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Quando la disinformazione diventa un servizio su commissione

Da qualche tempo le notizie false sono diventate un vero e proprio business al servizio di politici e aziende con ben pochi scrupoli

2 agosto 2023
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Disclaimer: precisiamo per trasparenza che Facta.news riceve fondi da Meta all’interno del suo Third Party Fact-checking Program

Sul web un’azienda di videosorveglianza messicana non gode di buona reputazione. Si dice che massimizzi i profitti utilizzando materiali di pessima qualità. L’azienda vorrebbe riabilitare la sua reputazione a tutti i costi. 11 mila chilometri più a est, in Nigeria, il candidato presidente vuole vincere a tutti i costi le future elezioni. La società messicana e il candidato nigeriano decidono di affidarsi a due diverse aziende che offrono servizi simili: ricostruzione della reputazione, creazione di eserciti di avatar online per la manipolazione dei social media, soppressione e destabilizzazione delle elezioni.

L’Oxford Internet Institute, centro di ricerca dell’Università di Oxford che porta avanti la ricerca sul fenomeno della disinformazione organizzata, nell’ultimo report, che risale al 2021, ha rintracciato più di 65 aziende in tutto il mondo che comprendono servizi di questo tipo nel loro portafoglio di offerta.

La disinformazione come servizio
Il termine “disinformazione come servizio” si trova con maggiore frequenza in inglese con la dicitura DAAS (Disinformation As a Service). Quando parliamo di DAAS, ci riferiamo a un servizio che viene offerto solitamente da agenzie di marketing, comunicazione o intelligence aziendale e rivolto a politici, imprese, individui privati o organizzazioni. I servizi vanno da operazioni poco trasparenti fino a grandi manipolazioni del dibattito pubblico nazionale: screditare un candidato alle elezioni, ripulire la propria reputazione online, hackerare la casella di posta di un rivale, polarizzare il dibattito pubblico.

Tutto è cominciato nel 2016: Cambridge Analytica
Tra i primi casi documentati di disinformazione “a noleggio” c’è lo scandalo Cambridge Analytica.

Il caso di Cambridge Analytica diventò celebre nel 2018, due anni dopo le presidenziali statunitensi vinte da Donald Trump, grazie a una serie di articoli pubblicati da The Guardian e dal New York Times in cui, per la prima volta, si parlava del ruolo dei servizi di disinformazione offerti dalla società Cambridge Analytica alla campagna elettorale di Trump.

Le operazioni dell’azienda funzionavano così: la società di consulenza britannica prelevava una grossa quantità di dati (nomi, orientamento sessuale, provenienza, orientamento religioso, occupazione) dalla piattaforma Facebook e da altri dataset sul web. Questi dati venivano microtarghetizzati, ovvero non venivano solo divisi in età, sesso o città di provenienza, ma analizzavano decine di aspetti dell’utente raccogliendo  informazioni come colori preferiti, credenze religiose, preferenze politiche, in modo da delineare profili psicologici estremamente precisi.

Alla base di questa metodologia vi era un’idea specifica: più si conosce l’utente, più è possibile influenzarlo. Una volta stilati i profili psicologici, si procedeva alla creazione del messaggio da inviare all’utente per manipolare il suo sistema di pensiero.

Per fare un esempio, se il profilo psicologico comprendeva “persone religiose di stampo conservatore”, venivano incluse nell’immagine del post grafiche religiose vicino a figure repubblicane.

Esempio di un post rintracciato online e pubblicato durante la campagna per le elezioni americane del 2016. Nel post si può osservare l’associazione Trump/Dio e Satana/Clinton.

Le notizie più dettagliate su Cambridge Analytica sono state diffuse, tra le altre, da Channel 4, una rete televisiva di servizio pubblico britannico che ha filmato mesi di incontri sotto copertura tra i suoi giornalisti e i capi dell’azienda in un hotel di Londra, documentando così il lavoro della società britannica per l’ex presidente americano. Come si può ascoltare in questo video, l’amministratore delegato di Cambridge Analytica alla data dello scandalo, Alexander Nix, diceva ai giornalisti sotto copertura di Channel 4: «Le notizie inviate alla popolazione non devono essere vere, basta solo che vengano credute».

Incontri filmati con una telecamera nascosta dai giornalisti di Channel 4 per documentare le operazioni dell’azienda britannica Cambridge Analytica. 

Nel 2015, mesi prima della campagna elettorale di Donald Trump, Cambridge Analytica ha anche coordinato un’operazione segreta con un’altra agenzia di intelligence israeliana che offriva servizi di disinformazione, al cui vertice si trovava Tel Hanan, ex agente dei servizi segreti israeliani. Obiettivo della missione congiunta era far rieleggere l’allora presidente della Nigeria Goodluck Jonathan.

La missione non ha riscosso il successo sperato, poiché le elezioni furono poi vinte dal candidato oppositore Muhammadu Buhari. Le operazioni delle due agenzie hanno comunque registrato azioni aggressive nei confronti del candidato Buhari. Infatti quest’ultimo, durante la campagna elettorale, ha subito hackeraggi ad account di posta elettronica, tempeste di disinformazione sui social media con l’obiettivo di screditare il suo operato e la sua figura e attacchi informatici ad apparecchi di comunicazione a tutto il suo team durante il giorno delle elezioni. Hanan si è anche vantato di aver spiato e filmato gli incontri del candidato oppositore ottenendo informazioni sensibili e segrete.

