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No, i ghiacci dell’Artico non sono rimasti ai livelli del 1989

No, i ghiacci dell’Artico non sono rimasti ai livelli del 1989

31 maggio 2022
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Il 15 maggio 2022 su Facebook è stato pubblicato un post contenente il confronto tra due mappe che mostrano «l’estensione dei ghiacci marini», rispettivamente il 13 maggio 1989 e il 13 maggio 2022. L’immagine è accompagnata da un commento, scritto dall’autore del post, in cui si legge: «Oggi aggiungiamo ancora un confronto tra i ghiacci artici. Ricordate? Il ghiaccio dell’Artico stava scomparendo per alcuni pseudoscienziati… ehm… oggi c’è tanto ghiaccio quanto ce n’era nel 1989. Trovate la differenza in entrambe le immagini…».

Si tratta di un’informazione fuorviante, che veicola una notizia falsa.

Innanzitutto, le due mappe sono state realizzate sfruttando il servizio online Sea Ice Index, gestito dal National Snow & Ice Data Center (centro informazioni americano a sostegno della ricerca polare e della criosfera) e mostrano l’estensione dei ghiacci marini artici nelle date selezionate. 

I ghiacci dell’Artico sono costituiti da acqua marina congelata e galleggiano sulla superficie dell’oceano, aumentando di volume nella stagione invernale e raggiungendo la propria estensione minima nelle stagioni calde. Proprio come accade per le calotte glaciali e i ghiacciai, negli ultimi decenni i ghiacci artici hanno subito una drastica riduzione, dovuta a stagioni di scioglimento più lunghe. Questo fenomeno è a sua volta provocato da un aumento delle temperature generato dalla maggiore presenza di anidride carbonica nell’atmosfera, derivante dalle attività umane: è ciò che viene comunemente definito “cambiamento climatico”. 

Il declino dei ghiacci artici è dunque uno degli indicatori più significativi dell’emergenza climatica in corso e negare la realtà del loro scioglimento è un espediente spesso utilizzato per negare il cambiamento climatico stesso. Benché le due mappe allegate al post oggetto di verifica siano reali, restituiscono una fotografia fuorviante del fenomeno.

Come ha spiegato ai colleghi di Usa Today la dottoressa Bonnie Light, presidente del Polar Science Center dell’Università di Washington, «selezionare singoli giorni su due diversi anni in un record climatico non è informativo», aggiungendo che «sarebbe come dire che il 19 maggio 1989 pioveva e il 19 maggio 2022 c’era il sole e di conseguenza trarre la conclusione che la pioggia in quel particolare luogo sia diminuita o cessata del tutto». L’estensione dei ghiacci marini può insomma essere valutata in modo significativo solo in termini di tendenze a lungo termine e, come suggerisce la Nasa, il periodo più indicato per misurarli è a settembre, quando il ghiaccio è al minimo dopo i mesi estivi.

La riduzione dei ghiacci artici è un fenomeno scientificamente misurabile e secondo le rilevazioni satellitari della Nasa questa avviene al ritmo del 13 per cento ogni dieci anni: ciò si traduce in una perdita di ghiaccio marino pari a circa 80.600 chilometri quadrati ogni anno. Allargando lo sguardo sul lungo periodo, uno studio pubblicato su Nature nel 2011 ha concluso che «la durata e l’entità dell’attuale declino del ghiaccio marino sembra essere senza precedenti negli ultimi 1.450 anni» e che il riscaldamento degli oceani «sembra essere il principale fattore che guida il declino dell’estensione del ghiaccio marino». 

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