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Dei candidati messicani si sono identificati come donne per aggirare le norme sulla parità di genere, ma la legge lo vieta

Dei candidati messicani si sono identificati come donne per aggirare le norme sulla parità di genere, ma la legge lo vieta

12 maggio 2021
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Il 12 maggio 2021 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un articolo pubblicato il 10 maggio da Il Primato Nazionale, testata online collegata al movimento di estrema destra CasaPound. L’articolo in questione si intitola “Messico, 18 candidati si ‘identificano’ come donne: ‘Dateci le quote rosa’” e racconta dell’escamotage utilizzato dal partito Fuerza por México, che non riuscendo a rispettare il requisito della parità di genere nelle candidature statali, avrebbe registrato come donne «candidati precedentemente registrati come uomini». 

La notizia è stata riportata da numerosi media messicani, ma è stata presentata in Italia senza il contesto necessario alla sua comprensione. Andiamo con ordine. 

Dal febbraio 2014, la costituzione federale messicana prevede all’articolo 41 una serie di regole per «garantire la parità di genere nella scelta dei candidati alle elezioni federali e locali». La norma, introdotta attraverso un emendamento alla costituzione, obbliga dunque i partiti a rispettare la parità di genere nella composizione delle liste di candidati alle cariche elettive messicane. 

Tale regola non è stata rispettata da Fuerza por México, un neonato partito populista che non aveva raggiunto il numero minimo di candidate donne per potersi presentare alle elezioni di alcuni consigli comunali nello Stato di Tlaxcala, che si terranno il prossimo 6 luglio. Per aggirare l’ostacolo, 18 candidati uomini del partito messicano hanno deciso di identificarsi come donne, raggiungendo così esattamente la parità di genere richiesta. Come spiegato il quotidiano messicano Milenio, le candidature sono state approvate dall’Instituto Tlaxcalteca de Elecciones, organo che si occupa di verificare la regolarità del processo elettorale nello Stato di Tlaxcalteca. 

A questo punto l’articolo del Primato Nazionale precisa che «nessuno, quindi, può mettere in dubbio la sincerità delle richieste di questi 18 candidati che si “identificano”, d’improvviso, come donne, sebbene sia a tutta evidenza una scorciatoia per candidarsi comunque anche senza aver rispettato le cosiddette quote rosa». Non è così, come è stato spiegato dal quotidiano messicano El Universal, che dà conto della decisione di Paola Jimenez e Antonio Escobar (due esponenti della comunità Lgbt messicana) di appellarsi contro la decisione presso il tribunale elettorale federale (Tepjf), organo giuridico di ultima istanza sul tema.

Contrariamente a quanto riferisce Il Primato Nazionale, la sincerità delle richieste dei candidati di Fuerza por México può essere messa in dubbio e questa dinamica si è già presentata in passato. Come riportato da il Guardian, nel 2018 15 candidati uomini furono estromessi dalle elezioni nello stato di Oaxaca, proprio perché si erano finti persone trangender. 

Dal 2004, infatti, la legge messicana permette alle persone trangender – quindi quelle persone che non si identificano con il proprio sesso biologico – di modificare nome e genere presente sui certificati di nascita, anche in assenza di una transizione fisica (intervento chirurgico di vaginoplastica e falloplastica, o l’assunzione di ormoni). Nel 2008 il parlamento messicano ha approvato una proposta per semplificare l’iter di transizione sui documenti, mentre dal 2019 le norme sono state recepite anche dallo Stato di Tlaxcala, dov’è avvenuta la vicenda oggetto della nostra verifica. Il tribunale elettorale federale ha insomma tutti gli elementi –  oltre che un precedente significativo – per ribaltare la decisione raccontata dal Primato Nazionale, che al momento è tutt’altro che definitiva.

Copertina photo credits: Secretaría de Cultura Ciudad de México via Flickr

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