Il 5 maggio la redazione di Facta ha ricevuto via WhatsApp molte richieste di verifica di un lungo messaggio testuale che attaccava la trasmissione televisiva Che Tempo Che Fa in merito alla puntata andata in onda su Rai 2 la sera di domenica 3 maggio. Il bersaglio è in particolare il virologo Roberto Burioni (spesso ospite in studio) per alcune dichiarazioni fatte in merito al tema delle terapie a base di plasma per trattare il Covid-19.
Il messaggio è, nella forma, un vero e proprio appello in cui si chiede di «aiutare me e alcuni amici medici nella nostra battaglia», diffondendo il messaggio stesso: l’autore è Mauro Rango, nome che fino a questo momento non era mai entrato nel dibattito a tema coronavirus.
La possibilità di trattare le persone malate di Covid-19 con il plasma di quelle guarite dalla malattia, ricordiamo, è un processo in fase sperimentale in Italia presso alcuni ospedali. Negli ultimi giorni è stato al centro di un acceso interesse, come abbiamo spiegato in un nostro approfondimento. Rango che, si legge nella segnalazione ricevuta dalla nostra redazione, al momento della stesura del messaggio non si trova in Italia, bensì nella Repubblica di Mauritius, sarebbe stato informato da alcuni amici medici di alcune osservazioni di Burioni sulla terapia che, scrive, deve «necessariamente correggere».
Viste le molte segnalazioni ricevute, abbiamo deciso di fare chiarezza sul messaggio e sui contenuti riportati dando precedenza ai temi principali che vengono affrontati, senza addentrarci nelle numerose critiche e allusioni fornite.
Il messaggio
Il messaggio, molto lungo (circa 7.000 caratteri), appare essere molto diffuso non solo sul WhatsApp ma, nella giornata di martedì 5 maggio anche su Facebook e su Twitter, dove Rango viene presentato di volta in volta come «professore», «dottore», «medico», spesso come «esperto in plasmaferesi».
Ma tra tutte le informazioni riportate, che cosa c’è di vero? Alcune anticipazioni: Mauro Rango – come ha ammesso apparentemente lui stesso – non è un medico, non è vero che nella Repubblica di Mauritius non si conta un solo decesso Covid-19 da quando è stato annunciato il trattamento col plasma, è vero che la sperimentazione ha portato a degli esiti positivi in situazioni particolarmente critiche ma non è corretto sostenere che sia la soluzione o la cura alla pandemia in corso. Andiamo con ordine.
Mauro Rango non è un medico (e lo dice lui stesso)
Cominciamo con l’autore del messaggio. Dal momento che sia su WhatsApp sia sui social network si parla di Mauro Rango come di un medico, la redazione di Facta ha cercato riscontro circa l’appartenenza Rango a una struttura sanitaria nella Repubblica di Mauritius oppure a una italiana, senza trovarlo. Su Pubmed, il database che raccoglie tutti i riferimenti alle pubblicazioni scientifiche sulla scena internazionale, digitando questo nominativo non compare alcun risultato.
Inoltre, i riferimenti che l’autore del messaggio riporta in cima al testo diventato virale (il suo numero di cellulare – con prefisso italiano e che risulta spento o non raggiungibile – e una email) sono personali e non sono riconducibili ad alcuna affiliazione accademica o di un ospedale.
A fare chiarezza sulla questione è intervenuto, il 5 maggio 2020, lo stesso Rango in un video pubblicato su YouTube che porta qualche (parziale) risposta. Il filmato si intitola «Mauro Rango vs Burioni» ed è il primo contenuto mai pubblicato da un profilo a nome di Mauro Rango che risulta aperto oltre dieci anni fa, nel maggio 2009.
