Che cosa ha detto di sbagliato su Ue, vaccini e green pass il vicequestore di Roma Schilirò - Facta
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Che cosa ha detto di sbagliato su Ue, vaccini e green pass il vicequestore di Roma Schilirò

Il 17 novembre, ospite a Non è l’arena su La7, il vice questore di Roma Nunzia Alessandra Schilirò, nota attivista contraria al green pass e per questo sospesa dal servizio, ha fatto alcune affermazioni prive di fondamento sui vaccini e le norme europee. Non è la prima volta che accade: già in passato i colleghi di Pagella Politica hanno analizzato gli errori fatti da Schilirò in un suo comizio tenutosi il 25 settembre.

In sintesi: non è vero che l’Unione europea ha imposto delle regole che contraddicono quanto deciso dall’Italia in materia di vaccini e green pass. Vediamo meglio come stanno le cose.

Che cosa stiamo verificando

In primo luogo Schilirò ha sostenuto (min. 01:17) che la «risoluzione dell’Unione europea 2383, che è una legge sovraordinata alle leggi dello Stato», dica che i vaccinati sono «vettori di contagio» e dunque quando il governo impone delle misure per contenere il contagio, anche i vaccinati devono fare il tampone. 

Poco dopo il vice questore ha citato (min. 01:57) un’altra «risoluzione molto importante, la 2361, sempre dell’Unione europea» che prevederebbe che non si possono effettuare pressioni nei confronti dei non vaccinati, che non si può parlare di obbligatorietà vaccinale e che «non si può mai usare il green pass come strumento di discriminazione, ribadendo quello che già il regolamento 953 aveva detto».

Il «regolamento 953» e la non discriminazione dei non vaccinati

Partiamo dall’ultimo punto, quello relativo al «regolamento 953» che vieterebbe la discriminazione dei non vaccinati, di cui Pagella Politica si è occupata in passato.

Il regolamento 953/2021 dell’Ue non contiene alcun articolo che prevede questo principio di non discriminazione. Al massimo è contenuto in un “considerando”, che non ha valore giuridico, e va interpretato coerentemente con il testo normativo a cui si riferisce.

In particolare la non discriminazione è relativa all’accesso al green pass europeo – il documento pensato per consentire la mobilità tra Stati dell’Ue durante la pandemia – e va intesa nel senso che non si può negare il green pass a chi, non vaccinato, si sottopone al tampone e risulta negativo oppure a chi ha un ceritificato di recente guarigione dalla Covid-19. Non va invece inteso come un divieto per gli Stati di regolare l’accesso a determinati servizi in base al possesso o meno del green pass o di altri documenti analoghi.

Questa è una falsità che circola da tempo e che ha avuto eco anche nella politica italiana. E le altre risoluzioni europee, sono state citate correttamente?

Che cosa dicono le due risoluzioni citate

Per prima cosa, è vero che le due risoluzioni citate da Schilirò hanno il contenuto riportato dal vice questore, al netto di qualche semplificazione. 

Come già scritto, la risoluzione 2361/2021 del Consiglio d’Europa (che, come vedremo, non fa parte dell’Unione europea), approvata a gennaio 2021, stabilisce che i cittadini debbano essere informati circa la non obbligatorietà dei vaccini, che le persone non devono subire pressioni per vaccinarsi e che non si possono discriminare i non vaccinati. 

La risoluzione 2383/2021 del Consiglio d’Europa, approvata a giugno 2021, stabilisce poi che anche i vaccinati possono essere vettori di contagio e che «fino a che non ci saranno chiare e solide evidenze scientifiche, potrebbe essere discriminatorio eliminare le restrizioni per i vaccinati mentre vengono mantenute per i non vaccinati».

Ma sostenere, come fa Schilirò, che queste risoluzioni siano vincolanti per lo Stato italiano è del tutto sbagliato.

Consiglio d’Europa, non Unione europea

Il grave errore che commette Schilirò è presentare le risoluzioni 2383 e 2361 come «risoluzioni dell’Unione europea». È falso: le risoluzioni sono infatti del Consiglio d’Europa, un’organizzazione internazionale che non fa parte dell’Ue. Questa organizzazione si occupa della tutela dei diritti umani e conta 47 Stati membri, tra cui Russia e Turchia.

A differenza delle norme dell’Ue, che in effetti prevalgono sulle norme degli Stati membri, lo stesso non vale per gli atti del Consiglio d’Europa, le cui iniziative non sono vincolanti e vanno eventualmente ratificate dagli Stati che ne fanno parte perché acquisiscano efficacia nei vari ordinamenti nazionali. 

In generale, confondere il Consiglio d’Europa (che non è un organo dell’Ue) con il Consiglio europeo o il Consiglio dell’Ue (che invece sono organi dell’Unione) è un errore frequente e grave.

Guardiamo all’estero e al personale sanitario

A riprova dell’erroneità delle tesi di Schilirò si può anche guardare alle recenti decisioni di alcuni altri Stati dell’Unione europea, come Austria e Ungheria, che hanno deciso di introdurre norme ancor più severe di quelle stabilite in Italia.

In Austria i non vaccinati dal 15 novembre possono uscire di casa solo per lavorare, fare la spesa e in caso di emergenze mediche. In Ungheria i datori di lavoro possono imporre il vaccino ai propri dipendenti, chi non si adegua verrà sospeso senza stipendio e dopo un anno potrà essere licenziato.

Se esistessero norme vincolanti dell’Unione europea che vietano la discriminazione dei non vaccinati, i due Paesi sarebbero oggetto di procedure di infrazione per le loro norme in questione, e al momento non è così. Allo stesso modo se fossero vincolanti le risoluzioni del Consiglio d’Europa, di nuovo i due Stati subirebbero conseguenze giudiziarie per le loro scelte.

Possiamo poi considerare anche il divieto di vaccini obbligatori: in Italia, e non solo, da mesi c’è l’obbligo per il personale sanitario. Anche in questo caso, se ci fosse contrarietà alle normative europee sarebbero state aperte delle procedure di infrazione o, quantomeno, le istituzioni comunitarie avrebbero reso pubblica la propria disapprovazione, e così non è stato.

In conclusione

Il 17 novembre il vice questore di Roma Nunzia Schilirò, ospite su La7, ha citato tre atti normativi che, secondo lei, renderebbero illegittima la normativa italiana sul green pass: le risoluzioni dell’«Unione europea» numero 2383 e 2361 e il regolamento 953.

Come abbiamo visto, le due risoluzioni non sono atti dell’Unione europea e non hanno alcuna efficacia normativa in Italia, né negli altri Stati Ue.

Il regolamento 953 – che invece è realmente un atto dell’Unione europea – non contiene alcuna prescrizione generale che vieti la discriminazione di chi non è vaccinato. Il principio di non discriminazione (contenuto oltretutto in un “considerando”, privo di effetti giuridici) è relativo all’accesso al green pass europeo: devono poterlo avere anche i non vaccinati, se guariti o se con tampone negativo recente.

Sia alcuni esempi a livello nazionale – come l’obbligo di vaccino per il personale sanitario – sia a livello europeo, come i casi di Austria e Ungheria, testimoniano poi come le tesi di Schilirò siano infondate. Le decisioni, anche drastiche, degli Stati sui vaccini e sui green pass (o documenti analoghi) non sono in contrasto con quanto stabilito dall’Unione europea.

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