Il 22 novembre 2024 è stato pubblicato un post su Facebook in cui si legge: «L’ONU apre la caccia all’ebreo Netanyahu forza Isrele !». Il testo riprende la prima pagina del quotidiano il Giornale dello stesso giorno che recita «Mandato d’arresto internazionale. L’Onu apre la caccia all’ebreo Netanyahu. La Corte Penale contro il leader israeliano e Gallant Esulta Hamas».
Il riferimento è ai mandati d’arresto richiesti il 21 novembre 2024 dalla Corte penale internazionale (ICC) per i crimini di guerra e contro l’umanità commessi nella Striscia di Gaza e in Israele dopo il 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco del gruppo estremista Hamas contro Israele. I mandati di arresto sono stati emessi nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu e Yoav Gallant, ex ministro della Difesa israeliana dopo che lo scorso 5 novembre è stato sostituito su decisione dello stesso Netanyahu.
Sia il post che il titolo in prima pagina de il Giornale diffondono tuttavia una notizia falsa.
Sei mesi dopo la richiesta presentata dal procuratore della Corte penale internazionale (un organo indipendente della Corte), Karim Khan, i giudici della Corte penale internazionale hanno deciso all’unanimità di emettere dei mandati di arresto nei confronti di Netanyahu e Gallant per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi dall’8 ottobre 2023 fino ad almeno il 20 maggio 2024 nella striscia di Gaza.
Il mandato di arresto della Corte del 21 novembre riguarda anche Mohammed Deif, a capo delle brigate al Qassam, il braccio armato di Hamas, per presunti crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi sul territorio dello Stato di Israele e dello Stato di Palestina. L’esercito israeliano ha dichiarato lo scorso agosto di aver ucciso Deif, ma Hamas non ha mai confermato la morte. Per questo la Corte, non essendoci conferme indipendenti della sua morte, ha emesso un mandato di arresto anche nei suoi confronti. La procura della Corte aveva inizialmente presentato domande di mandato d’arresto anche per altri due importanti leader di Hamas, Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, ma in questo caso la loro uccisione da parte dell’esercito israeliano è stata accertata.
In questa decisione giuridica, tuttavia, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) non c’entra nulla, al contrario di quanto suggerito nei contenuti analizzati.
La Corte penale internazionale (ICC) è un tribunale internazionale permanente con sede all’Aia, nei Paesi bassi, competente a giudicare individui che abbiano commesso crimini di rilevanza internazionale, come i crimini di genocidio, di guerra e contro l’umanità. L’ICC ha il proprio fondamento giuridico nello Statuto di Roma del 1998, entrato vigore dal 1° luglio 2002, a cui aderiscono 124 Stati. La Treccani spiega che il progetto di una Corte penale internazionale di carattere permanente e di competenza generale per la repressione dei crimini individuali è stato perseguito dall’Assemblea generale dell’ONU fin dal 1947. I lavori per la sua realizzazione sono proseguiti fino al 1994, «quando la Commissione del diritto internazionale, organo sussidiario dell’Assemblea generale, ha adottato un progetto di Statuto della Corte penale internazionale che, rielaborato da un comitato preparatorio formato dai rappresentanti degli Stati membri dell’ONU, è stato infine sottoposto alla Conferenza diplomatica dei plenipotenziari riunitasi a Roma dal 15 giugno al 17 luglio 1998» che l’ha approvato il 17 luglio, si legge sempre sul sito dell’enciclopedia italiana. La Treccani precisa poi che l’ICC gode di piena indipendenza sia rispetto agli Stati aderenti, sia rispetto alle Nazioni Unite, in quanto non era stata seguita la via, prospettata inizialmente, di istituirla come organo dell’ONU.
La stessa ICC comunica di essere «un’organizzazione internazionale indipendente e non fa parte del sistema delle Nazioni Unite». Anche l’ONU precisa che la Corte penale internazionale è giuridicamente indipendente dalle Nazioni Unite, al contrario della Corte internazionale di giustizia (ICJ), principale organo giudiziario dell’ONU.