raccontava le gesta di Harald Blåtand (Aroldo “Dente Blu” Gormsson, re di Danimarca), il primo sovrano scandinavo in grado di riunire in un unico regno l’attuale Norvegia e l’attuale Danimarca. Non è ben chiaro a cosa fosse dovuto il soprannome “dente blu”, ma gli storici propendono per un dente malato e dunque più scuro degli altri.
Il simbolo del bluetooth deriva effettivamente dall’unione di due rune nordiche: hagall (ᚼ, la nostra lettera H) e berkanan (ᛒ, la nostra B). Ovvero le iniziali di Harald Blåtand. L’intera storia è stata confermata nel 2008 da Jim Kardach, che in un articolo pubblicato su EE Times, dichiarò: «Harald aveva unito la Danimarca e aveva cristianizzato i danesi! Mi resi quindi conto che il suo soprannome sarebbe stato ideale per dare un nome al progetto cui stavo lavorando».