Il tribunale del lavoro dell’Aquila non ha «distrutto di fatto l’obbligo vaccinale» con una sentenza - Facta
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Il tribunale del lavoro dell’Aquila non ha «distrutto di fatto l’obbligo vaccinale» con una sentenza

Il 22 febbraio 2024 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione via WhatsApp che chiedeva di verificare un video pubblicato su Facebook il 27 settembre 2023. Il filmato mostra un uomo sostenere che il tribunale del lavoro dell’Aquila ha emesso una sentenza «definitiva» che «di fatto demolisce e distrugge l’obbligo vaccinale», acclamando la decisione come una vittoria storica contro le restrizioni pandemiche e l’obbligatorietà dei vaccini per alcune categorie di lavoratori. 

Si tratta però di un contenuto fuorviante, che veicola una notizia infondata. 

La sentenza in questione è la n. 136  del 13 settembre 2023, pronunciata dal tribunale del lavoro dell’Aquila in composizione monocratica, cioè con un singolo giudice a decidere sul caso. Il giudizio ha ritenuto illegittima la sospensione dal lavoro di un lavoratore ultracinquantenne non vaccinato e condannato l’azienda (in questo caso, la regione Abruzzo) al pagamento degli stipendi non corrisposti proprio in virtù della sospensione e dei danni subìti dal lavoratore. 

Il tribunale con questa decisione non ha «distrutto di fatto» l’obbligo vaccinale, come sostenuto erroneamente nel video. Nella sezione «motivi della decisione» presente nella sentenza, infatti, viene specificato chiaramente che «verrà valutata non la legittimità dell’obbligo vaccinale anti Sars-CoV-2, bensì la legittimità, nel caso concreto, della sospensione dal lavoro per assenza della vaccinazione obbligatoria per l’ultracinquantenne ex art. 4, quinquies, c. 4, dl. 44/21, questo essendo il tema del decidere nel presente giudizio». Il citato articolo n.4 del decreto legge n. 44 del 2021 disponeva la sospensione dei lavoratori con più di cinquanta anni non in possesso del green pass, il certificato Covid digitale dell’Unione europea, che si otteneva a seguito di vaccinazione, test negativo o guarigione dalla Covid-19. Ai sensi della norma, oggi non più in vigore, questi lavoratori erano considerati «assenti ingiustificati» e, pur senza ulteriori sanzioni disciplinari e conservando il posto di lavoro, per tali giorni di assenza ingiustificata non era loro dovuta nessuna retribuzione o compenso.

In sostanza, la decisione del giudice del tribunale del lavoro dell’Aquila non mette in discussione la legittimità dell’obbligo vaccinale. È lo stesso testo della sentenza a specificarlo ulteriormente: «Non si entra nel merito dell’efficacia o meno dei vaccini per la salute pubblica o della legittimità o meno dell’obbligo vaccinale ma si evidenzia come l’interdizione all’accesso al luogo di lavoro per il lavoratore è volta ad evitare il contagio (non le sue conseguenze) ai suoi colleghi». 

In base a questa interpretazione, il giudice dell’Aquila si è limitato a reputare illegittima la sospensione dal lavoro dell’ultracinquantenne senza green pass, ritenendo i vaccini anti-Covid non efficaci a prevenire il contagio. 

Il ministero della Salute italiano spiega sul proprio sito che «il vaccino è molto efficace nel prevenire malattie gravi e il decesso, ma le persone vaccinate possono comunque contrarre l’infezione e trasmetterla». Come spiegato in precedenza su Facta, gli studi clinici condotti per sviluppare i vaccini anti-Covid infatti si sono concentrati sulla protezione dalla malattia Covid-19 per il paziente vaccinato e non sulla trasmissione del virus Sars-CoV-2. «I vaccini contro il Covid-19 non sono specificamente autorizzati per prevenire la trasmissione del virus SARS-CoV-2 da una persona all’altra» si legge sul sito dell’Istituto Superiore di Sanità (Iss), che però puntualizza come «ciò non significa che non possano ridurre la trasmissione del virus o essere utilizzati con l’ulteriore obiettivo di ridurre la trasmissione». «Diversi studi realizzati dopo la loro autorizzazione – specifica ancora l’Istituto superiore di sanità – hanno dimostrato che i vaccini contro il Covid-19 possono ridurre la trasmissione del virus». Dunque, in base alle prove scientifiche ad oggi disponibili i vaccini anti-Covid non prevengono al 100 per cento il contagio, ma possono ridurlo.

Trattandosi inoltre di una decisione relativa al primo grado di giudizio potrebbe essere stata appellata dalle parti in causa e non essere quindi ancora «definitiva», non avendo concluso l’iter attraverso i vari gradi di giudizio. Nel caso la sentenza sia già definitiva (qualora nessuna delle parti in causa l’abbia impugnata entro i termini previsti), comunque, la decisione del giudice dell’Aquila rappresenterebbe più che altro un precedente da citare da altri giudici nel caso di decisioni simili, e non un’interpretazione giurisprudenziale della legge già solida o dominante come suggerito nel video. 

Precisiamo infine che in tema di obbligo vaccinale anti-Covid per i lavoratori, con la sentenza n.14 del 2023, la Corte Costituzionale ha affermato che rappresenta una misura «non irragionevole né sproporzionata se l’obiettivo è quello di prevenire la diffusione del virus e di salvaguardare la funzionalità del sistema sanitario». La stessa sentenza cita direttamente l’ISS riportando che «anche se l’efficacia vaccinale non è pari al 100%, ma del resto nessun vaccino ha una tale efficacia, l’elevata circolazione del virus SARS-CoV-2 rende comunque rilevante la quota di casi prevenibile mediante la somministrazione dei vaccini», così ritenendo l’obbligo vaccinale fondato sul piano scientifico, e quindi ragionevole e proporzionato dal punto di vista giuridico.

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