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L’Iran non ha deciso di punire i manifestanti con la pena di morte

L’Iran non ha deciso di punire i manifestanti con la pena di morte

10 novembre 2022
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Il 9 novembre 2022 la redazione di Facta ha ricevuto una segnalazione che chiedeva di verificare le informazioni contenute in un tweet pubblicato il giorno precedente, nel quale si legge: «L’Iran manderà a morte TUTTI i manifestanti detenuti, e si tratta di circa 14mila persone. 227 deputati su 290 hanno chiesto una “dura lezione” per i manifestanti».

Si tratta di un’informazione imprecisa.

Il contenuto oggetto della segnalazione fa riferimento all’appello presentato il 6 novembre 2022 da 227 deputati iraniani e letto all’interno del parlamento di Teheran. Il documento, sottoscritto dalla maggioranza dei parlamentari, ha condannato le proteste in corso nel Paese, iniziate il 16 settembre 2022 dopo il decesso di Masha Amini, morta in seguito all’arresto della polizia morale per aver violato le regole che disciplinano l’uso dell’hijab

Tra le altre cose, l’appello si è rivolto ai manifestanti con l’appellativo “mohareb”, che in lingua araba vuol dire letteralmente “guerriero”, ma che nella legge islamica significa “nemico di Dio”, una circostanza che può comportare la pena di morte. I parlamentari hanno paragonato i manifestanti ai membri dell’Isis, l’organizzazione terroristica di stampo islamista particolarmente attiva in Siria e in Iran.

Non esiste alcun automatismo tra l’appello e l’effettiva condanna a morte dei manifestanti, anche se il codice penale iraniano prevede il reato di moharebeh (crimini contro l’Islam e contro lo Stato, articoli dal 183 al 195), la cui pena consiste nell’esecuzione capitale, l’amputazione incrociata degli arti, la crocifissione o l’esilio. 

Secondo quanto riportato dai media indipendenti iraniani, decine di manifestanti sono statiaccusati di moharebeh e efsad-fil-arz (il reato di diffondere corruzione sulla terra, punito anch’esso con la pena di morte): anche a causa della scarsa indipendenza del sistema giudiziario iraniano, il timore è che la Repubblica islamica intenda usare la pena di morte come strumento di repressione delle manifestazioni.

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