Che cosa c’è dietro la storia dello scarceramento dei «mafiosi» al 41 bis - Facta
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Che cosa c’è dietro la storia dello scarceramento dei «mafiosi» al 41 bis

Mercoledì 22 aprile la redazione di Facta ha ricevuto via WhatsApp diverse segnalazioni che chiedevano dei chiarimenti circa un articolo pubblicato il 21 aprile 2020 dal settimanale L’Espresso. Nell’articolo si legge che alcuni detenuti condannati per associazione mafiosa starebbero usufruendo (o potrebbero usufruire a breve) del regime di detenzione domiciliare, viste le condizioni in cui si trovano i penitenziari italiani in seguito all’emergenza Covid-19.

Stando a quanto segnalato da alcuni nostri lettori (e non riportato da L’Espresso), sarebbe il decreto “Cura Italia” a permettere che ciò avvenga.

Ma davvero il “Cura Italia” permette ai «mafiosi» di uscire dalle carceri e passare agli arresti domiciliari? Grazie ai colleghi di Pagella Politica che hanno scritto un articolo sul tema, abbiamo la risposta: no. Andiamo con ordine. 

L’articolo de L’Espresso

Il 21 aprile L’Espresso ha pubblicato un articolo dal titolo «Esclusivo: coronavirus, i mafiosi al 41bis lasciano il carcere e tornano a casa». Nell’articolo si fa riferimento alla decisione presa il 20 aprile dal giudice di sorveglianza del tribunale di Milano che ha concesso gli arresti domiciliari al settantottenne palermitano Francesco Bonura, condannato a 23 anni per associazione mafiosa in via definitiva e sottoposto al cosiddetto “carcere duro” o 41 bis

Secondo L’Espresso, la scarcerazione di Bonura sarebbe arrivata in seguito alla circolare del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap) che lo scorso 21 marzo invitava a comunicare «con solerzia alla Autorità giudiziaria, per le eventuali determinazioni di competenza» i nominativi dei detenuti con più di 70 anni e affetti da determinate patologie, che potrebbero esporre al rischio di complicazioni in caso di infezione da Covid-19.

Stessa sorte, si legge ancora nell’articolo, potrebbe toccare ad altri detenuti in regime di 41 bis, tra i quali il capomafia Benedetto “Nitto” Santapaola, condannato in via definitiva nel 2003 per l’omicidio del giornalista Giuseppe Fava.

I colleghi di Pagella Politica hanno provato a contattare il Dap per avere conferma di quanto accaduto ma sono al momento ancora in attesa di una risposta. 

Secondo alcune fonti stampa, infatti, il Dap ha pubblicato un comunicato in cui smentisce la ricostruzione fatta da L’Espresso e sostiene di non aver dato alcuna indicazione circa lo scarceramento di detenuti sottoposti al “carcere duro”. 

Della stessa opinione anche i legali di Bonura, che hanno spiegato che il peggioramento delle condizioni di salute del boss mafioso (che ha un cancro al colon) e l’attuale emergenza coronavirus giustificherebbero la scelta presa dal giudice di sorveglianza di Milano.

Che cosa prevede il “Cura Italia” per le carceri

Come spiegato dai colleghi di Pagella Politica, il decreto “Cura Italia” introduce delle modifiche per quanto riguarda alcune misure in materia di detenzione carceraria. Ma non tutti i detenuti saranno interessati da questi benefici. 

Sono esclusi, tra gli altri, anche i condannati per reati considerati gravi (chiamati anche “reati ostativi”): rientrano in questa categoria i condannati per associazione di stampo mafioso o di scambio elettorale politico-mafioso. Non è dunque vero che grazie al decreto “Cura Italia” i «mafiosi» detenuti nelle carceri italiane avranno dei benefici.

Lo stesso Tribunale di sorveglianza di Milano ha precisato con una nota che il provvedimento di scarcerazione di Bonura è stato disposto «secondo la normativa ordinaria applicabile a tutti i detenuti, anche condannati per reati gravissimi, a tutela dei diritti costituzionali alla salute e all’umanità della pena». Senza, quindi, alcun riferimento ad un nuovo decreto.

Infine, sono stati anche gli stessi avvocati di Bonura a sostenere che sia «del tutto errato» il riferimento al decreto “Cura Italia” che, continuano, «non si applica al caso [di Bonura] e non ha nulla a che vedere con il differimento pena disposto per comprovate ragioni di salute e sulla base della previgente normativa».

In conclusione

Il 21 aprile L’Espresso ha pubblicato un articolo in cui annunciava la scarcerazione di alcuni «mafiosi» sottoposti al cosiddetto “carcere duro” (41bis). Per loro, vista l’emergenza Covid-19, sarebbe stato scelto il passaggio alla detenzione domiciliare. 

Nell’articolo si legge che la decisione sarebbe arrivata a “seguito allo stato di emergenza in cui si trovano i penitenziari” e dopo la circolare dello scorso 21 marzo del Dipartimento per l’amministrazione penitenziaria (Dap). Il Dap però, stando a quanto riportato da alcune fonti stampa, ha smentito questa ricostruzione.

Quello che è certo è che la responsabilità dei domiciliari non è legata al decreto “Cura Italia”. 

Il testo di legge, pur prevedendo dei cambiamenti per quanto riguarda il regime carcerario durante l’emergenza sanitaria in corso, non prevede in alcun modo un passaggio agli arresti domiciliari per i detenuti sottoposti al 41 bis (mafiosi o non). Questa categoria di detenuti non rientra tra i beneficiari delle norme introdotte dal “Cura Italia”.

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Comments (2)

  • Giuseppe

    Anche loro sono essere umani e meritano di vivere , come tutti , anche se hanno commesso reati gravi , x salvaguardare la situazione , in questo momento di pandemia

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  • Severino

    …i loro diritti li hanno persi nel momento in cui hanno commesso reato. Cosi’ dice la legge e cosi’ dice la morale che loro non hanno mai avuto!

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