Il video dura 5 minuti e inquadra una persona che si presenta come Mauro Rango e dice di trovarsi, come recitava il messaggio, nella Repubblica di Mauritius. Precisiamo subito che non siamo in grado di confermare l’identità: ci basiamo sulle dichiarazioni del protagonista del video. Rango precisa (minuto 01:30) «non sono un medico, non ho mai detto di essere un medico e non l’ho mai scritto» spiegando di essere laureato in Diritti umani presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Padova. Sostiene poi (minuto 01:40) che il messaggio originario da lui mandato ad alcuni amici sia stato successivamente modificato da ulteriori invii e di non essersi mai identificato come un «dottore» o un «medico italiano».
Abbiamo quindi cercato di fare chiarezza sull’identità comunicata nel video. Presso l’Università di Padova è in effetti attivo un corso di laurea in «Scienze politiche, relazioni internazionali, diritti umani», che potrebbe essere quello a cui fa riferimento Rango. Abbiamo contattato l’ufficio stampa dell’Università degli Studi di Padova per chiedere ulteriori chiarimenti e siamo in attesa di una risposta.
Dunque, riassumendo: Mauro Rango, che su WhatsApp e social network viene descritto come un medico italiano operativo all’estero, in realtà non è un medico ed è lui stesso a confermarlo. Il suo messaggio, quindi, pur alludendo a temi prettamente scientifici come la plasmaferesi, non è stato redatto da un esperto del settore. Vediamo ora quali informazioni sono contenute nel messaggio.
I principali contenuti del messaggio
In sintesi, Rango sostiene che quella sul plasma non debba essere considerata una «sperimentazione», termine con il quale durante Che Tempo Che Fa la si definisce. Questo perché – si legge nel messaggio – la tecnica sarebbe già in uso da «molti decenni» e avrebbe consentito nella Repubblica di Mauritius di registrare un solo decesso da nuovo coronavirus da quando questa pratica sarebbe stata impegnata per trattarlo.
Rango fa poi alcune considerazioni più strettamente mediche dove sostiene che la plasmaferesi (cioè, appunto, la donazione di plasma) sarebbe necessaria sui pazienti Covid in uno stadio avanzato, allegando alcuni riferimenti a farmaci antinfiammatori e anticoagulanti da accompagnare alla terapia.
Secondo Rango i donatori sarebbero già sufficienti a fornire il materiale e sostiene di aver cercato inutilmente, assieme a parecchi medici in Italia di cui non precisa il nome, di portare all’attenzione la terapia al plasma attraverso email e messaggi che sono stati però ignorati dalle autorità.
Sarebbe in atto, insomma, una forma di censura verso queste informazioni, operata dai giornali italiani e favorita dagli «scienziati che hanno occupato e che ancora continuano ad occupare l’informazione in Europa e negli Stati Uniti», col risultato, si legge, che l’Italia avrebbe potuto evitare più del 90 per cento dei decessi.
Ma senza, precisa Rango, che ci sia un complotto: per semplice «ignoranza, supponenza e incapacità del nostro sistema politico, medico e informativo a far fronte a un’epidemia che – si legge in conclusione – se affidata a qualche vecchio pneumologo, della vecchia scuola italiana oppure ad un medico generalista mauriziano sarebbe già stata completamente debellata».
Terapia al plasma presente da «decenni» e la Covid-19 alle Mauritius
Cominciamo ora con la verifica dei contenuti. Rango apre il suo messaggio sostenendo che non sia corretto parlare di «sperimentazione» della terapia col plasma perché si tratta di una pratica conosciuta da «decenni».
È vero che la somministrazione di plasma non è una novità nel campo della medicina. Come scritto in un nostro recente articolo sul tema, la stessa strategia è stata in parte studiata anche per Ebola e influenza H1N1.
Nel caso di Covid-19 oggi i risultati sono ancora limitati e in fase sperimentale e notiamo che quella sul plasma è definita come «sperimentazione» anche nelle stesse strutture sanitarie dov’è praticata. Vista, quindi, la mancanza di una “ufficialità” della terapia, utilizzare il termine «sperimentale» in relazione al nuovo coronavirus Sars-Cov-2 è corretto.