Disinformazione al servizio della politica
Sei anni dopo, nel 2023, anche l’agenzia che lavorò con Cambridge Analytica alla destabilizzazione delle elezioni in Nigeria è finita nell’inchiesta di un team di giornalisti di testate internazionali coordinato da Forbidden Stories, organizzazione non-profit che si pone l’obiettivo di continuare il lavoro investigativo dei giornalisti incarcerati, uccisi o che non possono continuare il loro lavoro. Il team di giornalisti ha utilizzato la stessa metodologia investigativa che utilizzò nel 2017 Channel 4. Nel dicembre 2022, alcuni giornalisti sono stati ospitati dall’agenzia di data intelligence israeliana al cui vertice si trovava l’imprenditore israeliano Tal Hanan, registrando gli incontri e scoprendo che l’azienda stava vendendo servizi di disinformazione in tutto il mondo e che era stata particolarmente impegnata  nella destabilizzazione delle elezioni presidenziali.

Tal Hanan mostra il funzionamento del software AIMS. Immagine di The Guardian

Ai tre giornalisti sotto copertura, che avevano chiesto ad Hanan un incontro in presenza per discutere di una potenziale destabilizzazione elettorale in Africa, il capo della compagnia aveva rivelato uno dei servizi di punta della sua azienda: il software Aims, acronimo di Advanced Impact Media Solutions. Il software, a detta di Hanan, sarebbe stato in grado di controllare contemporaneamente oltre 30mila profili social fasulli in modo da pubblicare in maniera coordinata migliaia di contenuti per polarizzare il dibattito pubblico su un dato argomento. Hanan, durante gli incontri con i giornalisti sotto copertura, ha rivelato di aver venduto questo software sia a clienti aziendali che a partiti politici, senza tuttavia riferire nomi precisi.

Proprio durante la visita in presenza dei giornalisti, svoltasi in Israele a dicembre del 2022, Hanan aveva spiegato di essere coinvolto in un’elezione in Africa – pur non avendo riscontri precisi sappiamo che a febbraio 2023 si sono tenute le elezioni presidenziali in Nigeria. Hanan si è poi vantato con i giornalisti di essere riuscito a destabilizzare oltre 33 campagne presidenziali in tutto il mondo.

L’azienda che cancella il passato
Non solo servizi di disinformazione, ma anche di ricostruzione della reputazione online. Un’agenzia di comunicazione spagnola, di nome Eliminalia, è stata coinvolta in un’inchiesta di El Pais, Forbidden Stories e altri venti media internazionali. L’agenzia spagnola, secondo l’inchiesta, avrebbe guadagnato milioni di euro attraverso il servizio di ripulitura della reputazione online.

In più di dieci anni di attività, sono stati innumerevoli i clienti che si sono affidati ai servizi di Eliminalia. Per esempio, Javier Duarte, ex governatore di Veracruz, città sul golfo messicano, avrebbe chiesto ad Eliminalia di lavorare sugli algoritmi di Google per cancellare decine di articoli come “Duarte ha venduto una casa negli Stati Uniti a suo zio per 10 dollari”.

Uno screenshoot del vecchio sito di Eliminalia.com dove si può osservare lo slogan “Ti aiutiamo a ricostruire il tuo futuro cancellando informazioni errate e non volute”.

I servizi di Eliminalia sono stati acquistati anche da un’azienda messicana di videosorveglianza. Infatti, per poco meno di 10 mila dollari, la Seguritech ha assunto l’azienda spagnola per eliminare articoli che raccontavano dei guasti negli impianti di sicurezza. Uno dei titoli che l’azienda aveva chiesto di rimuovere riportava: “Seguiritech: servizi scadenti, profitti da milioni di dollari”.

Per ricostruire la reputazione dei clienti, Eliminalia ha perfino creato falsi siti web di informazione come “Le Monde France” o “London New Times” dove pubblicava notizie con informazioni positive sul conto dei propri clienti.

Come funzionava la ricostruzione della reputazione? Innanzitutto l’azienda spagnola bombardava centinaia di redazioni online con richieste di rettifica o eliminazione degli articoli, spacciandosi per studi legali, gruppi editoriali o commissioni di inchiesta, senza mai utilizzare il nome Eliminalia. Nel momento in cui la prima strategia non otteneva la rimozione delle informazioni che inquinavano la reputazione del cliente, allora Eliminalia lavorava sugli algoritmi dei motori di ricerca pubblicando decine di articoli su siti web fasulli con parole chiavi e titoli simili a quelle presenti nell’articolo che si voleva eliminare. In questo modo l’articolo principale veniva declassato dall’algoritmo oltre la quinta pagina di Google (difficilmente raggiunta e consultata dagli utenti durante una ricerca online).

In conclusione
Con le operazioni di destabilizzazione dell’opinione pubblica per la campagna presidenziale di Donald Trump, Cambridge Analytica ha presentato ufficialmente al mondo la disinformazione come un servizio che si può acquistare.

Nonostante questo, ci sono casi documentati di destabilizzazione di elezioni presidenziali almeno dal 2015, quando l’azienda di Tal Hanan ha lavorato assieme a Cambridge Analytica per le elezioni nigeriane.

Oggi, complice il lavoro delle piattaforme nell’intercettare le operazioni di disinformazione coordinata e il lavoro dei fact-checkers (qui, per esempio, è possibile trovare la libreria di Meta, in cui con cadenza trimestrale vengono pubblicate tutte le azioni di disinformazione coordinata individuate) le aziende di disinformazione incontrano sempre più ostacoli nel completare campagne di destabilizzazione dell’opinione pubblica. Tuttavia il numero di aziende che opera nell’ombra rimane ancora alto e grazie all’Università di Oxford sappiamo dell’esistenza di almeno 65 agenzie impiegate in questo business.

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