Ricordiamo poi, come sostenuto, tra gli altri, anche dai medici che oggi in Italia la sperimentano, che non si tratta di una soluzione o terapia definitiva al problema Covid ma di una terapia di emergenza: la soluzione saranno i vaccini, i farmaci specifici per la malattia, la possibilità di costruire anticorpi ingegnerizzati.
Passando poi alle informazioni date da Rango circa il numero di decessi nella Repubblica di Mauritius – che secondo Rango sarebbe solo uno da quando si utilizza il plasma dei guariti – sappiamo che dall’inizio dell’epidemia ad oggi (8 maggio 2020) sono stati registrati dall’Oms 332 casi di Covid per un totale di 10 decessi (stesso numero riportato, complessivamente, anche da Rango nel lungo messaggio).
Sul sito del governo, in data 8 aprile 2020, è stato pubblicato un comunicato in cui, si legge, che il Primo ministro Pravind Kumar Jugnauth in occasione di una conferenza stampa ha avvisato i cittadini dell’inizio di una terapia a base di plasma per i pazienti Covid in situazioni critiche (stessa cosa che, da quanto sappiamo, è successa in alcuni casi anche in Italia).
Alla luce di questo e guardando nuovamente ai dati condivisi dall’Oms, quanto sostenuto da Rango è impreciso: se è vero che le vittime Covid totali alle Mauritius sono 10, dall’8 aprile – giorno in cui è stato comunicato l’inizio del trattamento al plasma per i malati Covid gravi dal governo di Mauritius – le vittime di Sars-Cov-2 sono state almeno 3 (e non solo una come sostenuto nel messaggio diventato virale).
I numeri complessivi del contagio alle Mauritius inoltre sono così bassi da rendere molto meno significativo il confronto: tre deceduti possono comunque sembrare pochissimi, ma stiamo parlando comunque di un territorio in cui si sono verificate poche centinaia di casi (contro i circa 215.000 italiani).
No, quello che sappiamo finora su plasma e Covid-19 non cambia
I messaggi di Mauro Rango apportano qualcosa di nuovo alle nostre conoscenze nell’ambito dell’uso del plasma iperimmune sui pazienti affetti da coronavirus? La risposta è no.
Resta valido per il momento quello che abbiamo già scritto, e cioè che a oggi si tratta di un trattamento sperimentale d’urgenza che sta dando, stando alle parole dei medici che se ne occupano in prima persona, risultati incoraggianti ma che nemmeno la struttura sanitaria di Mantova (dove ha luogo una parte della sperimentazione) sta definendo «cura» o «soluzione» per il coronavirus, anzi.
«La terapia con il plasma non è una cura miracolosa, ma uno strumento che insieme ad altri potrà consentirci di affrontare nel modo migliore questa epidemia – ha sottolineato proprio il 5 maggio sul sito ufficiale l’azienda sanitaria mantovana, precisando inoltre che – si ritiene opportuno, seguendo il metodo scientifico, rimandare al momento della pubblicazione l’esame accurato dei risultati».
Rango nel suo messaggio si dichiara anche contrario all’impiego di plasma sintetico, ipotesi che veniva valutata da Burioni (qui, al minuto 07:00) ma anche da Fausto Baldanti, medico coinvolto in prima persona nella sperimentazione presso il policlinico di Pavia (sempre qui, al minuto 09:00). Secondo Rango non sarebbe necessario perché il numero delle persone guarite sarebbe già sufficiente per fornire una cura a chi ne ha bisogno.
Superando la polemica circa l’utilizzo del plasma sintetico che, come visto, è in controtendenza rispetto al parere di due esperti del settore, soffermiamoci sulla seconda accusa mossa da Rango: ci sarebbero in Italia già guariti sufficienti per curare i malati.
Questa teoria trova il parere contrario di Massimo Franchini, responsabile del reparto di Immunoematologia e Medicina trasfusionale dell’ospedale Poma di Cremona che il 28 aprile ad Adnkronos ha spiegato quali sono i criteri per la selezione dei donatori, «un lavoro certosino» che di fatto riduce al 30 per cento del totale i potenziali candidati.
Le persone idonee a donare il plasma devono infatti rispettare una serie di parametri: essere guarite (cioè riportare tampone negativo) da almeno due settimane, non essere affette da altre malattie e aver sviluppato un determinato grado di anticorpi. La necessaria presenza di tutte queste caratteristiche riduce quindi la platea dei potenziali donatori.
Non è vero che in Italia non si parla del plasma
Aggiungiamo infine che le accuse avanzate da Rango di aver occultato, in Italia, questo approccio terapeutico risultano infondate.
Già a febbraio la stampa italiana dava notizia di trial clinici con il plasma in corso in Cina (qui, ad esempio, su la Repubblica il 23 febbraio), e delle ricerche in corso a Mantova e Pavia si legge dal momento del via alla sperimentazione (qui, su Il Giorno, il 14 marzo). Lo scorso 18 aprile, quindi anche in questo caso diverse settimane fa, è poi andato in onda un servizio della trasmissione televisiva d’inchiesta Petrolio interamente dedicato alla sperimentazione in corso sul plasma a Mantova. In prima serata e su Rai 2.
Dunque sia la stampa che la televisione pubblica hanno, a partire da febbraio 2020, coperto il tema che è poi diventato nelle ultime settimane sempre più attuale.
In conclusione
Il 5 maggio è diventato virale un messaggio WhatsApp a firma di Mauro Rango e proveniente dalla Repubblica di Mauritius in cui si sostiene che nello Stato la terapia a base di plasma stia portando a dei risultati sorprendenti che in Italia non sia stata adottata a causa di una sorta di censura in atto da parte di scienziati e mondo dell’informazione.
Innanzitutto, Mauro Rango non è un medico, come d’altra parte dichiara lui stesso in un video pubblicato su YouTube in seguito alla propagazione del messaggio.
In merito ai contenuti del messaggio si tratta di informazioni in gran parte imprecise ed esagerate rispetto alle attuali conoscenze medico-scientifiche su questa pratica.
Se è vero che terapie a base di plasma sono conosciute dalla comunità scientifica e che il loro utilizzo non è una novità, è però corretto ricordare che ad oggi per la cura di Covid-19 la scelta di utilizzare plasma di pazienti guariti è solo una soluzione temporanea e che, come vedremo sotto e come abbiamo già scritto, non si tratta di una terapia semplice da strutturare e attiva solo ed esclusivamente in via sperimentale. Utilizzare quindi il termine «sperimentazione» è corretto.
Per quanto riguarda i dati riportati da Rango circa i decessi nella Repubblica di Mauritius, non è vero che da quando è stata introdotta la terapia al plasma nello Stato è stato registrato un solo decesso (sono stati in realtà tre). Sul numero totale di decessi in quel Paese, Rango non sbaglia: sono stati, da inizio epidemia, complessivamente 10. Si tratta comunque di tutt’altri numeri rispetto alla situazione italiana, per cui il paragone è poco sensato.
A oggi, come confermato in primo luogo dalle cliniche che lavorano al trattamento, quella con il plasma non è una cura miracolosa, bensì uno degli strumenti in corso di valutazione per far fronte all’emergenza sanitaria in atto. Si tratta, però, di una soluzione temporanea e che non è garantita da tutti i guariti Covid che, per poter donare del plasma utile alla cura di altri malati, devono rispettare alcuni precisi requisiti che ad oggi riducono la platea di donatori a circa il 30 per cento dei candidati totali.
Infine, anche le accuse di censura da parte dei media mosse da Rango sono infondate: la notizia di sperimentazioni in atto con il plasma immune sono state diffuse quasi in tempo reale nei mesi scorsi, sia dalla stampa che dalla televisione italiana.